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Motivazione cartella pagamento: quando basta il rinvio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18330/2024, ha stabilito che la motivazione della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato è sufficiente se rinvia alla dichiarazione del contribuente. Poiché la pretesa si basa sui dati forniti dal contribuente stesso, non sono necessari ulteriori dettagli sui presupposti di fatto e di diritto, essendo questi già noti all’interessato. Il ricorso del contribuente, che lamentava una motivazione insufficiente, è stato quindi rigettato.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione cartella pagamento: basta il rinvio alla dichiarazione?

La questione della corretta motivazione cartella pagamento è un tema centrale nel contenzioso tributario, poiché incide direttamente sul diritto di difesa del contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18330 del 4 luglio 2024, è tornata sull’argomento, chiarendo i requisiti di motivazione per gli atti emessi a seguito di controlli automatizzati. La Corte ha confermato un principio consolidato: quando la pretesa fiscale deriva direttamente da quanto dichiarato dal contribuente, un semplice rinvio a tale dichiarazione è sufficiente per assolvere l’obbligo di motivazione.

I Fatti del Caso

Un contribuente, titolare di un’impresa individuale, ha impugnato una cartella di pagamento relativa a IRPEF e IVA per l’anno d’imposta 2015. La cartella era stata emessa a seguito di un controllo automatizzato, previsto dall’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973, con cui l’Agenzia delle Entrate liquida le imposte calcolate sulla base dei dati forniti nella dichiarazione dei redditi. Il contribuente aveva lamentato, sia in primo che in secondo grado, una carenza di motivazione dell’atto, ritenendolo indeterminato e non intellegibile.

La Commissione Tributaria Provinciale prima, e la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio poi, avevano respinto le sue doglianze. I giudici di merito avevano infatti ritenuto che, trattandosi di una liquidazione di imposte dichiarate ma non versate, la cartella fosse sufficientemente motivata, in quanto la sua origine era già pienamente nota al contribuente.

La Decisione della Corte di Cassazione

Il contribuente ha quindi proposto ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Violazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000), per insufficiente motivazione della cartella di pagamento.
2. Nullità della sentenza d’appello, accusata di essere meramente adesiva alla decisione di primo grado, senza un’analisi critica dei motivi di appello.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente e confermando la validità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha affrontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni chiare e basate su una giurisprudenza ormai stabile.

Sulla corretta motivazione della cartella di pagamento

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito che l’obbligo di motivazione degli atti tributari deve essere differenziato in base alla natura dell’atto stesso. Nel caso specifico di una cartella emessa dopo un controllo automatizzato (ex art. 36-bis), la pretesa tributaria non nasce da un’attività di accertamento dell’Agenzia, ma dalla stessa dichiarazione del contribuente. Egli, infatti, ha dichiarato un certo debito d’imposta senza poi provvedere al relativo versamento.

In questo contesto, l’obbligo di motivazione può essere assolto “mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa”. La cartella non introduce nuovi elementi o valutazioni, ma si limita a richiedere il pagamento di quanto già autodichiarato. Di conseguenza, il contribuente è perfettamente in grado di comprendere l’origine e la natura del debito contestato.

La Corte ha inoltre dichiarato il motivo inammissibile per genericità e mancanza di autosufficienza, poiché il ricorrente non aveva indicato le ragioni specifiche per cui la cartella sarebbe stata incomprensibile, né l’aveva trascritta integralmente nel ricorso.

Sulla validità della sentenza d’appello

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha precisato che una sentenza d’appello che si riporta alle motivazioni del primo grado non è nulla, a condizione che le ragioni della decisione siano chiaramente attribuibili al giudice d’appello e che questi dimostri di aver considerato le critiche mosse dall’appellante. Nel caso in esame, la Corte di secondo grado aveva espressamente evidenziato le ragioni per cui condivideva la valutazione del primo giudice, sottolineando che l’impugnazione riguardava una semplice liquidazione e che le indicazioni su sanzioni e interessi erano sufficienti.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale per la gestione del contenzioso legato ai controlli automatizzati. I contribuenti devono essere consapevoli che, quando la cartella di pagamento si limita a richiedere somme già indicate nella loro dichiarazione, le possibilità di contestarla per un presunto difetto di motivazione sono estremamente ridotte. La legge e la giurisprudenza considerano il contribuente già edotto dei motivi del debito, essendo egli stesso la fonte dei dati su cui si basa la liquidazione. Questa decisione sottolinea l’importanza di adempiere correttamente non solo all’obbligo dichiarativo, ma anche a quello di versamento, poiché il successivo atto di riscossione gode di un regime di motivazione semplificato ma pienamente legittimo.

Una cartella di pagamento da controllo automatizzato quando è sufficientemente motivata?
È considerata sufficientemente motivata quando fa riferimento alla dichiarazione presentata dal contribuente stesso, poiché egli è già a conoscenza degli elementi che hanno dato origine alla pretesa fiscale.

Perché il semplice richiamo alla dichiarazione del contribuente assolve l’obbligo di motivazione?
Perché in caso di liquidazione basata sulla dichiarazione (ex art. 36-bis), la pretesa tributaria si fonda sui dati forniti dal contribuente medesimo, rendendo superfluo indicare ulteriori presupposti di fatto o ragioni giuridiche.

Una sentenza di appello che richiama la motivazione della sentenza di primo grado è valida?
Sì, è valida a condizione che il giudice d’appello indichi espressamente le ragioni per cui condivide le conclusioni del primo giudice, alla luce delle contestazioni sollevate, e che le ragioni della decisione risultino chiare, univoche ed esaustive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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