LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Motivazione per relationem: nullità della sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale in materia di TARI. La decisione è stata motivata dalla nullità della sentenza d’appello per ‘motivazione apparente’. Quest’ultima si basava su una doppia motivazione per relationem, ovvero un rinvio alla sentenza di primo grado che, a sua volta, rinviava a un’altra pronuncia, senza fornire un’autonoma valutazione critica. La Corte ha ribadito che il giudice deve sempre rendere comprensibile il proprio percorso logico-giuridico, anche quando fa riferimento ad altri atti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per Relationem: Quando la Catena di Rinvii Rende Nulla la Sentenza

Una sentenza deve essere chiara, comprensibile e permettere alle parti di capire il perché di una determinata decisione. Questo principio, sancito dalla Costituzione, è al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso riguarda una controversia fiscale su una richiesta di pagamento della TARI, ma il suo valore va oltre il singolo episodio, definendo i confini della motivazione per relationem e chiarendo quando un rinvio a un’altra decisione diventa una pratica inaccettabile che porta alla nullità della sentenza.

Il Caso: Una Controversia sulla Tassa Rifiuti e la Doppia Motivazione per Relationem

Una società alberghiera ha impugnato un avviso di pagamento per la TARI relativa all’anno 2014, emesso da un Comune sardo per un importo di oltre 44.000 euro. Dopo il rigetto del ricorso in primo grado, la società si è appellata alla Commissione Tributaria Regionale.

Il giudice d’appello ha confermato la decisione di primo grado, rigettando l’appello. Tuttavia, la sua motivazione si è basata quasi esclusivamente sulla tecnica della motivazione per relationem, limitandosi a dichiarare di condividere pienamente le ragioni espresse dai giudici di primo grado. Il problema è che anche la sentenza di primo grado era a sua volta motivata per relationem, facendo riferimento a un precedente della stessa commissione in un caso analogo. Si è creata così una “catena di richiami” che ha reso di fatto impossibile ricostruire il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione finale.

La Decisione della Corte di Cassazione: Nullità per Motivazione Apparente

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza d’appello con rinvio. Secondo gli Ermellini, la sentenza impugnata era affetta da “motivazione apparente”, vizio che ne determina la nullità.

La Corte ha sottolineato che una doppia motivazione per relationem è consentita solo a condizioni molto rigorose. La sentenza che opera il rinvio deve, anche se in modo sintetico, riportare le argomentazioni della sentenza richiamata e, soprattutto, deve dare conto delle ragioni della conferma, analizzando i motivi di impugnazione proposti. In questo caso, invece, la catena di richiami non ha permesso di ricostruire in modo chiaro e univoco il percorso decisionale, violando il diritto della parte a una motivazione effettiva.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la motivazione di una sentenza d’appello può essere redatta per relationem rispetto a quella di primo grado, ma non può risolversi in un’adesione acritica e passiva. Il giudice del gravame deve dimostrare di aver esaminato e valutato i motivi di appello. Deve spiegare perché le critiche mosse dall’appellante non sono fondate, confrontandole con le ragioni della prima decisione.

Nel caso specifico, la sentenza d’appello si è limitata a enunciare il principio giurisprudenziale sulla legittimità della motivazione per relationem, senza però applicarlo correttamente. Non ha riportato i contenuti della sentenza di primo grado né li ha sottoposti a una valutazione critica autonoma nel contesto delle censure mosse dalla società contribuente. Questa modalità operativa non raggiunge la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 della Costituzione, trasformando la motivazione in un guscio vuoto, apparente ma non sostanziale.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione rappresenta un importante monito per i giudici di merito. Sebbene la tecnica della motivazione per relationem sia uno strumento utile per l’economia processuale, non può mai tradursi in una scorciatoia che compromette la chiarezza e la trasparenza della decisione giudiziaria. Ogni sentenza, specialmente in grado di appello, deve contenere un’analisi autonoma e critica delle questioni sollevate dalle parti. Il diritto a una motivazione comprensibile è un pilastro dello Stato di diritto, e questa pronuncia ne riafferma con forza la centralità. Per le parti in causa, significa che hanno il diritto di vedere le proprie argomentazioni prese in seria considerazione e non liquidate con un semplice rinvio a decisioni precedenti.

Una sentenza può motivare la sua decisione facendo riferimento a un’altra sentenza?
Sì, è possibile utilizzare la tecnica della motivazione per relationem, ma a condizioni precise. Il giudice deve riprodurre i contenuti essenziali dell’atto richiamato e dimostrare di averli sottoposti a un’autonoma valutazione critica nel contesto della causa specifica, consentendo di comprendere il proprio percorso logico-giuridico.

Cosa si intende per “motivazione apparente” e quando rende nulla una sentenza?
La motivazione è “apparente” quando, pur essendo materialmente presente, è talmente generica, contraddittoria o, come in questo caso, basata su una catena di rinvii, da non rendere comprensibile la ratio decidendi. Questa carenza equivale a un’assenza di motivazione e comporta la nullità della sentenza, poiché viola il requisito costituzionale di una decisione motivata.

Cosa succede se un giudice d’appello conferma la sentenza di primo grado senza esaminare i motivi di impugnazione?
La sentenza d’appello viene considerata nulla per vizio di motivazione. Il giudice del gravame ha l’obbligo di esaminare specificamente le censure mosse dall’appellante e di fornire una risposta argomentata. Limitarsi a condividere la decisione precedente senza un’analisi critica dei motivi di appello costituisce una violazione dei doveri decisori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati