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Motivazione per relationem: oneri del ricorrente

La Cassazione rigetta il ricorso di un contribuente contro un accertamento fiscale, chiarendo gli oneri di specificità dell’appello. Se il giudice di secondo grado adotta una motivazione per relationem, il ricorrente deve indicare puntualmente sia la motivazione della prima sentenza sia le critiche mosse in appello, per non rendere il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per Relationem: la Cassazione Chiarisce gli Oneri del Ricorrente

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti su un tema processuale cruciale: la motivazione per relationem. Quando un giudice d’appello conferma una sentenza di primo grado semplicemente richiamandone le ragioni, quali sono gli oneri che il contribuente deve assolvere per contestare efficacemente tale decisione in Cassazione? La Corte Suprema, con una pronuncia molto chiara, definisce i confini del principio di autosufficienza del ricorso, stabilendo requisiti stringenti per l’ammissibilità della censura. Il caso riguarda un accertamento fiscale a carico del titolare di un bar, ma i principi espressi hanno una valenza generale.

I Fatti del Caso: un Accertamento Fiscale Contestato

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del titolare di un’attività di bar, tavola fredda e monopolio. L’ufficio contestava, per l’anno d’imposta 2010, maggiori ricavi e costi non deducibili ai fini Irpef, Irap e Iva.

Il contribuente impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo l’entità dei ricavi contestati. Non soddisfatto, il contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale (CTR), la quale, però, rigettava il gravame. Secondo la CTR, la circostanza addotta dal contribuente – ossia che l’attività si svolgeva in un locale di superficie molto ridotta – non era sufficiente a inficiare le risultanze dell’accertamento, basato su dati contabili certi. La CTR, inoltre, confermava le conclusioni della CTP, ritenendo non sussistessero elementi per disattenderle.

Contro questa decisione, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su due motivi: la violazione delle norme in materia di accertamento e onere della prova e, in via prioritaria, la nullità della sentenza per motivazione apparente.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo i motivi in parte inammissibili e in parte infondati. La decisione si concentra in particolar modo sulla corretta modalità di contestazione di una sentenza che utilizzi la tecnica della motivazione per relationem, ossia che si limiti a richiamare e fare proprie le argomentazioni della decisione di primo grado.

Analisi della Motivazione Apparente e della Motivazione per Relationem

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del secondo motivo di ricorso. La Corte chiarisce che una motivazione per relationem non è di per sé una motivazione apparente o inesistente. Tuttavia, per poterla contestare efficacemente in sede di legittimità, il ricorrente ha l’onere di rispettare il rigoroso principio di autosufficienza.

Non è sufficiente lamentare genericamente che il giudice d’appello si sia limitato a ‘copiare’ la decisione precedente. Il ricorrente deve, invece:
1. Identificare il tenore della motivazione del primo giudice: riportare nel ricorso le specifiche argomentazioni della sentenza di primo grado che il giudice d’appello ha fatto proprie.
2. Indicare le critiche mosse con l’atto di appello: specificare quali contestazioni erano state sollevate contro quella motivazione nell’atto di appello.

Solo fornendo questi elementi, la Corte di Cassazione è messa in condizione di valutare se il giudice d’appello abbia realmente eluso il suo dovere di motivare o se, al contrario, abbia legittimamente condiviso un percorso argomentativo ritenuto corretto. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva fornito queste indicazioni precise, rendendo la sua censura generica e, quindi, inammissibile.

La Legittimità dell’Accertamento Induttivo

Anche il primo motivo di ricorso, relativo alla presunta illegittimità dell’accertamento, viene respinto. La Corte ricorda un principio consolidato: la presenza di scritture contabili formalmente corrette non impedisce all’ufficio di procedere a un accertamento analitico-induttivo. Se la contabilità appare complessivamente inattendibile, ad esempio perché in conflitto con i criteri di ragionevolezza e antieconomicità, l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e determinare maggiori ricavi sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Anche in questo caso, la censura del ricorrente è stata giudicata troppo astratta e priva di riferimenti concreti alla fattispecie.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire l’efficienza del giudizio di legittimità, che non può trasformarsi in una terza istanza di merito. Il principio di autosufficienza serve proprio a questo: delimitare l’oggetto del giudizio e consentire alla Corte di decidere sulla base di quanto esposto nel ricorso. Contestare una motivazione per relationem richiede uno sforzo argomentativo specifico: bisogna dimostrare che le critiche mosse in appello erano tali da richiedere una risposta autonoma e approfondita da parte del giudice di secondo grado, risposta che è mancata. Senza questa ‘ricostruzione’ logica, la critica si risolve in una sterile affermazione di principio, inidonea a scalfire la validità della sentenza impugnata.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un’importante lezione per chiunque intenda impugnare una sentenza d’appello in Cassazione. La denuncia di vizi motivazionali, e in particolare quella relativa a una motivazione per relationem, non può essere generica. È indispensabile un’articolazione puntuale e autosufficiente delle censure, che metta la Corte Suprema nelle condizioni di comprendere pienamente il percorso logico delle decisioni di merito e le ragioni per cui si ritiene che il giudice d’appello sia venuto meno ai suoi obblighi. In assenza di tale specificità, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente consolidamento della decisione impugnata.

Quando una motivazione per relationem del giudice d’appello è considerata valida?
È considerata valida quando il giudice d’appello fa proprie le argomentazioni della sentenza di primo grado, condividendone il percorso logico. Non costituisce di per sé una motivazione apparente o mancante.

Quali oneri specifici ha il ricorrente in Cassazione quando contesta una motivazione per relationem?
Il ricorrente deve, in ossequio al principio di autosufficienza, non solo identificare il tenore della motivazione del primo giudice che è stata condivisa, ma anche indicare specificamente quali critiche erano state rivolte a tale motivazione con l’atto di appello, per dimostrare che il giudice di secondo grado ha eluso il suo dovere di rispondere.

La contabilità formalmente corretta può impedire un accertamento analitico-induttivo da parte dell’Agenzia delle Entrate?
No. Secondo la Corte, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità di un accertamento analitico-induttivo se la contabilità stessa è ritenuta complessivamente inattendibile, ad esempio perché in conflitto con criteri di ragionevolezza o per antieconomicità del comportamento del contribuente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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