Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5239 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5239 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32773/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso PROVVEDIMENTO di COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALE n. 952/2019 depositata il 27/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/01/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il contribuente NOME COGNOME era attinto da avviso di accertamento con la ripresa a tassazione per l’anno d’imposta 2012 in ordine a maggiore Irpef, addizionale regionale, addizionale comunale, Irap ed Iva oltre alle relative sanzioni. Il tutto sorgeva a seguito di indagini circa fatturazioni per attività inesistenti contratte con la ditta RAGIONE_SOCIALE.
Adiva il giudice di prossimità, lamentando mancanza di qualifica del funzionario che aveva sottoscritto l’avviso di accertamento, insussistenza della relativa delega, insufficiente motivazione dell’atto impositivo, protestando l’effettività delle prestazioni rese di cui alle fatture emesse per l’anno 2012 e disconosciute dall’Ufficio.
I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente che ricorre per cassazione affidandosi ad unico articolato motivo, cui replica tempestivamente il patrono erariale spiegando controricorso.
In prossimità dell’adunanza la parte contribuente ha depositato memoria, allegando sentenza n. 470/2020 del Tribunale penale di Lamezia Terme di assoluzione ‘perché il fatto non sussiste’ dei reati ascritti al sig. NOME COGNOME.
CONSIDERATO
Con memoria in prossimità dell’udienza, la parte privata chiede considerare l’effetto ultra processuale e vincolante per il giudizio tributario della novella di cui alla l. n. 132/2022 e l. n. 111/2023, per cui l’accertamento del giudice penale vincola que llo tributario. In disparete la loro inapplicabilità ai giudizi in corso in cassazione, vertendosi di profili abbisognevoli di disposizioni attuative della legge delega, oggetto del giudizio è la motivazione per relationem alla sentenza di primo grado che, nel caso di specie, non è viziata,
ricorrendo l’autonoma valutazione del collegio del gravame, così come eccentriche al profilo dell’accertamento di fato sono le coacervate censure che innervano l’unico motivo di ricorso.
Ed infatti, con l’unico articolato motivo di ricorso si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 e numero 4 per violazione falsa applicazione degli articoli 3 e 61 del decreto legislativo numero 546 del 1992, nonché dell’articolo 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile e dell’articolo 113 e 132 del medesimo codice di rito. Nella sostanza lamenta che il collegio del gravame siasi limitato a motivare per relationem alla sentenza di primo grado con mera adesione, senza valutazione critica propria.
Preliminarmente, per questa Corte è ammissibile il ricorso per cassazione il quale cumuli in un unico motivo le censure di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c., allorché esso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. V, 11 aprile 2018, n. 8915), essendo sufficiente che la formulazione del motivo consenta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate, sì da consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se essere fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati (Cass., S.U., 6 maggio 2015, n. 9100, in linea Cass. V. n. 14756/2020). Il motivo ammissibile e le censure scrutinabili.
Ancora in via preliminare, occorre evidenziare come la sentenza qui in scrutinio, nel suo incipit di parte argomentativa, abbia ritenuto inammissibili le doglianze proposte con motivi aggiunti in ordine alla carenza di firma digitale del provvedimento impositivo, non sussistendo i presupposti dei motivi aggiunti, il cui interesse sorge in ragione di deposito dei documenti nuovi o di loro successiva conoscenza, inammissibili restando le doglianze sollevate
successivamente per profili la cui conoscibilità doveva essere da ritenersi tempestiva fin dal primo momento.
Quanto al profilo di mancanza di delega al funzionario che ha sottoscritto l’atto impositivo, la CTR ha fatto buon governo dei principi sanciti da questa Corte, citando la sentenza n. 5200 e 7027 del 2018 in ordine agli elementi che tale delega deve contenere.
Quanto alla lamentata motivazione per relationem , giudice del fatto processuale, questa Suprema Corte di legittimità ha esaminato la sentenza in scrutinio rilevandone l’autonomia di giudizio con ampi riferimenti perspicui ad arresti giurisprudenziali nomofilattici correttamente interpretati, con particolare riguardo ai profili dell’inerenza, dell’esistenza dei costi e dell’inesistenza delle operazioni, richiamando le dichiarazioni del titolare dell’altra ditta con cui erano intercorsi i rapporti, sig. NOME.
Infatti, per questa Suprema Corte di legittimità, la motivazione per relationem “è legittima soltanto nel caso in cui a) si riferisca ad una sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente ed autosufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata” (Cass., S.U. n.14815/2008).
Inoltre, si è affermato che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. La sentenza è, invece, nulla, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. VI -5, n. 107/2015; n. 5209/2018; n. 17403/2018; n. 21978/2018). Deve, poi, considerarsi nulla la sentenza di appello
motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. VI -5, n. 22022/2017).
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Il ricorso e quindi infondato e deve essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.cinq uemilaseicento/00, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25/01/2024.