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Motivazione per relationem: quando è valida?

Un’associazione ONLUS ha ricevuto un avviso di accertamento fiscale la cui motivazione si basava su un precedente verbale della Guardia di Finanza. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18488/2024, ha stabilito che la motivazione per relationem è valida se l’atto richiamato è già noto al contribuente. In questo caso, essendo il verbale stato notificato e firmato dal rappresentante legale dell’associazione, l’avviso è stato ritenuto legittimo, annullando la decisione di secondo grado e rinviando la causa per l’esame del merito.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per relationem: la Cassazione fa chiarezza sulla validità degli avvisi fiscali

La motivazione per relationem è uno strumento cruciale nel diritto tributario. Permette all’amministrazione finanziaria di snellire i propri atti, ma solleva importanti questioni riguardo al diritto di difesa del contribuente. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione (ordinanza n. 18488/2024) offre un’analisi puntuale sui limiti e le condizioni di validità di questa pratica, in un caso che ha visto contrapposte un’associazione ONLUS e l’Agenzia delle Entrate.

I Fatti del Caso: La Controversia tra l’ONLUS e l’Agenzia Fiscale

Una nota associazione culturale, qualificata come ONLUS, si è vista recapitare un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007. L’Agenzia delle Entrate contestava ricavi non dichiarati per oltre un milione di euro e una maggiore IVA dovuta per circa 150.000 euro. La pretesa si fondava sulle conclusioni di un Processo Verbale di Constatazione (P.V.C.) redatto in precedenza dalla Guardia di Finanza, dal quale emergeva la natura mista, anche commerciale, dell’ente.

Il giudice di primo grado aveva confermato la validità dell’atto impositivo. Tuttavia, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’associazione. Secondo i giudici d’appello, l’avviso era nullo per difetto di motivazione, poiché non specificava in modo chiaro e inequivocabile se l’associazione fosse considerata un ente commerciale in toto o solo per alcune operazioni, e in quest’ultimo caso, quali fossero.

La questione giuridica: validità della motivazione per relationem

Il cuore della controversia portata dinanzi alla Corte di Cassazione era la legittimità della motivazione per relationem. L’Agenzia delle Entrate sosteneva che l’avviso di accertamento era sufficientemente motivato, in quanto faceva esplicito riferimento al P.V.C. della Guardia di Finanza, un documento ben noto alla contribuente, che ne conteneva tutti i dettagli. Secondo l’Agenzia, il giudice d’appello aveva confuso l’obbligo di motivare l’atto con l’onere di provare in giudizio i fatti contestati.

Di contro, l’associazione sosteneva che un semplice rinvio a un altro documento non fosse sufficiente a garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, specialmente se non venivano esplicitate le ragioni per cui certe attività erano state classificate come commerciali.

Le Motivazioni della Cassazione sul Principio di Motivazione per Relationem

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: l’obbligo di allegare i documenti richiamati in un avviso di accertamento, previsto dall’art. 7 dello Statuto dei Diritti del Contribuente, vale solo per gli atti che il contribuente non conosce né ha mai ricevuto. Lo scopo della norma è evitare un pregiudizio al diritto di difesa.

Nel caso specifico, l’avviso di accertamento faceva riferimento in modo inequivocabile al P.V.C., un atto istruttorio che era stato regolarmente notificato all’associazione e sottoscritto per ricezione dalla sua legale rappresentante. Di conseguenza, l’associazione ne aveva piena e legale conoscenza. Facendo riferimento al P.V.C., l’Agenzia ha fatto proprie le valutazioni e le motivazioni in esso contenute, senza necessità di riprodurle integralmente.

La Corte ha specificato che il giudice di merito ha errato nel ritenere l’atto nullo per vizio di motivazione. La motivazione era presente e congrua, anche se fornita per relationem. La discussione avrebbe dovuto spostarsi sul merito delle contestazioni, ovvero se le conclusioni del P.V.C. fossero corrette o meno, non sulla validità formale dell’avviso.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza ribadisce un orientamento consolidato e offre importanti indicazioni pratiche. Per i contribuenti, significa che quando si riceve un avviso di accertamento che rinvia a un atto precedente (come un P.V.C. o un altro verbale), non è possibile contestarlo per difetto di motivazione se quell’atto era già stato portato a conoscenza. La difesa dovrà concentrarsi non sulla forma, ma sulla sostanza delle contestazioni contenute nel documento richiamato.

Per l’amministrazione finanziaria, la decisione conferma la legittimità di redigere atti snelli, a patto che il rinvio sia chiaro e l’atto richiamato sia già nella piena disponibilità del contribuente. La trasparenza e la conoscenza degli atti rimangono i pilastri su cui si fonda il corretto rapporto tra Fisco e cittadino, garantendo che il diritto di difesa sia sempre tutelato.

Un avviso di accertamento può motivare le sue pretese facendo riferimento a un altro documento?
Sì, la legge ammette questa pratica, nota come ‘motivazione per relationem’. L’atto impositivo può richiamare le conclusioni e le motivazioni contenute in un altro documento, come un Processo Verbale di Constatazione (P.V.C.).

Qual è la condizione fondamentale perché la motivazione per relationem sia valida?
La condizione essenziale è che il documento richiamato sia già conosciuto o sia stato reso legalmente disponibile al contribuente. L’onere di allegare l’atto richiamato esiste solo se il contribuente non ne ha già integrale e legale conoscenza, al fine di non pregiudicare il suo diritto di difesa.

In questo caso, perché la Cassazione ha ritenuto valido l’avviso di accertamento?
Perché l’avviso faceva riferimento a un P.V.C. che era stato precedentemente notificato all’associazione e firmato per ricezione dalla sua legale rappresentante. Pertanto, l’associazione era pienamente a conoscenza del contenuto del verbale e delle contestazioni in esso mosse, e poteva quindi difendersi adeguatamente nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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