Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24893 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24893 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/09/2025
COMUNICAZIONE PREVENTIVA DI ISCRIZIONE IPOTECARIA -IRPEF-IVA 2005.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24749/2020 R.G. proposto da: NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore;
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, entrambe domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale sono rappresentate e difese ex lege ;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5444/2019, depositata il 30 dicembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
L ‘Agente per la riscossione notificava a NOME NOME COGNOME comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria n. 068-76-2014-00003121-000, emessa sulla base di pregressi avvisi di accertamento sottostanti n. T9D012I06663/2011 e n. T9D012I06677/2011, con i quali l’Amministrazione finanziaria, a seguito di p.v.c. redatto in data 14 ottobre 2010 per gli anni dal 2005 al 2008, aveva accertato un maggior reddito imponibile, in capo all’Italiano, per gli anni 2007 e 2008, nonché sulla base della cartella di pagamento n. 068-20130132797322-000.
Avverso tale comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria Italiano NOME COGNOME proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenza n. 5667/2015, depositata il 23 giugno 2015, lo accoglieva, annullando gli atti impugnati e compensando le spese di lite.
Interposto gravame dalla RAGIONE_SOCIALE (ora Agenzia delle Entrate -Riscossione), ed appello incidentale dall’Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 1531/2017, pronunciata il 13 febbraio 2017 e depositata in segreteria il 5 aprile 2017, rigettava entrambi le impugnazioni, condannando le appellanti alla rifusione delle spese di lite.
Italiano NOME COGNOME proponeva quindi ricorso ex art. 70 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per l’ottemperanza della
sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 1531/2017 depositata il 5 aprile 2017, chiedendo che fosse disposto l’annullamento anche degli avvisi di accertamento n. T9D012I06663/2011 (relativo all’anno d’imposta 2007) e n. T9D012I06677/2011 (relativo all’anno d’imposta 2008).
La C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 5444/2019, pronunciata il 4 novembre 2019 e depositata in segreteria il 30 dicembre 2019, rigettava il ricorso per ottemperanza, condannando il ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio.
Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione Italiano NOME COGNOME sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 5-6 ottobre 2020).
Resistono con controricorso L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Con decreto presidenziale del 18 febbraio 2025 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso Italiano NOME COGNOME eccepisce la nullità della sentenza impugnata per motivazione contraddittoria, in violazione dell’art. 36, comma 2, num. 4), del d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 132, num. 4), c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Deduce, in particolare, il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata fosse gravemente contraddittoria, tale da non far comprendere il relativo percorso logico-giuridico, in quanto, da un lato, sosteneva che gli avvisi di accertamento
esecutivi a fondamento della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria fossero stati oggetto di sgravio, salvo poi sostenere che gli avvisi di accertamento in questione non erano stati annullati.
Il ricorso è infondato.
2.1. Appare opportuno ripercorrere la lunga vicenda processuale intercorsa tra le parti.
A seguito di verifica fiscale l’Agenzia delle Entrate emetteva avvisi di accertamento di maggiori redditi imponibili nei confronti di NOME NOME COGNOME per gli anni dal 2005 al 2008.
Avverso gli avvisi di accertamento T9D012I06663/2011 (relativo all’anno d’imposta 2007) e n. T9D012I06677/2011 (relativo all’anno d’imposta 2008) il contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenze nn. 277/26/2013 e 298/26/2013, li rigettava.
Avverso tali sentenze l’Italiano proponeva distinti atti di appello dinanzi alla C.T.R. della Lombardia la quale, previa riunione dei giudizi, con sentenza n. 4179/11/2014, passata in giudicato, rideterminava le pretese dell’Ufficio nella misura del 44% del maggior reddito accertato per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008, in conformità a quanto già deciso per l’anno 2005.
A seguito di tali sentenze, l’Ufficio procedeva ad emettere provvedimenti di sgravio parziale per gli anni in questione.
A questo punto l’Agente per la riscossione notificava all’Italiano comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, che veniva impugnata dal contribuente, il quale eccepiva la
violazione dell’art. 1, commi 537 ss., della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
La C.T.P. di Milano adìta, con sentenza n. 5667/2015, depositata il 23 giugno 2015, annullava gli atti impugnati, rilevano la mancata risposta dell’Agenzia delle Entrate alle istanze di annullamento proposte dal contribuente, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 540, l. n. 228/2012.
Interposto gravame sia dall’Agente per la riscossione che dall’Agenzia delle Entrate , la C.T.R. della Lombardia, con sentenza n. 1531/2017, depositata il 5 aprile 2017, rigettava entrambi gli appelli, condannando entrambi gli Uffici alla rifusione delle spese di lite.
A questo punto il contribuente NOME NOME COGNOME proponeva ricorso per ottemperanza ex art. 70 d.lgs. n. 546/1992, relativamente a quanto statuito dalla C.T.R. della Lombardia con la sentenza n. 1531/2017, chiedendo che, in esecuzione di tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate procedesse all’annullamento degli avvisi di accertamento n. T9D012I06663 (relativo ad IRPEF ed IVA 2007) e n. T9D012I06677 (relativo ad IRPEF ed IVA 2008); tale ricorso era motivato sul fatto che le pretese relative a tali accertamenti erano presenti sugli estratti di ruolo ritirati dal contribuente presso il concessionario della riscossione in data 18 febbraio 2019.
La C.T.R. della Lombardia, adìta in sede di ottemperanza, con la sentenza odiernamente impugnata rigettava il ricorso.
2.2. Ora, con l’unico motivo di ricorso, come si è detto, il contribuente eccepisce la nullità della sentenza per vizio di motivazione.
Come è noto, il sindacato di legittimità sulla motivazione è circoscritto alla verifica del rispetto del c.d. minimo costituzionale, nel senso che l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce – con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di sufficienza – nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile. Infatti, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, num. 5), c.p.c. (ad opera dell’articolo 54 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2012, n. 134), non è più consentito censurare in sede di legittimità la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione, essendo evidente che ammettere, in sede di legittimità, la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito (da ultimo, Cass. 28 aprile 2023, n. 11263; Cass. 7 aprile 2023, n. 9543).
A tal proposito, la violazione del principio del c.d. minimo costituzionale è individuabile nei soli casi – che si tramutano in vizio di nullità della sentenza per difetto del requisito di cui all’articolo 132, comma 2, num. 4) c.p.c., e, nel processo t ributario, all’art. 36, comma 2, num. 4), d.lgs. n. 546/1992 –
di «mancanza assoluta di motivi sotto il profilo materiale e grafico», di «motivazione apparente», di «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili» e di «motivazione perplessa od incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza della mera «insufficienza» o «contraddittorietà» della motivazione (Cass. 18 agosto 2023, n. 24808).
Nel caso di specie, tale minimo costituzionale appare comunque raggiunto, in quanto la Corte territoriale ha, sia pur sinteticamente, spiegato che la stessa C.T.R., con la sentenza n. 1531/2017, aveva sì annullato le partite di ruolo ex art. 1, comma 540, l. n. 228/2012, per mancata risposta dell’Ente impositore nel termine di 220 gg. ivi previsto, ma non aveva anche annullato gli avvisi di accertamento n. T9D012I06663 (relativo ad IRPEF ed IVA 2007) e n. T9D012I06677 (relativo ad IRPEF ed IVA 2008).
Tale spiegazione, peraltro, appare pienamente logica, in quanto l’impugnazione di detti avvisi non costituiva l’oggetto del giudizio definito con la sentenza n. 1531/2017, che riguardava soltanto l’impugnazione della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, e non anche i suddetti avvisi di accertamento, sui quali si era formato il giudicato con la sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 4179/2014, che aveva rideterminato la pretesa tributaria nella misura del 44% del maggior imponibile accertato.
D’altronde, la C.T.R. non avrebbe potuto procedere all’annullamento degli avvisi di accertamento in questione, posto che tale procedura riguarda gli atti della riscossione, e non gli avvisi di accertamento definitivi.
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna Italiano NOME COGNOME alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente , impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater d.PR. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.