Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16042 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16042 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
Avviso di accertamento -Iresmotivazione della sentenza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13493/2019 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. TOSCANA, n. 1830/2018, depositata il 15/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate, a seguito di processo verbale di constatazione redatto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE -società aventi la medesima sede legale e riconducibili alla famiglia COGNOMERAGIONE_SOCIALECOGNOME – notificava a quest’ultima avviso di accertamento con il quale, con riferimento all’anno di imposta 2007, recuperava , ai fini Ires, un maggior reddito imponibile di euro 328.534,00 oltre interessi e sanzioni. L’atto impositivo conseguiva ad altro avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, per l’anno di imposta 2006, aveva accertato un reddito di euro 390.818,00 a fronte di una perdita dichiarata di euro 328.534,00 portata in compensazione nell’anno 2007 e, di conseguenza, ritenuta non spettante.
La società contribuente proponeva ricorso avverso detto avviso di accertamento innanzi alla CTP di Siena la quale lo accoglieva con sentenza confermata in appello dalla CTR, mediante la sentenza indicata in epigrafe.
Avverso detta ultima l’ Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
La società contribuente non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 3, comma 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132 cod. proc. civ. e la nullità della sentenza per motivazione apparente.
Evidenzia che, con l’atto di appello , aveva eccepito l’erroneità della sentenza di primo grado, laddove aveva ritenuto che fossero maturati i termini di decadenza per l’accertamento , la carenza di motivazione della medesima sentenza, l’erronea v alutazione dei fatti di causa; che, tuttavia, a fronte di tali censure, la CT R aveva respinto l’impugnazione
limitandosi a prendere atto della archiviazione in sede penale per gli stessi fatti e dichiarando di condividere le motivazioni del giudice di primo grado . Per l’effetto censura la sentenza per non avere esaminato i propri motivi di appello e per avere reso una motivazione per relationem insufficiente.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 654 cod. proc. pen. e dell’art. 20 d.lgs. 10 marzo 200 n. 74.
Censura la sentenza per aver violato le norme che regolano i rapporti tra processo tributario e processo penale.
Il ricorso è tempestivo in quanto al giudizio è applicabile l’art. 6 d.l. n. 119 del 2018 -il quale consente di definire, a seguito di domanda del contribuente, le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria, aventi ad oggetto atti impositivi, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio -il cui comma 11, relativamente alle liti che possono essere definite, prevede che sono sospesi, per un periodo di nove mesi, i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del decreto, ovvero dal 23 ottobre 2018, al 30 luglio 2019.
Il primo motivo è fondato.
4.1. Per orientamento consolidato di questa Corte gli estremi della nullità processuale della sentenza sono integrati nell’ipotesi di assenza della motivazione, quando cioè non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione, ovvero nel caso di motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza
di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado (cfr., per tutte, Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
Anche con specifico riferimento al processo tributario si è precisato che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame»; (Cass. 05/10/2018, n. 24452; conf., ex multis, 08/07/2021, n. 19417; 11/11/2020, n. 25325; 14/02/2020, n. 3819; 25/10/2018, n. 27112; 05/11/2018, n. 28139, la quale ha stabilito che « La sentenza d’app ello può essere motivata per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame »).
4.2. La sentenza impugnata si articola, nelle sue prime venti pagine, nella trasposizione delle deduzioni svolte dalla contribuente. Ciò è reso evidente nelle prime cinque pagine dal l’esplicito richiamo a
quanto da quest’ultima dedotto: «La società rappresenta … »; «la società fa presente … » «a parere della società … » «continua la società … ». Seguono, poi, numerose pagine nelle quali vengono esposti argomenti a favore della contribuente, in cui, tuttavia, deve ritenersi che la CTR abbia continuato a riferire le tesi di parte. Tanto è confermato dal fatto che a pag. 19 della sentenza la CTR introduce il par. 2 (sebbene la numerazione dei paragrafi sia anch’essa confusa) così esordendo: «passando poi alle altr e lamentele dell’Ufficio, continua la società». Ciò conferma che anche quanto riportato in precedenza era riconducibile alla parte.
In ogni caso, anche a ritenere che, in queste successive pagine, la CTR abbia inteso esprimere le proprie motivazioni, le medesime risulterebbero inestricabilmente intrecciate con le deduzioni di parte, sì da non poter distinguere dove iniziano le prime e finiscono le seconde. Resta, pertanto, preclusa la comprensione della reale ratio decidendi della decisione.
Solo nel penultimo capoverso di pag. 20 la CTR così esordisce, esponendo, con certezza, le proprie motivazioni: «la Commissione, esaminati gli atti, udite le parti, ritiene …». Ciò conferma che la parte motiva della sentenza è solo quella che segue detto incipit e che nelle pagine precedenti la CTP si sia limitata a riportare quanto detto dalle parti o dalla CTP.
In detta ultima parte la CTR, per un verso, ha preso atto dell’archiviazione disposta dal Gip in sede penale -che, come si illustrerà a proposito del secondo motivo è argomento in sé non dirimente -rilevando, con ragionamento meramente tautologico, che se il giudice avesse ravvisato gli elementi costitutivi del reato non avrebbe certamente disposto l’archiviazione del procedimento ; per altro verso, si è limitata a condividere le motivazioni della sentenza di
primo grado senza nemmeno farsi carico di esaminare le censure mosse con l’appello .
Il secondo motivo è fondato.
5.1. Il provvedimento di archiviazione pronunciato in sede penale non impedisce che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice tributario, poiché, a differenza della sentenza pronunciata all’esito del dibattimento, detto decreto ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo ad alcuna preclusione, non rientrando nemmeno tra i provvedimenti dotati di autorità di cosa giudicata giusta il disposto dell’art. 654 cod. proc. pen. (Cass. 04/08/2020, n. 16649).
A ciò deve aggiungersi che il decreto di archiviazione è estraneo all’ambito di applicazione anche dell’art. 21 d.lgs. n. 87 del 2024 che, nell’ escludere il regime c.d. del doppio binario, ha fatto riferimento alle sole sentenze di assoluzione rese a seguito di dibattimento. Inoltre, anche la questione rimessa alle Sezioni Unite con l’ordinanza interlocutoria n. 5714 del 2025 ha ad oggetto la possibile rilevanza nel giudizio tributario delle sentenze penali di assoluzione pronunziate ex art. 530, secondo comma, cod. proc. pen. e giammai del decreto di archiviazione.
Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.