Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30419 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30419 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/11/2025
Irpef. Irap e Iva
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14762/2018 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
Fedele e dall’AVV_NOTAIO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-resistente -avverso la sentenza n. 4610/2017 della Commissione tributaria udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5
regionale della Lombardia, depositata il 14/11/2017, non notificata; novembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, emesso nei confronti di NOME COGNOME, esercente l’attività di bar tavola fredda e di commercio di generi di monopolio, relativo a Irpef, Irap e Iva dell’anno di imposta 2010, per il recupero sia di maggiori ricavi che di costi non deducibili, la Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, riducendo i ricavi di cui alla pretesa tributaria.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello del contribuente; evidenziava, in particolare, che la circostanza che l’attività fosse svolta in un locale di pochi metri quadrati non inficiava i risultati dell’accertamento, effettuato su dati certi rilevati dai documenti contabili, tenendo conto anche del già parziale riconoscimento RAGIONE_SOCIALE osservazioni del contribuente da parte dei primi giudici; non sussistendo quindi elementi di prova per disattendere le conclusioni della CTP, ne confermava la sentenza.
Contro tale decisione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Il ricorso è stato fissato ex art. 380bis .1 c.p.c. per l ‘adunanza camerale del 5/11/2025, per la quale il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 d.P.R. n. 633 del 1972, 2697 e 2729 c.c.
Con il secondo motivo di impugnazione, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. si deduce la violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c., per motivazione apparente.
Per ragioni di ordine logico occorre esaminare con priorità il secondo motivo che evidenzia una nullità della sentenza per motivazione apparente.
Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
La sentenza espressamente evidenzia (pagina 2) il contenuto dell’appello e cioè l’ asserita rilevanza della superficie ridotta dell’immobile e la richiesta di un diverso computo con ridimensionamento della pretesa.
Sotto il primo profilo, la CTR esamina l’elemento della ridotta superficie dell’immobile in cui era esercitata l’attività di impresa e ne statuisce l’irrilevanza nel quadro dell’accertamento. La motivazione sul punto, quindi, esiste e sfugge alle generiche censure del ricorrente.
Sotto il secondo profilo, invece, la sentenza premette che il quantum della pretesa era già stato ridotto dalla CTP e poi contiene una relatio alla sentenza di primo grado, laddove evidenzia che non sussistono elementi per disattendere le conclusioni alle quali è giunta la Commissione tributaria provinciale.
Sul punto la sentenza non è adeguatamente censurata, alla luce del costante principio affermato da questa Corte secondo cui «quando si impugna una motivazione per relationem enunciata dal giudice d’appello con l’indicazione della condivisione dell’affermazione del primo giudice che si è fatta propria, spetta al ricorrente in cassazione, come logica conseguenza dell’onere di specificazione del motivo e di adempimento dell’onere di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c., non solo identificare il tenore della motivazione del primo giudice che ha giustificato l’affermazione condivisa dal giudice d’appello, ma anche indicare quali critiche erano state rivolte ad essa con l’atto di appello. E’ palese che la ritualità della motivazione per relationem non si può apprezzare senza conoscere quel tenore e quelle critiche» (Cass. Sez. U. 20/03/2017, n. 7074; seguita da questa sezione in Cass.
23/02/2022, n. 6063; Cass. 12/03/2021, n. 6998; Cass. 02/10/2020, n. 21099).
Inerisce quindi allo svolgimento dell’attività di censura della motivazione per relationem enunciata dal giudice d’appello una necessaria puntuale indicazione della motivazione della sentenza di primo grado, che ha portato a quell’affermazione e, nel contempo, della critica che le era stata rivolta con i motivi di appello, che è necessario individuare per evidenziare che con la motivazione il giudice d’appello ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali.
Giova precisare che «l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale» (cfr., tra le altre, Cass. 5/08/2019, n. 20294; Cass. 8/06/2016, n. 11738; Cass. 30/09/2015, n. 19140), poiché l’esercizio del potere di esame diretto degli atti da parte del giudice di legittimità investito della denuncia di un vizio che comporti la nullità della sentenza o del procedimento impugnato presuppone pur sempre che la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole poste dal codice di rito, in particolare, dall’art. 366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c.
Nel caso di specie, il motivo non contiene alcuna indicazione precisa di quali fossero i rilievi originari e la stessa metodologia dell’accertamento , quale fosse la motivazione sulla base della quale la CTP aveva ridotto i ricavi accertati e anche quale fosse il contenuto specifico dell’appello, tale da far ritenere che la CTR abbia eluso i propri obblighi di motivazione.
Alla luce di tali ultime considerazioni non può che ritenersi l’inammissibilità e comunque anche la infondatezza anche del primo motivo.
In primo luogo, in mancanza di alcuna specifica indicazione degli elementi concreti della fattispecie, il motivo appare veicolare una generica critica all’impianto motivazionale della sentenza .
Sotto un secondo profilo (dovendosi precisare che il motivo fa riferimento nella rubrica all’art. 39 del d.P.R. n. 633 del 1972, ma esso, in base al tenore RAGIONE_SOCIALE censure, sembra essere inteso come riferito al l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, in tema di accertamento) il motivo pare dedurre l ‘ illegittimità ab origine dell’accertamento, laddove la CTR, come sopra evidenziato, ha circoscritto i motivi d’appello nella deduzione circa la ridotta superficie dell’immobile sede dell’impresa e nella richiesta di ridimensionamento della pretesa tributaria.
In terzo luogo, questa Corte ha affermato il principio per cui in tema di accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico – induttivo del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo della antieconomicità del comportamento del contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all’ufficio dubitare della veridicità RAGIONE_SOCIALE operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici -purché gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. 18/05/2012, n. 7871).
Ciò premesso, la censura relativa alla natura e al governo della prova presuntiva e quindi all ‘art. 2729 c.c. è però nel caso di specie del tutto astratta e priva di alcun riferimento concreto.
Concludendo, il ricorso va respinto.
Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio alla luce del mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’ RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME