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Motivazione per relationem: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5113/2025, interviene sul tema della motivazione per relationem degli atti tributari. Il caso riguarda una sanzione per mancata emissione di scontrini fiscali, annullata nei gradi di merito perché l’atto di contestazione non allegava i verbali della Guardia di Finanza. La Suprema Corte cassa la decisione, affermando che non è necessario allegare un documento se il contribuente ne ha già integrale e legale conoscenza. Viene così ribadito un principio fondamentale sulla validità della motivazione per relationem.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per relationem: quando l’atto non va allegato

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto tributario: la motivazione per relationem. Con una recente ordinanza, i giudici hanno chiarito in quali circostanze l’Amministrazione Finanziaria non è obbligata ad allegare i documenti richiamati nell’atto di accertamento. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche sia per i contribuenti che per gli uffici fiscali, delineando con precisione i confini del diritto di difesa e degli obblighi di motivazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un atto di contestazione notificato a una società cooperativa in liquidazione. L’Agenzia delle Entrate irrogava una sanzione di quasi 30.000 euro per la mancata emissione di alcuni scontrini fiscali, violazione accertata dalla Guardia di Finanza tramite due specifici Processi Verbali di Constatazione (PVC). La società impugnava l’atto, lamentando, tra le altre cose, un difetto di motivazione, poiché i PVC menzionati non erano stati allegati all’atto di contestazione.

Sia la Commissione tributaria provinciale che quella regionale accoglievano le ragioni della contribuente, annullando l’atto. Secondo i giudici di merito, la mancata allegazione dei verbali aveva compromesso il diritto di difesa del contribuente, rendendo l’atto illegittimo.

L’Analisi della Corte sulla Motivazione per Relationem

L’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sentenza d’appello fosse viziata da ‘motivazione apparente’ e da un’errata applicazione delle norme sulla motivazione per relationem. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando l’esito dei precedenti giudizi.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto censurato la motivazione della sentenza d’appello, definendola ‘apodittica’ e ‘erronea’. La Corte regionale si era limitata ad affermare la necessità di allegare i PVC senza esaminare il contenuto dell’atto di contestazione e senza considerare un elemento fondamentale: il contribuente era già a conoscenza di tali verbali, in quanto gli erano stati notificati in precedenza.

Il Principio della Conoscenza dell’Atto Richiamato

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza. L’articolo 7 dello Statuto del Contribuente prevede che debba essere allegato all’atto impositivo ogni documento da esso richiamato. Tuttavia, questa regola si applica esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già avuto ‘integrale e legale conoscenza’.

In altre parole, se l’atto a cui si fa rinvio (in questo caso, i PVC) è già stato notificato o è comunque conosciuto dal contribuente, l’Amministrazione Finanziaria non ha l’obbligo di allegarlo nuovamente. Può limitarsi a riprodurne il contenuto essenziale, se necessario, ma l’omessa allegazione non costituisce, di per sé, un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e le sue Motivazioni

La Corte ha stabilito che i giudici di merito hanno errato nel ritenere irrilevante la circostanza che il contribuente conoscesse già il contenuto dei PVC. Questa conoscenza pregressa è, al contrario, il fattore decisivo. L’obbligo di allegazione è posto a tutela del diritto di difesa, per consentire al destinatario dell’atto di comprendere appieno le ragioni della pretesa fiscale. Se tale conoscenza è già acquisita, la finalità della norma è soddisfatta e l’allegazione diventa superflua.

Di conseguenza, la motivazione del giudice di appello è stata giudicata ‘apparente’, in quanto non ha spiegato adeguatamente perché, nel caso specifico, il diritto di difesa sarebbe stato compromesso, nonostante la comprovata conoscenza dei verbali da parte della società. La sentenza impugnata è stata quindi cassata, e la causa rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza il principio di efficienza e non aggravamento del procedimento amministrativo. Impone un’analisi concreta e non formalistica del rispetto del diritto di difesa. Per il contribuente, significa che non potrà eccepire la mancata allegazione di un documento se lo ha già ricevuto in precedenza. Per l’Amministrazione Finanziaria, conferma la legittimità della motivazione per relationem a condizione che gli atti richiamati, se non allegati, siano già nel pieno possesso del contribuente, garantendo così un corretto bilanciamento tra le esigenze dell’erario e i diritti del cittadino.

È sempre necessario allegare a un atto di accertamento i documenti in esso richiamati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di allegazione non sussiste se il contribuente ha già ‘integrale e legale conoscenza’ dell’atto richiamato, ad esempio perché gli è stato notificato in precedenza.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ di una sentenza?
Si tratta di una motivazione che esiste solo formalmente ma è talmente generica, apodittica o contraddittoria da non rendere percepibili le reali ragioni giuridiche alla base della decisione, configurando un vizio che porta alla nullità della sentenza.

Qual è la conseguenza se un atto richiamato in un avviso non è conosciuto dal contribuente?
In tal caso, l’Amministrazione Finanziaria ha l’obbligo di allegare l’atto oppure di riprodurne il contenuto essenziale all’interno dell’avviso stesso, per permettere al contribuente di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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