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Motivazione per relationem: nullità senza analisi

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di una corte tributaria di secondo grado in materia di IMU. La corte inferiore aveva respinto l’appello di una società di riscossione contro un ente pubblico, motivando la sua decisione con un mero rinvio a un’altra propria sentenza precedente. La Cassazione ha stabilito che questa prassi costituisce una ‘motivazione apparente’, e quindi una violazione del diritto di difesa, quando il giudice non dimostra di aver analizzato le specifiche argomentazioni delle parti e l’applicabilità del precedente al caso concreto. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per relationem: Quando un Rinvio a un Precedente Rende Nulla la Sentenza

Il principio secondo cui ogni provvedimento giudiziario deve essere motivato è un pilastro del nostro ordinamento. Ma cosa succede quando un giudice, per motivare la propria decisione, si limita a richiamare un’altra sentenza? Questa tecnica, nota come motivazione per relationem, è lecita, ma solo a condizioni molto precise. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda quali sono i paletti da non superare, pena la nullità della sentenza per ‘motivazione apparente’.

Il Caso: Una Disputa sull’IMU e un Appello Sbrigativo

La vicenda nasce da un avviso di accertamento per l’IMU 2017 notificato da una Società Concessionaria, per conto di un Comune campano, a un Ente Pubblico di Edilizia Residenziale. L’Ente impugnava l’atto e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.

La Società Concessionaria proponeva appello, ma la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado lo respingeva in modo assai sbrigativo. I giudici, infatti, motivavano la loro decisione limitandosi a scrivere di aver già ‘rigettato analogo ricorso, sulla stessa materia’ con una precedente sentenza, alle cui motivazioni facevano integrale rinvio. Una decisione che non ha superato il vaglio della Suprema Corte.

I Limiti della Motivazione per Relationem secondo la Cassazione

La Società di Riscossione ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando proprio la ‘motivazione apparente’. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire i confini entro cui può operare la motivazione per relationem.

I giudici di legittimità hanno chiarito che il semplice rinvio a un precedente, specialmente se dello stesso ufficio giudiziario, non è sufficiente. La motivazione può considerarsi carente o meramente apparente quando si fonda esclusivamente su un rinvio acritico a precedenti o massime giurisprudenziali non esplicitamente collegati alla fattispecie concreta. Questo modo di operare impedisce di ricostruire la ratio decidendi, ovvero il percorso logico seguito dal giudice per arrivare a quella conclusione.

Perché il rinvio sia valido, il giudice deve dar conto delle argomentazioni delle parti e dimostrare l’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia richiamata. In altre parole, deve spiegare perché quel precedente è applicabile al caso di specie, evidenziando la sovrapponibilità delle questioni di fatto e di diritto.

La Decisione: Sentenza Annullata per Motivazione Apparente

Nel caso esaminato, la sentenza d’appello era completamente priva sia dell’esposizione delle censure mosse dalla Società Concessionaria, sia dell’esposizione degli argomenti di merito contenuti nella sentenza richiamata. Questo, secondo la Cassazione, rende la motivazione inadeguata a soddisfare l’obbligo di legge, perché non permette di individuare il ‘tema del decidere’ e di verificare la sua identità con quello affrontato nel precedente.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità della sentenza impugnata e l’ha cassata, rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, in diversa composizione, per un nuovo giudizio.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione sul principio fondamentale che il diritto alla difesa, costituzionalmente garantito, implica il diritto a una decisione motivata. Una motivazione è effettiva solo se consente alle parti di comprendere le ragioni della decisione e, di conseguenza, di poterla impugnare efficacemente. Il rinvio a ‘precedenti conformi’, consentito dall’art. 118 disp. att. c.p.c., non può tradursi in una formula pigra e stereotipata. Il giudice ha l’onere di effettuare un’operazione di ‘inclusione’ del precedente, rendendone il contenuto parte integrante della propria decisione, ma questo richiede un’analisi preliminare della sovrapponibilità del caso richiamato a quello in discussione. Se il giudice si limita a un generico riferimento, senza esporre le argomentazioni delle parti e senza illustrare perché il precedente sia pertinente, la motivazione diventa un guscio vuoto, apparente, e la sentenza deve essere considerata nulla per vizio di forma, ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e, nel rito tributario, dell’art. 36 del D.Lgs. 546/1992.

Le conclusioni

Questa pronuncia rafforza un principio cardine del giusto processo: ogni parte ha diritto a una risposta specifica e argomentata alle proprie difese. La motivazione per relationem è uno strumento di economia processuale, non una scorciatoia per eludere l’obbligo di motivazione. I giudici devono utilizzarla con rigore, esplicitando il percorso logico che li porta a ritenere un precedente applicabile al caso concreto. Per gli avvocati, questa ordinanza è un monito a vigilare attentamente sulla completezza delle motivazioni e a non esitare a denunciare i vizi di ‘motivazione apparente’, che ledono il diritto fondamentale a una giustizia comprensibile e trasparente.

Un giudice può motivare una sentenza semplicemente richiamando un’altra decisione?
Sì, può farlo attraverso la tecnica della ‘motivazione per relationem’, ma solo a determinate condizioni. Non è sufficiente un mero rinvio generico e acritico a un precedente.

Cosa rende valida una ‘motivazione per relationem’?
La motivazione è valida se il giudice dimostra di aver analizzato la fattispecie concreta, dà conto delle argomentazioni delle parti e spiega perché le questioni trattate nel precedente richiamato sono sovrapponibili a quelle del caso che sta decidendo, rendendo così trasparente il proprio percorso logico-giuridico.

Qual è la conseguenza di una ‘motivazione apparente’ o inadeguata?
La conseguenza è la nullità della sentenza per vizio di forma. La parte interessata può impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, che, se accerta il vizio, cassa la sentenza e rinvia la causa a un altro giudice per un nuovo esame nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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