Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24608 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24608 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9335/2020 R.G. proposto da : COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO -controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. Liguria n. 997/2019 depositata il 13/08/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Viste le conclusioni del Procuratore Generale;
FATTI DI CAUSA
La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha rigettato l’appello dei contribuenti con la conferma della decisione di primo grado (che aveva respinto il ricorso avverso la rettifica della classazione catastale UIU dopo una procedura DOCFA);
ricorrono per cassazione i contribuenti con sette motivi, integrati da successiva memoria;
resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate che chiede il rigetto del ricorso;
la Procura Generale della Corte di Cassazione, sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha depositato conclusioni per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e deve rigettarsi, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese con raddoppio del contributo unificato.
Con il ricorso i contribuenti prospettano la violazione dell’art. 7, l. 212 del 2000 e l’art. 3, l. 241 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto motivato l’avviso di accertamento (primo motivo); con i restanti motivi prospettano violazione di legge, omessa pronuncia e inesistenza della motivazione della decisione impugnata.
I motivi si analizzano congiuntamente per la loro connessione. Gli stessi richiedono alla Corte di legittimità una non consentita rivalutazione dei fatti.
La sentenza impugnata ritiene motivato l’avviso di accertamento in quanto lo stesso contiene i dati salienti per la classificazione in relazione alle ‘caratteristiche intrinseche ed estrinseche della stessa unità immobiliare’ .
L’immobile era già accatastato in A/1 e, dopo una modifica (diversa distribuzione degli spazi), i contribuenti presentavano una DOCFA per categoria A/2, classe 4. La classazione per l’Agenzia delle entrate, con l’avviso di accertamento in oggetto, invece, risulterebbe per la categoria A/1, classe 4, vani 8,5.
La Corte Suprema di Cassazione ha già deciso la relativa questione con orientamento ormai consolidato (dopo una iniziale fase di incertezza) che deve confermarsi, la diversa distribuzione degli spazi non necessita di specifica motivazione come per la diversa consistenza dei vani: «In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso, in caso di rideterminazione del numero dei vani catastali, non è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, atteso che in tal caso l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita deriva non già da un diversa valutazione tecnica dei medesimi elementi di fatto ma dal mutamento e, quindi, dalla diversa considerazione di quel tipico ed essenziale elemento di fatto costituito dalla consistenza e dal numero dei vani assunto quale parametro in grado, anche da solo, di legittimare la variazione di classe e rendita in cui si concreta il riclassamento» (Cass. Sez. 5, 10/05/2021, n. 12278, Rv. 661200 -01; vedi anche Cass. Sez. 5, 26/06/2024, n. 17624, Rv. 671616 -01; in precedenza in maniera difforme vedi Cass. Sez. 5, 09/02/2021, n. 3104, Rv. 660644 – 01).
La diversa distribuzione degli spazi interni, senza rideterminazione dei vani, non necessita di specifica motivazione dell’avviso di accertamento; nell’ipotesi di DOCFA, l’avviso di accertamento deve ritenersi, infatti, motivato con la sola indicazione dei dati oggettivi e della classe: «In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza
tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso» (Cass. Sez. 5, 19/11/2024, n. 29754, Rv. 673082 – 01).
L’avviso di accertamento (puntualmente trascritto nel ricorso per cassazione) ritiene di confermare la Classe A/1, in quanto la diversa distribuzione degli spazi non ha determinato modifiche essenziali.
3. Inoltre, relativamente alla prospettata illegittimità dell’avviso per motivazione assente, per l’omessa indicazione degli immobili eventualmente assunti in comparazione, e al mancato raffronto con immobili simili, deve evidenziarsi che l’avviso riporta i precedenti dati di classamento e rendita (situazione catastale presente in atti antecedenti la dichiarazione del 4 aprile 2014), Zona censuaria 1, Categoria A/1, Classe 4, consistenza 8,5 vani.
Come sopra evidenziato l’accertamento, pertanto, deve ritenersi motivato, in relazione alla fattispecie concreta.
Con la Docfa, infatti, senza modifica della consistenza dei vani, o di altri elementi rilevanti, si proponeva la Categoria A/2, classe 4, vani 8,5.
Con l’avviso l’amministrazione prendeva atto della Docfa e ristabiliva, semplicemente, la precedente classificazione (Categoria A/1, Classe 4, consistenza 8,5 vani).
Gli elementi di fatto, indicati dal contribuente, nella Docfa, non erano, quindi, disattesi dall’ufficio, ma semplicemente si attribuiva un valore (peraltro identico alla precedente classe attribuita all’immobile) diverso; conseguentemente non era necessar ia
specifica motivazione o confronto con immobili simili, come costantemente ritenuto da questa Corte di legittimità: «In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso» (Cass. Sez. 5, 19/11/2024, n. 29754, Rv. 673082 -01; vedi anche Cass. Sez. 6, 07/12/2018, n. 31809, Rv. 652165 -01 e Cass. Sez. 5, 24/04/2015, n. 8344, Rv. 635573 – 01).
4. Manifestamente infondati, quindi, il quarto motivo (omessa pronuncia sull’incongruità del classamento in relazione a d immobili simili) e il settimo motivo (inesistenza della motivazione della decisione impugnata); nessuna omessa pronuncia e nessuna apparenza della motivazione sussistono, in quanto la decisione affronta tutti i problemi della controversia e motiva adeguatamente sulla legittimità dell’avviso , in considerazione di dati di fatto (superficie e caratteristiche dell’immobile, desunti dalla ste ssa DOCFA) qui non rivedibili.
In tema di motivazione meramente apparente della sentenza, del resto, questa Corte ha più volte affermato che il vizio ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (Cost. art. 111, sesto comma), e cioè dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. (in materia di processo civile ordinario) e dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546
del 1992 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta: «In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni in concilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 – 01); in tale grave forma di vizio non incorre certamente la sentenza impugnata, laddove i giudici di appello, statuendo sui motivi di gravame, hanno evidenziato la legittimità dell’accertamento in relazione alle contingenti caratteristiche dell’immobile.
Non sussiste, quindi, nessun vizio radicale della motivazione della sentenza, impugnata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025 .