Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7617 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7617 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9095/2020 R.G. proposto da : COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
COGNOME (SVTMRC71A16D969Z)
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE GENOVA, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, GENOVA n. 918/2019 depositata il 25/07/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha notificato alla ricorrente un avviso di accertamento attraverso il quale veniva rettificato il classamento di abitazione di sua proprietà, sita nel Comune di Genova, dalla categoria A/2 in A/1, a seguito di classamento operato dalla ricorrente con procedura DOCFA.
E’ stato proposto ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale è stato rigettato il ricorso con sentenza n. 716/2/2018, argomentando che la motivazione era sufficiente e che l’abitazione, in considerazione delle sue concrete caratteristiche tecnico-strutturali, rientrasse nel tipo signorile.
La ricorrente ha indi proposto appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale per la Liguria, la quale ha rigettato il gravame, ritenendo che l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento viene adempiuto con la semplice indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, in quanto la stima è conosciuta dal contribuente nel contesto del procedimento DOCFA e che la contribuente aveva potuto esercitare pienamente il suo diritto di difesa, evidenziando altresì come l’Ufficio si fosse limitato a ripristinare il classamento preesistente, mentre era onere della contribuente stessa provare la perdita delle caratteristiche che giustificano la categoria A/1. Ha inoltre sottolineato che non è obbligatorio effettuare un sopralluogo per l’accertamento catastale, potendo l’amministrazione basarsi sulle sole risultanze documentali, le cui evidenze avevano rettamente condotto all’attribuzione della categoria A/1 all’immobile, perché giustificata da elementi oggettivi che evidenziano differenze rispetto ad immobili di categoria A/2.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.3, la violazione o falsa applicazione della legge n. 212/2000 art. 7 e dell’art. 3, l. n. 241/90, nonché degli artt. 3 e 24 Cost.: la CTR ha errato nel non ritenere che l’Ufficio avrebbe dovuto esplicitare le ragioni del diniego della richiesta di classamento in A/2, indicando in modo specifico le caratteristiche dell’immobile e dell’edificio che giustificassero la categoria A/1, soprattutto considerando la presenza di altri appartamenti nello stesso edificio con diversa categoria catastale, atteso che la ricorrente aveva avviato una procedura DOCFA per la revisione della categoria catastale da A/1 a A/2, motivando la richiesta con una diversa distribuzione degli spazi interni ed allegando una relazione tecnica con comparazione con altri civici, mentre l’Agenzia delle Entrate non avrebbe tenuto conto dei fatti allegati.
1.1. Il motivo deve ritenersi infondato sulla base della valutazione resa dalla Corte di giustizia d i II° e dell’orientamento già espresso da questa Corte in tema di motivazione dell’avviso che segue a comunicazione DOCFA, in base al quale in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito di tale procedura, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita; mentre, ove vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (Cass. 19/11/2024, n. 29754 (Rv. 673082 – 01))
1.2. La censura è dunque infondata.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c. , comma 1, n.4, la esistenza di motivazione apparente in ordine alla concreta ricorrenza, nel caso di specie, degli elementi identificativi della categoria catastale A/1, con conseguente nullità della sentenza gravata.
2.1. Ancorché la motivazione non sia particolarmente estesa, deve ritenersi che la stessa integri gli estremi del c.d. minimo costituzionale , considerata anche l’evidenza, in essa, del recepimento tanto degli accertamenti svolti dall’Ufficio del territorio, quanto della sentenza di primo grado.
2.2. Come già chiarito da questa Corte, in tema di estimo catastale, in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, la qualificazione di un’abitazione come “signorile”, “civile” o “popolare” corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal d.m. 2 agosto 1969, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la qualificazione in termini “di lusso”, ai sensi del citato d.m., risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali (Cass. 02/02/2021,n. 2250 (Rv. 660480 – 01)).
2.3. La valutazione offerta dalla Corte di gravame è, rispetto a tale parametro, in linea con i requisiti richiesti per osservare il principio dell’obbligo di motivazione.
2.4. Se ne deve dunque concludere per l’infondatezza della doglianza.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta -con riferimento all’art. 360 c.p.c. comma 1 n. 3 la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. . La CTR avrebbe illegittimamente invertito l’onere della prova, addossando alla contribuente l’obbligo di dimostrare
l’infondatezza della pretesa fiscale, mentre, sempre secondo la ricorrente, sarebbe stato compito dell’Amministrazione finanziaria dimostrare la fondatezza della propria pretesa
3.1. Anche il terzo motivo si palesa infondato.
3.2. Non può invero ritenersi che vi sia stata inversione dell’onere probatorio. Nella fattispecie, del resto, si deve tenere conto del fatto che si è trattato non di una nuova attribuzione della rendita, ma del ripristino di una precedente classificazione (A1) già originariamente attribuita.
In questa prospettiva, l’amministrazione si è limitata a d operare una semplice qualificazione del criterio della ‘signorilità’ del bene, precedentemente attribuito, alla luce del riscontro delle caratteristiche aventi carattere permanente, trattandosi di fabbricato ubicato in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati residenziali, che dovevano essere contraddette dal contribuente e non, invece, dall’amministrazione erariale. Si è dunque trattato di un convincimento di raggiungimento della prova da parte dell’Amministraz ione, e non di un sovvertimento della regola legale sull a distribuzione dell’ onere dimostrativo.
3.3. La censura non merita dunque accoglimento.
Alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3500,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art . 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, in data 11/03/2025.