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Motivazione per relationem: legittimo l’atto fiscale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una società contro un avviso di accertamento per IVA. La Corte ha stabilito che la motivazione per relationem dell’atto è legittima anche quando fa riferimento a documenti non allegati, purché questi siano conosciuti o facilmente conoscibili dal contribuente, confermando la validità dell’accertamento basato su fatture per operazioni inesistenti.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per Relationem: La Cassazione Chiarisce i Limiti di Validità degli Atti Fiscali

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti su un principio cardine del diritto tributario: la motivazione per relationem degli atti impositivi. Il caso riguarda una società che ha impugnato un avviso di accertamento per recupero di IVA, basato su un processo verbale di constatazione che a sua volta faceva riferimento ad ulteriori atti di verifica su terzi. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha ribadito la legittimità di tale prassi, delineandone con precisione i presupposti di validità e confermando principi consolidati in materia processuale.

I Fatti del Caso: Una Controversia sull’IVA

Una società a responsabilità limitata si vedeva notificare un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione Finanziaria recuperava importi IVA indebitamente detratti per l’anno d’imposta 2000. La pretesa fiscale si fondava su un Processo Verbale di Constatazione (PVC) che contestava alla società l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, la quale sosteneva di aver regolarizzato la propria posizione attraverso la definizione automatica prevista dalla legge 289/2002. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, su appello dell’Amministrazione, ribaltava la decisione e confermava la legittimità dell’accertamento. La società decideva quindi di ricorrere per Cassazione, affidandosi a tre distinti motivi di censura.

I Motivi del Ricorso e la Motivazione per Relationem

Il contribuente ha basato la propria difesa in Cassazione su tre argomenti principali, che toccano temi fondamentali del contenzioso tributario.

Il Principio della Motivazione per Relationem

Il primo e più significativo motivo di ricorso contestava la violazione dell’obbligo di motivazione dell’atto impositivo. La società lamentava che né l’avviso di accertamento né il PVC su cui si basava riproducevano il contenuto di altri processi verbali redatti nei confronti di società terze, ai quali però si faceva riferimento. Secondo il ricorrente, questa omissione rendeva l’atto nullo per difetto di motivazione.

La Rimessione al Giudice di Primo Grado

Con il secondo motivo, la società sosteneva che la Commissione Tributaria Regionale, avendo ritenuto errata la decisione di primo grado sulla legittimità della definizione automatica, avrebbe dovuto rimettere la causa al giudice provinciale anziché deciderla nel merito. Si invocava una presunta violazione del principio del doppio grado di giurisdizione.

Il Vizio di Motivazione della Sentenza

Infine, il terzo motivo lamentava un vizio di motivazione della sentenza d’appello, sostenendo che questa non permetteva di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dai giudici, scendendo al di sotto del cosiddetto “minimo costituzionale”.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una chiara analisi di ciascun motivo.
Sul primo punto, la Corte ha confermato la piena legittimità della motivazione per relationem anche in ambito tributario. Ha chiarito che l’obbligo di motivazione è soddisfatto quando l’atto impositivo fa riferimento a documenti esterni, a condizione che questi siano già noti al contribuente o che il loro contenuto essenziale sia riprodotto nell’atto stesso. Questo principio si estende anche alla “doppia motivazione per relationem”, ovvero quando l’atto (l’avviso di accertamento) richiama un primo documento (il PVC), che a sua volta fa riferimento ad altri atti (i verbali su terzi). La validità è assicurata se anche questi ultimi documenti sono in possesso del contribuente, o comunque da lui facilmente conoscibili. Lo scopo della norma è mettere il contribuente in condizione di conoscere le ragioni della pretesa e di potersi difendere efficacemente.

In merito al secondo motivo, la Corte ha ribadito che la rimessione della causa al giudice di primo grado è un’ipotesi eccezionale e tassativamente prevista dalla legge. Al di fuori di tali casi, il processo d’appello ha carattere sostitutivo, il che significa che il giudice di secondo grado, se riforma la sentenza, deve decidere la causa nel merito. Il principio del doppio grado di giurisdizione non implica che ogni questione debba essere decisa da due giudici diversi, ma solo che possa essere loro proposta.

Infine, il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2012, il vizio di motivazione può essere denunciato in Cassazione solo qualora la motivazione sia totalmente assente, meramente apparente, o presenti un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti. Non è più possibile contestare la semplice “insufficienza” o “contraddittorietà” della motivazione, come nel caso di specie, dove la sentenza d’appello presentava una trama argomentativa idonea a sostenere la decisione.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla validità della motivazione per relationem negli atti fiscali, fornendo un criterio di equilibrio tra le esigenze di efficienza dell’azione amministrativa e il diritto di difesa del contribuente. Per le imprese e i professionisti, la decisione sottolinea l’importanza di avere piena conoscenza di tutti gli atti menzionati in un avviso di accertamento, anche se non materialmente allegati. La sentenza ribadisce inoltre la natura sostitutiva del giudizio d’appello tributario e i rigidi limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione delle sentenze di merito.

Un avviso di accertamento fiscale è valido se motiva le sue conclusioni facendo riferimento a un altro documento (come un PVC) non allegato?
Sì, è valido. Secondo la Corte, la “motivazione per relationem” è legittima a condizione che il documento richiamato sia già integralmente conosciuto dal contribuente o che l’atto notificato ne riproduca il contenuto essenziale, permettendo al contribuente di comprendere le ragioni della pretesa fiscale e di difendersi.

Se un giudice d’appello ritiene errata la decisione del giudice di primo grado su un punto specifico, deve sempre rinviare la causa al primo giudice?
No. La rimessione della causa al giudice di primo grado è prevista solo per ipotesi tassative ed eccezionali. Al di fuori di questi casi, il giudice d’appello, anche se riforma la decisione precedente, deve decidere la causa nel merito.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza per motivazione insufficiente?
Dopo la riforma del 2012, non sono più ammissibili censure per “insufficienza” della motivazione. Il controllo della Corte di Cassazione è limitato a verificare il rispetto del “minimo costituzionale”, cioè se la motivazione è totalmente mancante, meramente apparente, o così contraddittoria da risultare incomprensibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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