Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16013 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16013 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
Avviso di Accertamento -Operazioni inesistenti -motivazione della sentenza per relationem -ammissibilità – limiti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17832/2017 R.G. proposto da: COGNOME E COGNOME rappresentati e difesi dagli Avv. NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME con indicazione di pec;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ‘ex lege’ dall’Avvocatura generale dello Stato ;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LIGURIA, n. 30/2017, depositata in data 16 gennaio 2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate, con avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2006 , recuperava a tassazione un maggior reddito della società RAGIONE_SOCIALE, disconoscendo costi per operazioni ritenute inesistenti con conseguenti maggiori Ires, Irap ed Iva ed irrogava le conseguenti sanzioni. La pretesa impositiva, stante l’estinzione della società, veniva azionata, ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 ed ex art. 2495 cod. civ., nei confronti dei soci NOME COGNOME e NOME COGNOME e del socio ed ex amministratore NOME COGNOME.
L’accertamento traeva origine dai controlli effettuati a carico di una società terza (la RAGIONE_SOCIALE, destinataria di altro avviso di accertamento, non impugnato -a seguito dei quali l’Ufficio aveva contestato a quest’ultima di aver operato come cartiera dal 2006 al 2007, interponendosi nel commercio degli autoveicoli tra operatori comunitari e rivenditori italiani, tra i quali la RAGIONE_SOCIALE
Avverso l’atto impositivo loro notificato NOME COGNOME e NOME COGNOMEed anche il terzo socio NOME COGNOMEproponevano ricorso dinanzi alla CTP di Genova, la quale lo rigettava.
Contro tale sentenza i soci proponevano separati appelli.
La CTR, con la sentenza in epigrafe, previa riunione, rigettava i Gravami, confermando la sentenza di primo grado.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i
soli COGNOME NOME e COGNOME NOME. L’ Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
I contribuenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i contribuenti denunciano , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992, dell’ art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’ art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’ art. 111 Cost.
I ricorrenti assumono che la sentenza è nulla in quanto priva di qualsivoglia autonomo iter logico-argomentativo, atteso che la sola affermazione di condivisione delle conclusioni rassegnate dal giudice di primo grado non integra gli estremi della motivazione (sia pure per relationem ), quale requisito imprescindibile della sentenza. Osservano che la CTR, dopo aver genericamente affermato di aver valutato l’intera vicenda e tutti gli elementi già considerati dalla CTP, si limita ad affermare di «concordare con le conclusioni a cui è pervenuta la CTP, il cui operato evidenzia un approfondito e puntuale esame dell’intera vicenda e delle prove e argomentazioni addotte, iter ripercorso con conclusioni condivisibili».
Con il secondo motivo i contribuenti denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato).
Assumono che la sentenza rinvia genericamente alle conclusioni rassegnate dal giudice di primo grado, nell’assenza di qualsivoglia individuazione delle specifiche censure sollevate dagli appellanti, sicché è censurabile sotto il profilo della omessa pronuncia, posto che -in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ. -omette, completamente, di pronunciarsi in ordine a tutte le domande sottoposte al suo esame, vanificando il secondo grado di giudizio.
Da ultimo i contribuenti, nella denegata ipotesi di conferma della sentenza impugnata, chiedono comunque il rinvio al giudice di secondo
grado per nuova liquidazione delle sanzioni dovute, alla luce dello ius superveniens di cui al d.lgs n. 158 del 2015.
Preliminarmente deve rilevarsi che, pur non essendo stato evocato con il ricorso per cassazione il socio NOME COGNOME parte dei giudizi di merito, non sussistono i presupposti per l’integrazione del contraddittorio.
4.1. Le Sezioni Unite, se pure con riferimento al rapporto tra primo grado ed appello, hanno affermato che il disposto dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, scindibili e dipendenti, delineata dalle regole del processo civile, cosicché, in base agli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all’appello sia venuto meno (Cass. Sez. U. 30/04/2024, n. 11676). Tale principio è applicabile anche nel giudizio di cassazione.
4.2. Nella fattispecie in esame, le cause che vedono come parte ciascuno dei tre soci devono ritenersi scindibili in quanto l’azione esercitata contro più soggetti solidalmente responsabili inserisce in un unico giudizio più cause scindibili e indipendenti (tra le più recenti Cass. n. 5200 del 2025).
Va evidenziato, in proposito, che gli avvisi di accertamento sono stati emessi ex art. 2495 cod. civ. ed ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973. Si è, pertanto, in presenza di fattispecie diversa da quella che si verifica a seguito della cancellazione ed estinzione della società in corso di causa ove si determina un fenomeno, di tipo successorio, in forza del quale i soci successori della società subentrano, altresì, nella legittimazione processuale facente capo all’ente -la cui estinzione è in parte equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ. -in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovverosia a prescindere dalla scindibilità o meno del
rapporto sostanziale (cfr. Cass. Sez. U. 12/02/2025 n. 3625 che richiama Cass. Sez. U. 12/03/2013, nn. 6070-6071-6072)
In particolare, le Sezioni Unite hanno chiarito che nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, di cui all’art. 2495 cod. civ., integra, oltre alla misura massima dell’esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell’azione attinente all’interesse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi; questo presupposto, se contestato, deve essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci, ex artt. 36, comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973 e 60 d.P.R. n. 600 del 1973, di apposito avviso di accertamento, la responsabilità in questione; resta fermo che l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie; la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci, ex art. 36 comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973, non può, invece, avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand’anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell’estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa. (Cass. Sez. U. n. 3625 del 2025, cit.)
Il primo motivo è fondato, restando assorbito il secondo.
5.1. Per orientamento consolidato di questa Corte, gli estremi della nullità processuale della sentenza per motivazione mancante o apparente sono integrati nell’ipotesi di assenza della motivazione, quando cioè non sia possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione, ovvero nel caso di motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado (cfr., per tutte, Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
Anche con specifico riferimento al processo tributario si è precisato che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata, mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’info ndatezza dei motivi di gravame» (Cass. 05/10/2018, n. 24452; conf. ex multis 08/07/2021, n. 19417; 11/11/2020, n. 25325; 14/02/2020, n. 3819; 25/10/2018, n. 27112; 05/11/2018, n. 28139, la quale ha stabilito che: «La sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di
entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame»).
5.2. La CTR, dopo aver riportato nella parte espositiva il contenuto della sentenza di primo grado, ha rigettato l’appello dei contribuenti rendendo la seguente motivazione: « v alutata l’intera vicenda , le argomentazioni dell’ufficio e quanto sostenuto dalle parti senza elementi probatori validi, esamina attentamente tutti gli elementi già considerati dalla commissione tributaria provinciale ci rca l’operato di soci, non smentito con prove valide, concordando con le conclusioni a cui è pervenuta la commissione tributaria Provinciale il cui operato evidenzia un approfondito e puntuale esame dell’intera vicenda e delle prove e argomentazioni addotte, iter ripercorso con conclusioni condivisibili ».
La CTR si è, pertanto, limitata ad aderire acriticamente alla decisione di primo grado, senza farsi carico di esaminare le singole censure che i contribuenti avevano sollevato nell’atto di appello.
Per altro, nel condividere la motivazione della sentenza di primo grado, la CTR ha fatto riferimento a quanto ivi motivato con riferimento all’operato dei soci . Gli appellanti, tuttavia, avevano contestato l’accertamento anche per profili ulteriori e logicamente preliminari rispetto alla propria responsabilità, quali l’inopponibilità dell’accertamento eseguito nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, il vizio di moti vazione dell’accertamento emesso ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 603 del 1973, l’inesistenza degl i illeciti contestati alla società da loro partecipata.
Il secondo motivo resta, di conseguenza, assorbito in quanto con il medesimo si prospetta un’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, ma sempre in relazione alla motivazione resa per relationem.
In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, mentre resta assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, che renderà congrua motivazione e si pronuncerà anche sulla sussistenza delle condizioni di applicabilità dello ius superveniens invocato dai ricorrenti sulle sanzioni e sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.