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Motivazione cartella: quando basta il rinvio all’atto

Una società ha impugnato una cartella di pagamento per omesso versamento di rate derivanti da un accertamento con adesione, lamentandone la carenza di motivazione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24715/2025, ha stabilito un principio fondamentale: la motivazione della cartella di pagamento in questi casi è sufficiente se rinvia all’atto di adesione. Poiché il contribuente è già a conoscenza dei presupposti della pretesa fiscale, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata, essendo sufficiente il mero richiamo all’accordo precedentemente sottoscritto.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione cartella di pagamento: basta il richiamo all’atto di adesione

L’obbligo di motivazione degli atti tributari è un pilastro fondamentale a garanzia del diritto di difesa del contribuente. Tuttavia, la sua estensione può variare a seconda della natura dell’atto e del contesto in cui si inserisce. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sulla motivazione della cartella di pagamento emessa a seguito del mancato versamento di rate concordate in un accertamento con adesione, stabilendo che in tali casi un semplice richiamo all’atto originario è sufficiente.

I fatti del caso

Una società in liquidazione riceveva una cartella di pagamento per l’omesso versamento di alcune rate relative a Irap, Iva, sanzioni e accessori per l’anno 2009. Il debito era scaturito dalla sottoscrizione di un atto di accertamento con adesione, con cui la società si era impegnata a versare il dovuto in forma rateale.
La società impugnava la cartella, lamentando, tra le altre cose, l’incomprensibilità e la carenza di motivazione di una specifica voce di debito di oltre 142.000 euro.

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso per un errore di calcolo, ma rigettava espressamente le eccezioni sulla nullità della notifica e sul difetto di motivazione. In appello, la Commissione Tributaria Regionale, pur correggendo l’errore di calcolo a favore dell’Ufficio, annullava la pretesa relativa ai 142.000 euro proprio per un asserito difetto di motivazione, in quanto la cartella non esplicitava il collegamento tra quella somma e la sanzione originaria.
L’Amministrazione Finanziaria ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che la CTR avesse errato sia nel merito, sia per aver deciso su una questione (la motivazione) che doveva ritenersi coperta da giudicato interno, non essendo stata oggetto di un apposito appello incidentale da parte della società.

La decisione della Corte e la questione della motivazione della cartella di pagamento

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza d’appello e stabilendo due importanti principi, uno di carattere processuale e l’altro sostanziale.

La riproposizione dell’eccezione in appello

In primo luogo, la Corte ha chiarito che l’eccezione sul difetto di motivazione, sebbene respinta in primo grado, era stata legittimamente riesaminata in appello. Secondo i giudici, la società contribuente, pur non avendo formalizzato un appello incidentale, aveva specificamente riproposto la questione nelle proprie controdeduzioni, contestando le argomentazioni dell’Ufficio. Questo, secondo un orientamento consolidato e ispirato al principio di idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo, è sufficiente nel processo tributario per devolvere la questione al giudice d’appello. Pertanto, nessun giudicato interno si era formato e la CTR non era incorsa in un vizio di extrapetizione.

La sufficienza del richiamo all’atto di adesione

Sul punto cruciale della controversia, la Cassazione ha ribaltato la decisione di merito della CTR. Ha affermato che la cartella di pagamento emessa per il mancato versamento di rate derivanti da un accertamento con adesione non richiede una motivazione specifica e dettagliata. L’obbligo di motivazione, infatti, ha lo scopo di mettere il contribuente in condizione di conoscere la pretesa e di difendersi.

Le motivazioni della decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla logica che, avendo il contribuente sottoscritto un atto di adesione, egli è già pienamente consapevole dei presupposti di fatto e di diritto che hanno originato la pretesa fiscale. L’accordo definisce in modo chiaro l’imposta dovuta, le sanzioni e gli interessi. Di conseguenza, la successiva cartella, che si limita a richiedere il pagamento delle rate insolute di quel debito già concordato, assolve il suo onere motivazionale attraverso il semplice richiamo all’atto di adesione presupposto.
La Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: «La cartella di pagamento che faccia seguito all’omesso versamento di una o più rate in relazione alla sottoscrizione di un atto di accertamento con adesione non necessita di una specifica motivazione atteso che il contribuente già si trova nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere motivazionale può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo all’atto di adesione».

Conclusioni: le implicazioni pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di semplificazione e di efficienza dell’azione amministrativa, senza sacrificare il diritto di difesa del contribuente. Per i contribuenti, significa che non è possibile contestare una cartella per difetto di motivazione quando questa si riferisce a un debito già conosciuto e accettato tramite un accordo con il Fisco. L’attenzione, in questi casi, deve spostarsi dalla forma dell’atto alla sostanza del debito, verificando la correttezza dei calcoli e l’effettivo mancato pagamento. Per l’Amministrazione Finanziaria, la sentenza conferma la legittimità di atti più snelli in contesti in cui il contraddittorio si è già pienamente svolto nella fase dell’accertamento con adesione.

Una cartella di pagamento emessa per rate non pagate di un accertamento con adesione necessita di una motivazione dettagliata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, in questo caso non è necessaria una specifica motivazione, poiché il contribuente è già a conoscenza dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa fiscale avendo sottoscritto l’atto di adesione. È sufficiente il mero richiamo a tale atto.

Se una mia eccezione viene respinta in primo grado ma vinco la causa per altri motivi, come posso farla riesaminare in appello?
Sebbene la via maestra sia l’appello incidentale, la Corte ammette che, nel processo tributario, la mera riproposizione specifica e argomentata dell’eccezione nelle controdeduzioni all’appello della controparte è sufficiente a devolverne l’esame al giudice di secondo grado, evitando la formazione del giudicato interno.

Quando l’obbligo di motivazione di un atto fiscale può considerarsi assolto?
L’obbligo si considera assolto quando l’atto mette il contribuente nella condizione di comprendere pienamente l’an (il perché) e il quantum (l’importo) della pretesa fiscale, consentendogli di difendersi adeguatamente. La valutazione va fatta in concreto, e in casi come quello esaminato, dove la pretesa deriva da un atto già noto al contribuente, la motivazione può essere più sintetica (per relationem).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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