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Motivazione per relationem: la Cassazione decide

Un’ordinanza della Cassazione affronta il tema della motivazione per relationem di un avviso di accertamento. Il caso riguarda un contribuente che contestava un accertamento basato su un PVC non integralmente conosciuto. La Corte ha cassato per la seconda volta la decisione del giudice di merito, reo di non aver seguito le indicazioni del precedente giudizio di rinvio, ribadendo che la motivazione è valida se l’atto impositivo contiene gli elementi essenziali della pretesa, anche se rinvia ad altri documenti.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per relationem: quando un avviso fiscale è valido?

La questione della motivazione per relationem negli atti fiscali è un tema cruciale e spesso fonte di contenzioso tra Fisco e contribuente. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’Ordinanza n. 33105/2024, torna a fare luce sui criteri di validità di un avviso di accertamento che rimanda a documenti esterni non allegati, come un Processo Verbale di Constatazione (PVC). La decisione sottolinea il dovere del giudice di merito di attenersi ai principi stabiliti dalla Suprema Corte in sede di rinvio.

I fatti del caso: la controversia sull’avviso di accertamento

La vicenda trae origine dall’impugnazione di diversi avvisi di accertamento per IRPEF, IRPEG, IRAP e IVA relativi agli anni d’imposta 1996, 1997 e 1998. Gli atti erano stati emessi nei confronti dell’amministratore di una società fallita, sulla base delle risultanze di una verifica fiscale generale compendiate in un PVC redatto dalla Guardia di Finanza.
Il contribuente lamentava il difetto di autonoma motivazione degli avvisi, in quanto questi si limitavano a rinviare al PVC, un documento che gli era sconosciuto e che a sua volta richiamava ulteriori atti non allegati. Sia il giudice di primo grado che la Commissione Tributaria Regionale (CTR) avevano dato ragione al contribuente.

Il percorso giudiziario e il principio sulla motivazione per relationem

L’Amministrazione Finanziaria ricorreva in Cassazione, la quale, con una prima ordinanza (n. 26443/2017), accoglieva il ricorso. La Suprema Corte cassava la sentenza della CTR e rinviava la causa, stabilendo un principio fondamentale: l’affermazione dei giudici d’appello, secondo cui gli avvisi erano immotivati perché rinviavano a un PVC e ai suoi allegati non conosciuti, era insufficiente. Il giudice del rinvio avrebbe dovuto verificare se, nonostante i rinvii, gli atti impositivi contenessero comunque gli elementi essenziali per permettere al contribuente di comprendere la pretesa fiscale e difendersi.
Incredibilmente, la CTR, nel successivo giudizio di rinvio, confermava nuovamente la sentenza di primo grado, ignorando di fatto il mandato ricevuto dalla Cassazione e limitandosi a una motivazione definita dalla Suprema Corte come “vuota” e “apodittica”.

La nuova Ordinanza della Suprema Corte

Con l’ordinanza in commento, la Cassazione accoglie il nuovo ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando per la seconda volta la decisione della CTR. La Corte ribadisce con forza il suo orientamento consolidato.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha censurato pesantemente l’operato della CTR, colpevole di aver “tradito il mandato consegnatole nell’ordinanza di rinvio”. Il giudice del rinvio non può limitarsi a una conferma acritica della precedente decisione, ma deve svolgere l’accertamento richiesto, analizzando nel concreto il contenuto degli avvisi di accertamento per valutarne l’autosufficienza motivazionale.
Il principio cardine, ribadito dalla Corte, è che la motivazione per relationem è legittima quando l’atto notificato, pur rinviando a documenti esterni, ne riproduce il “contenuto essenziale”. Questo significa che deve riportare l’insieme delle parti (oggetto, contenuto, destinatari) necessarie a sostenere la pretesa. La mancata allegazione del documento richiamato non rende automaticamente nullo l’atto. Spetta al contribuente dimostrare non solo di non conoscere l’atto richiamato, ma anche che una parte del contenuto di tale atto è essenziale per integrare la motivazione e che quest’ultima non è stata riportata nell’avviso.
Nel caso di specie, la CTR non ha compiuto alcuna verifica sul contenuto effettivo degli avvisi, limitandosi a dare per scontata l’illegittimità a causa del rinvio a documenti non allegati al PVC, incorrendo in un palese vizio motivazionale e violando le indicazioni della Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 33105/2024 rappresenta un importante monito per i giudici di merito sull’obbligo di conformarsi ai principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione nel giudizio di rinvio. Per i contribuenti e i professionisti, la decisione conferma che la contestazione di un atto per difetto di motivazione “per relationem” richiede un’argomentazione specifica e puntuale. Non è sufficiente lamentare la mancata allegazione di un documento, ma è necessario dimostrare che l’atto impositivo, letto nel suo complesso, è privo degli elementi essenziali che consentano di comprendere le ragioni della pretesa fiscale e di esercitare efficacemente il diritto di difesa.

Un avviso di accertamento può motivare facendo riferimento a un altro atto (motivazione per relationem)?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, un atto impositivo può essere motivato “per relationem”, cioè rinviando a elementi di fatto presenti in altri atti o documenti. La legittimità di tale motivazione è subordinata alla condizione che l’atto notificato ne riproduca il contenuto essenziale, permettendo al contribuente di comprendere la pretesa e difendersi.

La mancata allegazione dell’atto richiamato rende nullo l’avviso di accertamento?
No, la mancata allegazione non determina automaticamente la nullità dell’atto. La legittimità non viene meno se l’atto impositivo esibisce un apparato motivazionale autonomo e intelligibile. È onere del contribuente provare che l’atto richiamato e non conosciuto era necessario per integrare la motivazione e che l’avviso non ne riportava le parti essenziali.

Cosa deve fare il giudice del rinvio dopo una cassazione da parte della Suprema Corte?
Il giudice del rinvio è vincolato a seguire i principi di diritto e le indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento. Non può ignorare tale mandato o limitarsi a confermare la sua precedente decisione con motivazioni generiche, ma deve riesaminare la causa attenendosi scrupolosamente a quanto stabilito dalla Suprema Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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