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Motivazione per relationem: Cassazione annulla sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della commissione tributaria regionale per vizio di motivazione. La decisione impugnata si era limitata a richiamare la sentenza di primo grado senza un’autonoma valutazione critica, integrando un caso di motivazione per relationem invalida. La Corte ha ribadito che ogni pronuncia deve contenere un’analisi logico-giuridica propria e non può essere un mero rinvio acritico, pena la nullità per violazione del ‘minimo costituzionale’ di motivazione.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione per Relationem: Quando una Sentenza è Nulla?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale: la validità della motivazione per relationem. Una sentenza non può limitarsi a ‘copiare e incollare’ o a fare un vago riferimento a un’altra decisione senza un’adeguata analisi critica. In caso contrario, la sentenza è nulla per motivazione apparente. Analizziamo questo caso emblematico per capire le implicazioni pratiche per cittadini e imprese.

I Fatti del Caso: Accertamenti Fiscali e la Controversia

Una società a responsabilità limitata riceveva diversi avvisi di accertamento dall’Agenzia delle Entrate per gli anni 2008, 2009 e 2010. L’amministrazione finanziaria contestava l’esistenza di alcune operazioni, disconoscendo i relativi costi e la deduzione dell’IVA, e procedeva a una ricostruzione induttiva del reddito.

La società impugnava gli atti e il giudice di primo grado, basandosi interamente sulle conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio, annullava gli accertamenti. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, ma la commissione tributaria regionale rigettava il gravame, limitandosi a un rinvio integrale alla pronuncia di primo grado. Di fronte a questa decisione, l’Avvocatura dello Stato ricorreva per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, proprio il vizio di motivazione.

La Decisione della Corte sulla motivazione per relationem

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della commissione tributaria regionale. Il cuore della decisione risiede nella censura del metodo utilizzato dal giudice d’appello.

Il Vizio della Motivazione Apparente

I giudici di legittimità hanno stabilito che la sentenza di secondo grado era affetta da un vizio di ‘motivazione apparente’. In pratica, i giudici d’appello non avevano svolto un’autonoma e critica valutazione dei fatti e dei motivi di impugnazione. Si erano invece limitati a un ‘apodittico rinvio’ alla decisione precedente, la quale, a sua volta, si basava sulla trascrizione letterale della consulenza tecnica. Questo ‘appiattimento’, privo di valutazione critica, rende impossibile comprendere il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice, violando così il ‘minimo costituzionale’ che ogni sentenza deve possedere.

Legittimazione dell’Ex Amministratore in Caso di Fallimento

Un aspetto procedurale interessante riguardava la legittimità dell’ex amministratore della società, nel frattempo fallita, a difendersi in giudizio. La Corte ha confermato che, in caso di inerzia del curatore fallimentare, l’ex amministratore ha una legittimazione processuale straordinaria per difendere gli interessi della società, soprattutto quando si tratta di una sentenza favorevole ottenuta prima della dichiarazione di fallimento.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha richiamato la sua consolidata giurisprudenza, secondo cui la motivazione per relationem è legittima solo a condizioni precise. Non basta un semplice riferimento. Il giudice deve dimostrare di aver recepito, vagliato e fatto proprio il contenuto dell’atto richiamato, inserendolo in un percorso argomentativo autonomo. Questo processo deve consentire di verificare la compatibilità logico-giuridica della decisione.

Nel caso specifico, la sentenza d’appello era nulla perché la sua laconicità non permetteva di capire se il giudice avesse effettivamente esaminato e ritenuto infondati i motivi di appello proposti dall’Ufficio. Una motivazione è ‘apparente’ quando si estrinseca in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi, ovvero il percorso logico che ha portato alla decisione. In assenza di questo requisito, la sentenza è invalida.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un messaggio cruciale per l’intero sistema giudiziario: la giustizia non può essere un mero atto burocratico di rinvio. Ogni giudice ha il dovere di esporre in modo chiaro, logico e autonomo le ragioni della propria decisione. Per i contribuenti e i loro difensori, ciò significa che una sentenza d’appello che si limiti a confermare la decisione di primo grado senza discutere criticamente i motivi di gravame può e deve essere impugnata per vizio di motivazione. È un principio di garanzia fondamentale che assicura la trasparenza e la controllabilità del processo decisionale del giudice.

Quando una motivazione ‘per relationem’ rende nulla una sentenza?
Una motivazione ‘per relationem’ rende nulla una sentenza quando il giudice si limita a un mero rinvio a un altro atto (es. una sentenza precedente o una perizia) senza riprodurne i contenuti rilevanti e, soprattutto, senza sottoporli a una propria autonoma e critica valutazione. Deve essere chiaro che il giudice ha fatto proprio quel ragionamento dopo averlo esaminato, non limitandosi a un rinvio acritico.

L’ex amministratore di una società fallita può difendersi in giudizio se il curatore non agisce?
Sì. Secondo la Corte, in caso di inerzia della curatela fallimentare, sorge una legittimazione processuale straordinaria in capo all’ex amministratore della società fallita per impugnare un atto o, come in questo caso, per difendere una sentenza favorevole alla società ottenuta prima del fallimento.

Cosa significa che una sentenza è priva del ‘minimo costituzionale’ di motivazione?
Significa che la motivazione, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, illogica, contraddittoria o superficiale da non rendere comprensibile il percorso logico-giuridico che ha condotto alla decisione. In pratica, è una motivazione che non motiva nulla, equiparabile a un’assenza totale di giustificazione e, pertanto, rende la sentenza nulla.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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