Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18330 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16135/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che le rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE GIUST.TRIB. DI SECONDO GRADO DEL LAZIO n. 550/07/23 depositata il 06/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 550/07/23 del 06/02/2023, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME, quale titolare della
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese in data 26/04/2016, avverso la sentenza n. 3379/10/22 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente nei confronti di una cartella di pagamento per IRPEF e IVA relativa all’anno d’imposta 201 5.
1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata, la cartella di pagamento era stata emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ed art. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
1.2. La CGT2 respingeva l’appello di NOME COGNOME evidenziando che la cartella di pagamento concerneva la liquidazione RAGIONE_SOCIALE imposte contenuta nella stessa dichiarazione del contribuente ed era, dunque, sufficientemente motivata.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) e l’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) resistevano in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212, per avere la CGT2 ritenuto che la cartella di pagamento oggetto del giudizio sia sufficientemente motivata.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « In tema di riscossione RAGIONE_SOCIALE imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo,
tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza RAGIONE_SOCIALE medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa » (Cass. n. 21804 del 20/09/2017; Cass. n. 19498 del 18/09/2020).
1.3. Nel caso di specie, il motivo è generico, in quanto non indica le ragioni specifiche per le quali la cartella di pagamento sarebbe, a dire del contribuente, insufficientemente motivata in quanto indeterminata e non intellegibile.
1.4. Secondariamente, la cartella di pagamento non è stata nemmeno testualmente trascritta nella sua interezza, sicché il motivo non può dirsi autosufficiente (Cass. n. 28570 del 06/11/2019).
Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CGT2 reso una sentenza che sarebbe meramente adesiva alla sentenza di primo grado, senza esaminarne criticamente il contenuto alla luce del motivo di appello proposto.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. È vero che la sentenza di appello si riporta alla motivazione della sentenza di primo grado, tuttavia la CGT2 indica espressamente le ragioni per le quali le considerazioni del giudice di prime cure sono condivisibili, alla luce RAGIONE_SOCIALE contestazioni mosse
dalla contribuente, che dimostra di avere specificamente considerato.
2.3. Invero la sentenza di appello: a) evidenzia che l’impugnazione riguarda una cartella di pagamento ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 conseguente alla semplice liquidazione della dichiarazione resa dal contribuente, che non ha versato i tributi in essa indicati, con conseguente non necessità di una motivazione specifica; b) si riporta alle valutazioni del primo giudice, mostrando di condividerle, quanto alla sufficienza RAGIONE_SOCIALE indicazioni concernenti il calcolo degli interessi, le sanzioni e gli oneri di riscossione.
2.4. Del resto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, « Nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né RAGIONE_SOCIALE modalità espositive, tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato » (Cass. S.U. n. 642 del 16/01/2015; conf. Cass. n. 29028 del 06/10/2022; Cass. n. 22562 del 07/11/2016; Cass. n. 9334 del 08/05/2015).
In conclusione, il ricorso è infondato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 17.986,00.
3.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto
-ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 2.400,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/06/2024.