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Motivazione per relationem: la nullità della sentenza

Una contribuente veniva sanzionata per l’omessa compilazione del quadro RW relativo a capitali detenuti all’estero. La Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione di primo grado con una motivazione per relationem. La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, ha annullato la sentenza d’appello, giudicandola nulla. La Corte ha stabilito che una motivazione per relationem è illegittima se non dimostra una valutazione critica e autonoma dei motivi d’appello, limitandosi a un mero rinvio alla sentenza precedente. Il ricorso principale della contribuente è stato invece rigettato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per relationem: quando la sentenza d’appello è nulla

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti della motivazione per relationem nel processo tributario, sanzionando con la nullità la sentenza d’appello che si limita a confermare la decisione precedente senza un’analisi critica dei motivi di gravame. Questo principio è fondamentale per garantire il diritto di difesa e l’effettività del giudizio di secondo grado. Analizziamo il caso che ha portato a questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Sanzioni per Omessa Dichiarazione di Capitali Esteri

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento e un atto di irrogazione di sanzioni notificati a una contribuente. L’Amministrazione Finanziaria contestava l’omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi per l’anno d’imposta 2011, relativo a somme detenute su un conto corrente svizzero. La contribuente impugnava gli atti, sostenendo di essere estranea alla gestione di tali fondi, affermando di aver agito come semplice delegata di una società e che la sua firma fosse stata utilizzata abusivamente dal fratello. A sua difesa, produceva anche un provvedimento di archiviazione penale per gli stessi fatti.

Il giudizio di primo grado si concludeva con un accoglimento parziale: veniva annullata la ripresa a tassazione del maggior reddito, ma venivano confermate le sanzioni per la mancata compilazione del quadro RW. Insoddisfatte, entrambe le parti proponevano appello. La Commissione Tributaria Regionale confermava integralmente la sentenza di primo grado. La contribuente decideva quindi di ricorrere in Cassazione, e l’Agenzia delle Entrate rispondeva con un controricorso contenente anche un ricorso incidentale.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della motivazione

Il ricorso principale della contribuente si basava su due motivi: la violazione di legge, ribadendo la sua estraneità ai fatti anche alla luce dell’archiviazione penale, e l’omesso esame di un fatto decisivo, ovvero l’abuso della sua “firma in bianco” da parte del fratello, accertato in sede civile.

L’Agenzia delle Entrate, con il suo ricorso incidentale, sollevava invece una questione di natura processuale: la nullità della sentenza d’appello. Secondo il Fisco, i giudici di secondo grado avevano errato utilizzando una motivazione per relationem solo apparente, che non affrontava criticamente i motivi di appello e risultava contraddittoria. In particolare, non veniva chiarito perché le somme, pur non essendo considerate fonte di reddito evaso, dovessero comunque essere dichiarate nel quadro RW, lasciando irrisolta la questione della titolarità o disponibilità effettiva dei capitali da parte della contribuente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale della contribuente, ritenendolo inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito per una nuova valutazione dei fatti. Inoltre, hanno ricordato il principio del “doppio binario” tra processo penale e tributario: l’archiviazione penale non ha efficacia automatica nel giudizio fiscale, dove il giudice ha piena autonomia nella valutazione delle prove.

Al contrario, la Corte ha accolto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno affermato che la motivazione per relationem è legittima solo a condizioni molto precise. Una sentenza d’appello non può limitarsi a un mero rinvio alla decisione di primo grado, ma deve dimostrare di aver esaminato e valutato criticamente i motivi di gravame. La motivazione deve essere “autosufficiente” e consentire di comprendere le ragioni alla base della conferma o della riforma della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la Corte d’appello non aveva sciolto la contraddizione di fondo: come poteva la contribuente essere sanzionata per l’omessa dichiarazione di somme di cui, secondo la stessa sentenza di primo grado, non aveva tratto reddito? Questa mancanza di un’analisi autonoma e critica ha reso la motivazione solo apparente, viziando la sentenza e portandola alla nullità.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso attenendosi ai principi enunciati, fornendo una motivazione completa e non contraddittoria che chiarisca la posizione giuridica della contribuente rispetto alle somme detenute all’estero. Questa decisione rafforza l’obbligo per i giudici d’appello di fornire una motivazione effettiva e non meramente formale, a tutela del diritto delle parti a un giudizio equo e completo.

Una sentenza d’appello motivata per relationem è sempre valida?
No. Secondo la Cassazione, la motivazione per relationem è nulla se il giudice d’appello si limita a un mero rinvio alla sentenza di primo grado, senza dimostrare di aver condotto un’autonoma e critica valutazione dei motivi di gravame e delle prove.

Un’archiviazione in sede penale ha valore automatico nel processo tributario?
No. Vige il principio del “doppio binario”. Il giudice tributario ha piena autonomia nel valutare le risultanze del processo penale e può giungere a conclusioni diverse, basandosi sulle prove e le regole proprie del contenzioso fiscale.

Perché il ricorso principale della contribuente è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché, sotto l’apparenza di denunciare violazioni di legge, mirava in realtà a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che è preclusa al giudice di legittimità come la Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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