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Motivazione per relationem: nullità della sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello in materia tributaria per motivazione apparente. La corte inferiore si era limitata a una motivazione per relationem, confermando la decisione di primo grado e citando un’archiviazione penale senza analizzare autonomamente i motivi di appello dell’Agenzia delle Entrate. La Cassazione ha ribadito che il giudice d’appello deve sempre esaminare specificamente le censure mosse, altrimenti la sentenza è nulla. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per relationem: Quando la Sentenza è Nulla

L’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali è uno dei pilastri del nostro ordinamento. Una decisione, per essere valida, deve spiegare chiaramente il percorso logico e giuridico che ha condotto il giudice a quella conclusione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio, sanzionando con la nullità una sentenza d’appello che si era basata su una motivazione per relationem insufficiente. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere i limiti di tale pratica e l’importanza di un’analisi autonoma da parte del giudice.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Fiscale e i Gradi di Giudizio

Una società a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per l’anno d’imposta 2007. L’Ufficio contestava l’utilizzo in compensazione di una perdita fiscale relativa all’anno precedente, ritenendola non spettante a seguito di un altro accertamento.

La società impugnava l’atto e otteneva ragione sia in primo grado, presso la Commissione Tributaria Provinciale, sia in appello, presso la Commissione Tributaria Regionale. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo la sentenza d’appello viziata, proponeva ricorso per Cassazione.

I Limiti della Motivazione per Relationem

Il principale motivo di ricorso dell’Agenzia riguardava la nullità della sentenza per ‘motivazione apparente’. Secondo l’Agenzia, i giudici d’appello non avevano realmente esaminato le censure mosse, ma si erano limitati a due operazioni:
1. Prendere atto dell’archiviazione di un procedimento penale connesso ai medesimi fatti.
2. Dichiarare di condividere le motivazioni del giudice di primo grado, senza aggiungere un proprio e autonomo percorso argomentativo.

Questa modalità, nota come motivazione per relationem, è ammessa in certi limiti, ma non può tradursi in un’adesione acritica e passiva alla decisione precedente, soprattutto quando l’appellante ha sollevato specifiche critiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, annullando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e rinviando la causa per un nuovo esame. I giudici hanno ritenuto fondati entrambi i motivi di ricorso, stabilendo principi chiari sia sulla tecnica della motivazione sia sul rapporto tra processo penale e tributario.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che una sentenza d’appello è nulla quando è impossibile individuare il thema decidendum (l’oggetto del decidere) e le ragioni della decisione. Questo accade quando il giudice si limita a fare propria la sentenza impugnata senza esaminare e valutare l’infondatezza dei motivi di gravame. Nel caso di specie, la sentenza d’appello riportava per pagine le argomentazioni della contribuente per poi concludere, in poche righe, di aderire alla decisione di primo grado e di prendere atto dell’archiviazione penale. Questo, secondo la Cassazione, non è sufficiente. Il giudice del gravame deve dimostrare di aver compreso e valutato le critiche dell’appellante, fornendo una risposta, seppur sintetica, a ciascuna di esse.

Inoltre, la Corte ha ribadito un punto fondamentale: un decreto di archiviazione penale non ha alcuna efficacia vincolante nel giudizio tributario. A differenza di una sentenza di assoluzione emessa dopo un dibattimento, l’archiviazione non accerta i fatti con valore di giudicato, ma si limita a constatare la mancanza di elementi sufficienti per sostenere un’accusa in giudizio. Pertanto, il giudice tributario è libero di valutare autonomamente i medesimi fatti e giungere a conclusioni diverse.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la giustizia non è solo decidere, ma anche spiegare perché si decide in un certo modo. La motivazione per relationem non può essere una scorciatoia per evitare l’onere di un’analisi approfondita delle argomentazioni delle parti. Il giudice d’appello ha il dovere di confrontarsi con i motivi di impugnazione e di rendere un percorso argomentativo autonomo e comprensibile. Questa pronuncia rappresenta una garanzia fondamentale per i diritti di difesa del contribuente e di tutte le parti processuali, assicurando che ogni grado di giudizio sia un effettivo momento di controllo e riesame, e non una mera ratifica di decisioni precedenti.

Una sentenza d’appello può motivare semplicemente confermando la decisione di primo grado?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la motivazione per relationem è ammissibile solo a condizioni precise. Il giudice d’appello deve dare conto, anche sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai specifici motivi di impugnazione. Non può limitarsi a un’adesione acritica senza una valutazione autonoma dell’infondatezza dei motivi di gravame.

Un decreto di archiviazione penale ha valore nel processo tributario?
No. Il provvedimento di archiviazione in sede penale non impedisce al giudice tributario di valutare e qualificare diversamente gli stessi fatti. A differenza di una sentenza di assoluzione pronunciata dopo un dibattimento, il decreto di archiviazione non ha autorità di cosa giudicata e non vincola il giudice tributario.

Cosa succede quando una sentenza viene annullata per motivazione apparente?
La Corte di Cassazione cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa a un altro giudice (in questo caso, la stessa Corte di giustizia tributaria di secondo grado ma in diversa composizione). Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso, fornendo questa volta una motivazione congrua e completa, in linea con i principi stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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