Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24715 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
Oggetto: Tributi
Motivazione della cartella di pagamento scaturente dall’omesso versamento di rate in relazione alla sottoscrizione di atto di accertamento con adesione- specifica motivazione- esclusione
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 28339 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in persona del liquidatore pro tempore ;
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 1075/04/2017, depositata in data 28 aprile 2017.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Toscana aveva accolto parzialmente l’appello proposto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, e di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 258/03/2014 della Commissione Tributaria Provinciale di Lucca che aveva accolto il ricorso proposto avverso cartella di pagamento notificata alla società da RAGIONE_SOCIALE con la quale veniva richiesto l’importo complessivo di euro 768.542,28 a titolo di Irap, Iva, sanzioni e accessori, relativo al 2009, per omesso versamento delle rate successive alla quarta per rateizzazione concessa a seguito di atto di adesione.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR – riformando la sentenza di primo grado che, rigettando espressamente le eccezioni relative ai vizi di notifica e di motivazione, aveva accolto il ricorso della società contribuente per un errore di calcolo effettuato dall’Agenzia nella formazione del ruolo -ha ritenuto la legittimità della cartella impugnata stante la rilevata correttezza dei conteggi effettuati dall’Ufficio nella formazione del ruolo ad eccezione della voce riportata
al cod. trib. 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ di euro 142 .014 attesa la riscontrata ‘ incongruenza ‘ dell’iscrizione a ruolo per tale importo riportante il cod. 0161 ‘dal quale non si rilevava il riferimento all’originaria sanzione relativa ai tributi erariali’ e d unque il riferimentocome, invece, eccepito dall’Ufficio nell’atto di appello -all’originaria sanzione risultante dall’accertamento con adesione di euro 213 .021 ridotta dell’importo delle quattro rate pagate.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE
1.Preliminarmente è irrilevante la mancata notifica del ricorso per cassazione anche nei confronti di Agenzia delle entrate- riscossione subentrata ex lege, far data dal 1° luglio 2017, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia (nella specie, era parte del giudizio di appello, l’Agente della Riscossione FirenzeRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) in quanto in caso di vizi che non siano propri della cartella, come nel caso di specie, non sussiste litisconsorzio necessario “sostanziale” tra l’Amministrazione finanziaria ed il concessionario alla riscossione, né dal lato passivo, spettando la relativa legittimazione all’ente titolare del credito tributario con onere del concessionario, ove destinatario dell’impugnazione, di chiamare in giudizio il primo se non voglia rispondere delle conseguenze della lite, né da quello attivo, dovendosi, peraltro, riconoscere ad entrambi il diritto all’impugnazione nei diversi gradi del processo tributario (Cass., 3 aprile 2019, n. 9250; Cass., 4 aprile 2010, n. 8295; Cass., n. 9216/2018; Cass. n. 14125/2016; Cass. n. 22729/2016); peraltro, l’obbligatorietà dell’integrazione del contraddittorio nella fase dell’impugnazione, sorge solo avuto riguardo al carattere inscindibile delle cause o alla loro dipendenza ai sensi degli
artt. 331 e 332 c.p.c., mentre, al di fuori di tali distinzioni, nessun rilievo specifico assume di per sé il riferimento al litisconsorzio necessario processuale (con riferimento al grado di appello, v. Cass. sez. 5, n. 8331 del 2020; Cass. n. 20031 del 2021; Cass. sez. 6-5, 19217-2022; v. da ultimo in questo senso anche SU n. 11676 del 2024).
2 .Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 c.p.c., 54 e 56 del d.lgs. n. 546/92e 324 c.p.c. per avere la CTR annullato l’iscrizione a ruolo dell’importo di euro 142 .014 riportante il codice tributo 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ dal quale non si rilevava quale titolo del pagamento il riferimento all’originaria sanzione relativa ai tributi erariali (di euro 213,021 ridotta dell’importo delle quattro rate versate); in particolare, il giudice di appello avrebbe annullato il detto importo – pur ritenendolo dovuto e correttamente determinato – per la sola ragione di un asserito difetto di motivazione sul punto della cartella; con ciò, incorrendo nel vizio di extrapetizione, avendo la CTP rigettato espressamente la censura, di ordine preliminare, della contribuente circa l’insufficienza motivazionale della cartella – e, in particolare, circa l’inadeguatezza della indicazione del cod. trib. 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ a rappresentare il titolo di pagamento dell’importo di euro 142 .014 – accogliendo il ricorso nel merito per la riscontrata erroneità dei conteggi da parte dell’Ufficio e non avendo la contribuente impugnato, con appello incidentale, il capo ad essa sfavorevole, essendosi limitata a chiedere la conferma della sentenza di primo grado. La ricorrente evidenzia come essendovi stato un rigetto espresso da parte della CTP della doglianza, di ordine preliminare, volta a lamentare l’incomprensibilità della motivazione della cartella quanto alla richiesta dell’importo di euro 142 .014, la stessa questione non poteva essere meramente riproposta ex art. 56
del d.PR n. 546/92 dovendo essere oggetto di apposito motivo di appello incidentale con conseguente formazione -in mancanza- del giudicato interno sul punto ed illegittimità della pronuncia perché affetta da vizio da extrapetizione.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2.Il vizio di ultrapetizione o extrapetizione, ricorre quando il giudice del merito, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri gli elementi obiettivi dell’azione («petitum» e «causa petendi») e, sostituendo i fatti costitutivi della pretesa, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto («petitum» immediato), ovvero attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso («petitum» mediato) (Cass., 21 marzo 2019, n. 8048; Cass., 11 aprile 2018, n. 9002; Cass. sez. 5, n. 771 del 2024). Il vizio di extrapetizione ricorre «quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, in dipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge» (Cass., 5 agosto 2019, n. 20932; Cass. sez. 1, n. 25840 del 2021; Sez. 5, Ordinanza n. 9684 del 2025).
2.3.Nella specie, dalla sentenza impugnata e dagli atti allegati al ricorso (ricorso originario, sentenza della CTP di Lucca e controdeduzioni in appello della contribuente) si evince che: 1)
RAGIONE_SOCIALE aveva notificato a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione cartella di pagamento con la quale era stato iscritto a ruolo l’importo di euro 768.548,16 a titolo di Irap, Iva, sanzioni e accessori, per l’anno 2009, a seguito dell’omesso versamento delle rate successive alla quarta per la rateizzazione concessa a seguito di sottoscrizione di accertamento con adesione; 2) con il ricorso originario, la contribuente -oltre a sollevare la questione di costituzionalità, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost, dell’art. 8, comma 3bis del d.lgs. n. 218/97 in considerazione delle novità introdotte con il DL n. 69/2013 – aveva eccepito, in via preliminare, vizi di notifica della cartella e l’ ‘incomprensibilità’ di quanto addebitato con la cartella con particolare riferimento all’importo di euro 142 .014 riportato nel cod. tributo 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’, nonché, nel merito, l’omessa applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni, chiedendo la declaratoria di nullità della cartella per vizio di notifica e di motivazione e, in subordine, lo sgravio parziale della stessa per mancata applicazione del cumulo giuridico; 3) la CTP di Lucca, con sentenza n. 258/03/2014 – dopo avere dichiarato manifestamente infondata la prospettata questione di costituzionalità – e rigettato espressamente le eccezioni di vizio di notifica e di motivazione della cartella (‘ i motivi.. relativi ai vizi di notifica e motivazione sono ritenuti infondati e respinti da costante giurisprudenza che il Collegio condivide’… ‘Nel ca so di specie, la Commissione non ritiene di dovere annullare la cartella per i lamentati vizi di notifica e di motivazione in quanto il contribuente, ha dimostrato di essere risalito sia pure faticosamente dai diversi codici riportati nei diversi atti alla pretesa tributaria ad essi sottostante e proprio con le argomentazioni di errato calcolo dimostra di avere ben compreso per quali imposte era la cartella e qual era l’atto ad essa presupposto ‘ v. sentenza primo grado allegata al ricorso) aveva accolto il ricorso nel merito per riscontrati errori nei
conteggi effettuati dall’Ufficio; 4) aveva proposto appello l’Ufficio deducendo la correttezza del conteggio delle somme iscritte a ruolo e, in particolare, la debenza anche dell’importo di euro 142 .014 riportato nel codice tributo 0161 a titolo di sanzione ancora dovuta (quale differenza tra l’originaria sanzione di euro 213,021 e l’importo delle quattro rate pagate); 5) aveva controdedotto la contribuente riproponendo, per quanto di interesse, la questione del difetto di motivazione della cartella con rig uardo all’importo richiesto di euro 142.014 e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado e il rigetto dell’appello dell’Ufficio .
2.4.In materia, per un verso, questa Corte ha stabilito il seguente principio di diritto: “Qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 cod. proc. civ., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 cod. proc. civ. Qualora l’eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatasi ex art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui al secondo comma dell’art. 345 cod. proc. civ. Viceversa, l’art. 346 cod. proc. civ., con l’espressione “eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado”, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia
stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione né attraverso un’enunciazione in modo espresso, né attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara ed inequivoca. Quando la mera riproposizione (che dev’essere espressa) è possibile, la sua mancanza rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di rilevazione riguardo ad essa è riservato alla parte, mentre, se il potere di rilevazione compete anche al giudice, non impedisce – ferma la preclusione del potere del convenuto – che il giudice d’appello eserciti detto potere a norma del secondo comma dell’art. 345 cod. proc. civ.” (Cass., S.U., n.11799/2017).
2.5. Questa Corte ha precisato che l’onere dell’espressa riproposizione, sancito dalla norma evocata dalla ricorrente, non riguarda, nonostante l’impiego della generica espressione “non accolte”, le domande o le eccezioni respinte in primo grado, bensì (solo) quelle su cui il giudice non abbia espressamente pronunciato (per esempio, perché ritenute assorbite). In relazione alle domande o eccezioni espressamente respinte, di contro, non è ipotizzabile un’ulteriore alternativa rispetto all’unica possibile, dell’impugnazione – in via principale o incidentale o dell’acquiescenza (totale o parziale); con relativa formazione, in questo secondo caso, di un giudicato interno preclusivo ( ex multis , Sez. 5, Sentenza n. 16477 del 05/08/2016; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 23228 del 13/11/2015; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7702 del 27/03/2013; Sez. 5, Sentenza n. 1545 del 24/01/2007).
2.6. Più recentemente, nell’ottica di una valorizzazione del principio della idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156, comma 3, c.p.c. questa Corte ha statuito che ” Nel processo tributario d’appello, come in quello civile, la devoluzione al giudice del gravame dell’eccezione di merito, respinta in primo grado, formulata dalla parte comunque vittoriosa, esige la proposizione dell’appello
incidentale, ma se la parte ripropone tale eccezione contestando la statuizione sul punto, può procedersi alla sua riqualificazione, in applicazione del principio dell’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo, tenuto anche conto che, nel contenzioso tributario, l’appello incidentale non deve essere notificato, ma è contenuto nelle controdeduzioni, depositate nel termine di costituzione dell’appellato, venendo così ad affievolirsi la distinzione tra appello incidentale, riproposizione dei motivi e difesa del resistent e’. (Sez. 3 -Ordinanza n. 24456 del 03/11/2020, Rv. 659756 -01; Sez. 5 -, Ordinanza n. 18119 del 24/06/2021; Cass. n. 2805 del 2022). Nella specie, come si evince dall’atto di controdeduzioni e costituzione in appello allegato al ricorso, la società ha riproposto specificamente la questione dell’incomprensibilità della voce ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ di euro 142.014 a rappresentare il titolo di pagamento (nella cartella ‘ è indicato anche un ulteriore importo con codice tributo 0161 di Euro 142.014,00 di cui né l’Agenzia delle Entrate, né Equitalia hanno saputo dare spiegazioni ‘) – in espressa contrapposizione alle contestazioni dell’Agenzia mosse nell’atto di appello (‘ nell’atto di appello in merito all’importo di euro 142.014,00 l’Agenzia delle entrate rimarca che la comprensione di quest’ultimo sia icto oculi evidente e che tale importo rappresenti la somma relativa alla sanzione Iva da accertamento con adesione . Peccato che ciò che l’Agenzia è a colpo d’occhio evidente non lo è certo per il contribuente; infatti mettendosi nei panni di un soggetto che riceve una cartella di pagamento come quella ricevuta dalla società … non si capisce a cosa si riferisce l’importo di euro 142.014 come lo stesso sia stato calcolato. . ‘ ) con conseguente sufficienza del contenuto di tale atto ad integrare da parte della contribuente, pur totalmente vittoriosa nel merito in primo grado, l’appello incidentale, sulla predetta questione, già rigettata dalla CTP. Per completezza va precisato che altra era la questione- accolta dalla
CTP sotto il profilo di merito dell’erroneità del calcolo – della incomprensibilità della voce ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ per euro 142. 014 in riferimento ad altra voce ‘imposta sul valore aggiunto’ per euro 370.201 per una supposta identità di voci per Iva.
2.7.Ne consegue, non essendosi formato un giudicato interno sulla questione del difetto di motivazione della cartella relativamente alla indicazione prospettata inidonea a rappresentare il titolo di pagamento del cod. trib. 0161 Iva diritti e compensi a terzi di euro 142.014 la CTR non è incorsa nel lamentato vizio di extrapetizione nel decidere sulla questa questione ritenendola fondata e annullando, conseguenzialmente, la cartella nella parte relativa alla voce riportata al cod. trib. 0161 di euro 142.014.
3. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 25 del DPR n. 602/73 per avere la CTR annullato l’iscrizione a ruolo dell’importo di euro 142. 014 riportante il codice tributo 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ per un asserito vizio di motivazione non contenendo detta dicitura alcun riferimento all’originaria sanzione ai tributi erariali; ciò senza considerare che -dovendo essere la cartella redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e motivata in relazione ai presupposti originanti l’iscrizione a ruolo nella specie, la cartella impugnata era stata emessa a seguito del mancato versamento delle rate (quinta e sesta) relative all’ accertamento con adesione per cui, trattandosi unicamente della liquidazione di quanto ancora dovuto, l’onere di motivazione poteva considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo all’atto di adesione dal quale derivava la debenza dell’importo indicato in cartella (con conseguente chiarezza dell’importo di euro 142.014 iscritto a ruolo quale differenza tra l’importo originario di euro 213.021,42
indicato nell’adesione e quello delle quattro rate già corrisposte dalla contribuente pari a complessivi euro 71.007,08).
3.1. Il motivo è fondato.
3.2.Questa Corte ha affermato che anche la cartella di pagamento, in quanto atto impositivo, deve essere motivata in relazione ai presupposti di fatto e di diritto che hanno originato la pretesa (2023/14); tuttavia, con riferimento all’obbligo di motivazione degli atti tributari, previsto tanto per l’avviso di accertamento, quanto per la cartella di pagamento (D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 12 e 25), questa Corte ha già avuto modo di precisare che la verifica dell’osservanza dell’obbligo dell’Ufficio finanziario di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del proprio atto va riscontrata non in astratto, ma alla luce delle finalità che tale obbligo è chiamato ad assolvere, ravvisabili, da un lato, nel mettere a conoscenza il contribuente dell’an e del quantum della pretesa fiscale, anche per consentirgli eventualmente di difendersi in modo adeguato, e, dall’altro, di delimitare le ragioni dell’Ufficio nella successiva ed eventuale fase contenziosa (Cass., n. 26485 del 2008; Cass. n. 27653 del 2005; Cass. n. 13094 del 2002; Sez. 5, Ordinanza n. 16853 del 2021).
3.3.E’ stato, invero, affermato che ” La cartella con cui l’Amministrazione chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, non risultando a tale fine applicabile ne’ l’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (il quale prevede siano messi a disposizione del contribuente gli atti di cui egli già non disponga), ne’ l’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (che prescrive il contenuto minimo della cartella), in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella
dichiarazione del contribuente. Spetta, eventualmente, a quest’ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, allegare e provare di avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in adempimento dell’obbligo in questione ” (Cass. n. 27140/2011, 3948/2011, n.18385/2005; Sez. 6-5, Ordinanza n. 23133 del 30/10/2014). In particolare, quando si proceda alla liquidazione dell’imposta sulla base dei dati forniti dal contribuente o rinvenibili negli archivi dell’anagrafe tributaria, si è ripetutamente affermato che il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante mero richiamo alla dichiarazione medesima (8137/12; 10033/11; 26671/09) o agli estremi del provvedimento di diniego ( Sez. 5, Ordinanza n. 16853 del 2021).
3.4. Questi principi di diritto sono applicabili anche nell’ipotesi di cartella di pagamento che faccia seguito -come nella specie all’omesso versamento delle rate (successive alla quarta) in relazione alla sottoscrizione di un atto di accertamento con adesione, già trovandosi il contribuente nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale.
3.5.Ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto: ≪ La cartella di pagamento che faccia seguito all’omesso versamento di una o più rate in relazione alla sottoscrizione di un atto di accertamento con adesione non necessita di una specifica motivazione atteso che il contribuente già si trova nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale , con l’effetto che l’onere motivazionale può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo all’atto di adesione ≫ .
3.6.Nella specie, la CTR non si è attenuta al suddetto principio di diritto nell’annullare l’iscrizione a ruolo dell’importo di euro 142 .014 riportante il codice tributo 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’ in quanto da esso non si rilevava (quale titolo del pagamento) il riferimento all’originaria sanzione relativa ai tributi erariali; ciò sebbene si trattasse di una cartella -allegata al ricorso in ossequio al principio di autosufficienzaemessa ‘ per omesso versamento di rate successive alla quarta per rateazione concessa a seguito di definizione atto di adesione… ex ar t. 8 del d.lgs. n. 218/97 Iscrizione a ruolo al netto degli importi già versati ‘ , per cui l’onere di motivazione dell’Ufficio poteva considerarsi assolto mediante mero richiamo all’atto di adesione trovandosi la contribuente già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (con riguardo a quanto ancora dovuto).
4.In conclusione, va accolto il secondo motivo, rigettato il primo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione al motivo accoltoe, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, con rigetto del ricorso originario avverso la cartella di pagamento in questione (anche per quanto ancora di interesse) relativamente alla iscrizione a ruolo dell’importo di euro 142 .014 riportante il codice tributo 0161 ‘Iva, diritti e compensi a terzi’.
5.Si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dei gradi di merito mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata- in relazione al motivo accolto- e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente nei termini di cui
in motivazione; compensa le spese dei gradi di merito; condanna RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 10.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2025