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Motivazione per relationem: l’errore non invalida l’atto

Una società ha impugnato un avviso di accertamento fiscale perché citava una data errata per il sottostante Processo Verbale di Constatazione (PVC). La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha stabilito che un errore nella motivazione per relationem non invalida l’atto se costituisce un mero refuso materiale e il contribuente può comunque identificare il documento corretto senza alcun pregiudizio per il suo diritto di difesa. Il ricorso è stato quindi respinto.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Errore nella Motivazione per Relationem: Quando l’Atto Fiscale Resta Valido?

La corretta redazione di un avviso di accertamento è cruciale per la sua validità. Ma cosa succede se l’atto contiene un errore, come l’indicazione di una data sbagliata per un documento fondamentale a cui fa riferimento? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9507/2024, affronta proprio questo tema, offrendo chiarimenti importanti sulla motivazione per relationem e sui limiti della sua contestabilità. Il caso esaminato riguarda un avviso di accertamento che, pur basandosi su un Processo Verbale di Constatazione (PVC) noto al contribuente, ne riportava una data errata, citando un PVC inesistente. La Corte ha stabilito che un simile errore non invalida l’atto, se non ha concretamente leso il diritto di difesa del destinatario.

Il Contesto: Un Avviso di Accertamento con un Errore di Data

Una società operante in concordato preventivo ha ricevuto un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008, con cui l’Amministrazione Finanziaria recuperava a tassazione maggiori imposte (Ires, Irap e Iva) e irrogava sanzioni. L’atto dichiarava di basarsi su un Processo Verbale di Constatazione (PVC) datato 10 luglio 2009. Il problema era che questo PVC non era mai stato notificato né conosciuto dalla società. L’accertamento, in realtà, scaturiva da un PVC diverso, correttamente notificato alla società in data 29 luglio 2011.
La società ha quindi impugnato l’avviso, sostenendo un vizio di motivazione e una conseguente violazione del diritto di difesa, poiché l’atto fondava le sue pretese su un documento sconosciuto.

Il Percorso Giudiziario e il Principio della Motivazione per Relationem

Il giudizio di primo grado ha dato ragione al contribuente. La Commissione Tributaria Provinciale ha ritenuto che l’erroneo richiamo avesse generato una situazione di “massima confusione”, rendendo la motivazione inidonea e, quindi, l’atto nullo.
Di parere opposto è stata la Commissione Tributaria Regionale in sede di appello. I giudici di secondo grado hanno qualificato l’inesatta indicazione della data come un semplice “errore di stampa”, un refuso formale che non poteva inficiare la validità dell’intero avviso. Secondo la CTR, il resto del documento conteneva tutti gli elementi necessari per ricondurre l’accertamento al PVC corretto, già noto alla società. L’errore, pertanto, non aveva in alcun modo impedito al contribuente di esercitare i propri diritti.
La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la validità dell’avviso di accertamento. I giudici hanno esaminato congiuntamente i motivi relativi alla violazione delle norme sulla motivazione degli atti impositivi (art. 42 del D.P.R. 600/1973) e dello Statuto del Contribuente (art. 7 della L. 212/2000).

Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra un errore formale e un vizio sostanziale. La Corte ha chiarito che, sebbene la motivazione per relationem richieda un’indicazione precisa dell’atto esterno richiamato, un errore materiale nella data non è di per sé fatale.

Secondo l’ordinanza, i giudici di appello hanno correttamente evidenziato che l’avviso di accertamento, nonostante l’errore sulla data, richiamava “nella sostanza” il PVC corretto, quello notificato e conosciuto dal contribuente. L’atto conteneva tutti gli elementi utili per risalire senza ambiguità al documento giusto. L’errore è stato definito “obiettivo” e “superabile”, in quanto superato dal recepimento sostanziale dei contenuti del PVC corretto all’interno dell’avviso.

La Corte ha sottolineato un aspetto fondamentale: il contribuente non ha allegato né dimostrato alcun pregiudizio concreto derivante dall’errore. Non è stato provato che l’indicazione della data sbagliata abbia effettivamente impedito o reso più difficile l’esercizio del diritto di difesa. In assenza di una lesione effettiva, il vizio si riduce a una mera irregolarità formale, insufficiente a determinare la nullità dell’atto impositivo.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio di sostanza sulla forma. Un avviso di accertamento non è automaticamente nullo solo perché contiene un errore materiale, anche se relativo a un elemento della motivazione per relationem. La validità dell’atto è preservata se l’errore è riconoscibile, non genera incertezza sul contenuto e sulle fonti della pretesa fiscale e, soprattutto, non compromette in modo effettivo il diritto di difesa del contribuente. Quest’ultimo, per ottenere l’annullamento dell’atto, ha l’onere di dimostrare il pregiudizio specifico subito a causa dell’imperfezione formale.

Un errore nella data di un atto richiamato in un avviso di accertamento lo rende sempre nullo?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che se si tratta di un mero errore materiale, facilmente riconoscibile, e il contribuente è comunque in grado di individuare l’atto corretto e difendersi, l’avviso di accertamento resta valido.

Cosa si intende per “motivazione per relationem” in un atto fiscale?
È la tecnica con cui l’Amministrazione Finanziaria motiva un avviso di accertamento facendo riferimento diretto al contenuto di un altro atto, come un Processo Verbale di Constatazione (PVC), che deve essere già noto o allegato al contribuente.

È sufficiente che il contribuente lamenti un errore formale per annullare un atto?
No, non è sufficiente. Secondo la sentenza, il contribuente deve dimostrare che l’errore formale gli ha concretamente impedito l’esercizio del proprio diritto di difesa, causandogli un pregiudizio effettivo. Un semplice errore di stampa, superabile dalla lettura complessiva dell’atto, non è causa di nullità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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