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Motivazione per relationem: Cassazione annulla sentenza

Una società contribuente ha impugnato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che confermava la tardività del suo ricorso iniziale contro avvisi di pagamento. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza d’appello perché viziata da motivazione apparente. I giudici di secondo grado si erano limitati a condividere la decisione di primo grado con una motivazione per relationem, senza analizzare le specifiche critiche mosse dall’appellante riguardo ai vizi di notifica. La Suprema Corte ha ribadito che una mera adesione acritica alla pronuncia precedente, senza un’effettiva valutazione dei motivi di gravame, rende la sentenza nulla per violazione dell’obbligo di motivazione.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per Relationem: Quando il Giudice Deve Spiegare e Non Solo ‘Concordare’

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del giusto processo: il dovere del giudice d’appello di fornire una motivazione completa e non meramente adesiva alla sentenza di primo grado. Quando si utilizza la cosiddetta motivazione per relationem in modo acritico, la sentenza può essere annullata. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere i limiti di tale pratica e il diritto di ogni cittadino a una giustizia trasparente.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore dei carburanti impugnava due intimazioni di pagamento emesse da un agente della riscossione, relative a IVA, imposte dirette e ritenute per diversi anni. La società sollevava ben venti censure, contestando una serie di vizi, tra cui difetti nella notifica degli atti presupposti, mancanza di sottoscrizione e carenze nella motivazione.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso. La società proponeva appello, ma la Commissione Tributaria Regionale confermava la decisione precedente, basando la propria pronuncia su un unico punto: la tardività del ricorso originario. I giudici d’appello si limitavano a dichiarare ‘condivisibile’ la valutazione del primo giudice, senza entrare nel merito delle numerose e specifiche contestazioni sollevate dall’appellante, in particolare quelle relative alla ritualità della notifica che avrebbero potuto incidere sul calcolo dei termini per ricorrere.

La Decisione della Corte di Cassazione e la motivazione per relationem

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha accolto il quinto dei sedici motivi di ricorso presentati dalla società, assorbendo tutti gli altri. Il motivo accolto lamentava proprio la violazione delle norme procedurali a causa dell’impossibilità di comprendere le ragioni della decisione d’appello.

La Suprema Corte ha stabilito che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale era affetta da un vizio di ‘motivazione apparente’. I giudici di secondo grado, infatti, non avevano illustrato le critiche mosse dall’appellante né avevano esposto le considerazioni che li avevano portati a disattenderle. Si erano limitati a una mera e acritica adesione alla sentenza di primo grado. Questo modo di procedere, definito dalla Corte una ‘condivisione di stile’, rende impossibile individuare il thema decidendum (l’oggetto del giudizio) e le ragioni alla base del dispositivo. In sostanza, il giudice d’appello non può limitarsi a dire ‘sono d’accordo con il giudice precedente’, ma deve dimostrare di aver esaminato e valutato autonomamente i motivi di gravame.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento, secondo cui una sentenza d’appello è nulla se si limita a una motivazione per relationem senza un’effettiva valutazione critica dei motivi di impugnazione. L’obbligo di motivazione, sancito dal codice di procedura e dalla Costituzione (art. 111), impone al giudice di esplicitare il percorso logico-giuridico che lo ha condotto a una determinata decisione. Questo è fondamentale per due ragioni: permette alle parti di comprendere le ragioni della vittoria o della sconfitta e consente alla Corte di Cassazione di esercitare il proprio controllo di legittimità.

Nel caso specifico, la CTR aveva ignorato le complesse questioni sollevate dalla società in merito alla regolarità delle notifiche, questioni decisive per stabilire se il ricorso fosse stato effettivamente presentato fuori termine. Limitandosi a confermare la tardività senza argomentare sui vizi denunciati, la CTR ha reso una motivazione solo apparente, che non soddisfa i requisiti di legge. La motivazione non era semplicemente sintetica, ma talmente laconica da risultare incomprensibile e, di conseguenza, inesistente.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio cardine del nostro ordinamento: il diritto a una decisione motivata. Per i cittadini e le imprese, ciò significa che in appello non si può essere liquidati con una formula generica. Ogni motivo di impugnazione merita una risposta specifica e argomentata. Per gli avvocati, sottolinea l’importanza di formulare motivi di appello chiari e dettagliati, costringendo il giudice a un confronto puntuale.

La decisione della Cassazione funge da monito per i giudici di merito: la tecnica della motivazione per relationem è uno strumento da usare con cautela, non una scorciatoia per eludere il dovere di giudicare. Una giustizia che non spiega le sue ragioni è una giustizia a metà. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Commissione Tributaria Regionale, in diversa composizione, per un nuovo esame che tenga conto di tutti i motivi di appello.

Cos’è una ‘motivazione per relationem’ in una sentenza?
È la tecnica con cui un giudice, per giustificare la propria decisione, fa riferimento alle argomentazioni contenute in un altro atto, tipicamente la sentenza del grado di giudizio precedente. Invece di riscrivere le ragioni, le incorpora per riferimento.

Un giudice d’appello può sempre confermare una sentenza con una motivazione per relationem?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente una mera e acritica adesione alla sentenza impugnata. Il giudice d’appello deve dimostrare di aver esaminato e valutato le specifiche critiche (motivi di gravame) mosse dall’appellante, spiegando perché le ritiene infondate. Se si limita a ‘condividere’ la decisione precedente senza analizzare l’appello, la motivazione è solo apparente e la sentenza è nulla.

Cosa succede se una sentenza d’appello viene annullata per ‘motivazione apparente’?
La Corte di Cassazione cassa (annulla) la sentenza viziata e rinvia la causa al giudice d’appello, ma in una diversa composizione. Quest’ultimo dovrà riesaminare il caso e pronunciare una nuova sentenza, questa volta fornendo una motivazione completa ed esaustiva che risponda a tutti i motivi di appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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