Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5981 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
ha emesso la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 28099/2015 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione, dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO.
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO, giusta procura in calce al controricorso.
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del LAZIO, n. 2342/02/14, depositata in data 20 aprile 2015, non notificata; udita la relazione della causa udita svolta nella pubblica udienza del 23 gennaio 2024, dal Consigliere NOME COGNOME; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 48/27/14 dell’8 gennaio 2014 , aveva rigettato il ricorso proposto da COGNOME NOME avente ad oggetto la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, con la quale era stato intimato il pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte Irpef e RAGIONE_SOCIALE addizionali relative all’anno 2006.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello del contribuente, ritenendo la cartella impugnata sufficientemente motivata ex art. 36, comma secondo, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992; la non necessità dell’invio della preventiva comunicazione bonaria ex art. 6 della legge n. 212 del 2000 in presenza di un controllo automatico ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973; la conformità della cartella notificata al moRAGIONE_SOCIALE previsto dall’art. 25, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto nella cartella risultava il titolo della pretesa ed il dettaglio degli addebiti; la regolarità della notifica della cartella eseguita in data 18 maggio 2010 a persona addetta alla casa; la debenza degli interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni, posto che la cartella era stata regolarmente notificata; la mancata prescrizione
del credito in quanto l’Ufficio aveva iscritto a ruolo le somme dovute in data 10 marzo 2010 e il ruolo era stato consegnat o all’Agente della Riscossione; non si era verificata nessuna decadenza, poiché l’anno di riferimento era il 2006 e la notifica della cartella doveva avvenire entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione; l’atto emesso dal Concessionario er a valido anche se privo della sottoscrizione del funzionario competente.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a sei motivi.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370, primo comma, cod. proc. civ..
COGNOME NOME ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, sollevata nel controricorso, per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ. , alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’adempimento dell’onere imposto dalla predetta disposizione non dev’essere valutato in relazione al contenuto complessivo del ricorso, ma a quello dei singoli motivi d’impugnazione, verificando se l’esame dell’atto o del documento non indicato specificamente risulti indispensabile ai fini della comprensione RAGIONE_SOCIALE doglianze proposte dal ricorrente e dei relativi presupposti fattuali (cfr. Cass., Sez. Un., 5 luglio 2013, n. 16887).
Va parimenti disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione passiva dell’Agente della riscossione , sollevata sempre nel controricorso, con riferimento ai vizi relativi alla formazione del ruolo e alla fase di accertamento.
2.1 Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che « Il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche all’invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell’ente impositore, quanto del concessionario e, nel caso in cui il contribuente svolga contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, l’Agente della riscossione evocato in giudizio, che voglia andare esente dalle eventuali conseguenze della lite, ha la facoltà di chiamare in giudizio l’ente creditore in ossequio all’art. 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 » (Cass., Sez. U. 25 luglio 2007, n. 16412 e, successivamente, Cass., 4 aprile 2018, n. 8295; Cass., 3 aprile 2019, n. 9250; Cass. , 12 giugno 2019, n. 16685).
2.2 Ciò posto, nella specie, il giudizio di primo grado è stato promosso dal contribuente con ricorso notificato sia ad RAGIONE_SOCIALE, sia all’Ente impositore, RAGIONE_SOCIALE, con conseguente legittimazione processuale del Concessionario.
Il primo mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La motivazione della sentenza impugnata era apparente laddove aveva affermato che la cartella impugnata era sufficientemente motivata, in quanto conteneva la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto, come previsto dall’art. 36, comma secondo, n. 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992; la non necessità dell’invio della preventiva comunicazione bonaria ex art. 6 della legge n. 212 del 2000 in presenza di un controllo automatico ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e che la cartella era conforme al moRAGIONE_SOCIALE previsto dall’art. 25, comma secondo, del d.P.R. n. 602 del 1973, così come il ruolo era conforme alla previsione dell’art. 23 del d.P.R. n. 602 del 1973.
Il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 6 della legge n. 212 del 2000. La Commissione tributaria regionale aveva errato perché non aveva correttamente applicato l’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, che disciplinava la liquidazione dell’imposta dovuta come una fase autonoma di controllo, con immediata rilevanza esterna, finalizzata non solo alla regolarizzazione degli aspetti formali della dichiarazione, ma anche alla comunicazione alla Amministrazione finanziaria dei dati e degli elementi non considerati correttamente dalla stessa, evitando l’insorgere di un contenzioso su questioni immediatamente risolvibili. Inoltre, seppure l’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 prevedeva che l’invio dell’avviso bonario non era sempre obbligatorio, tale obbligatorietà sussisteva qualora dai controlli automatici emergeva un risultato diverso, come nel caso di specie, oppure qualora sussistevano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione.
Il terzo mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 25, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Il giudice di secondo grado aveva ritenuto la cartella impugnata conforme al moRAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 e ben motivata, tralasciando la circostanza che essa, nonostante non fosse stata notificata la preventiva comunicazione di irregolarità, non evidenziava affatto l’errore materiale o di calcolo compiuto dal contribuente, con conseguente incomprensibilità RAGIONE_SOCIALE contestazioni mosse nei confronti contribuente e del relativo dettaglio degli addebiti.
Il quarto mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Nel caso
di specie, era stato prodotto soltanto l’avviso di ricevimento della raccomandata n. 67034423974/9 senza l’atto in essa contenuto, con conseguente inesistenza della notifica, in quanto non era possibile comprendere il collegamento tra quanto notificato rispetto alla relativa relata di notifica. Inoltre, in ragione della inesistenza della notifica, non erano dovuti gli interessi e le sanzioni.
Il quinto mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 5 bis , della legge n. 156 del 2005, in relazione all’art. 350 ( rectius: 360), primo comma, n. 3, cod. proc. civ..
Il sesto mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per assoluto difetto di motivazione, motivazione apparente e violazione e falsa applicazione dell’art. 36, secondo comma, del decreto legislativo n. 546 del 1992. La sentenza di appello non aveva specificato le censure mosse dal ricorrente alla sentenza di primo grado, essendosi limitata a motivare per relationem alla sentenza di primo grado mediante la mera adesione ad essa.
Il primo e il sesto motivo, che vanno trattati congiuntamente, in quanto deducono entrambi il difetto di motivazione, sono infondati.
9.1 Ed invero i giudici di secondo grado, sul primo motivo di appello formulato dal contribuente, con il quale aveva lamentato l’utilizzo da parte dei giudici di primo grado di mere ed apodittiche formule di stile, senza prendere posizioni sulle specifiche deduzioni che erano state sollevate, hanno affermato che la sentenza appellata appariva sufficientemente motivata, in quanto conteneva la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto, come previsto dall’art. 36, comma secondo, n. 4, del decreto leg islativo n. 546 del 1992; che non era dovuto l’invio della preventiva comunicazione bonaria ex artt. 6 della legge n. 212 del 2000 e 2 del d.P.R. n. 602 del 1973 in quanto il controllo automatico ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 consisteva in un mero riscontro cartolare della dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente e
che la cartella notificata era conforme al moRAGIONE_SOCIALE previsto dall’art. 25, comma 2, del d.PR. n. 602 del 1973, riportando sia il titolo della pretesa che il dettaglio degli addebiti (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
9.2 Risulta, pertanto, evidente che la decisione impugnata assolve in misura adeguata al requisito di contenuto richiesto dalle disposizioni di legge di cui il ricorso lamenta la violazione, attesa l’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione, sufficiente ad evidenziare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione
9.3 Va osservato, infatti, con la giurisprudenza di questa Corte, che, dovendo l’obbligo motivazionale ritenersi compiutamente adempiuto allorché per mezzo della concisa esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione venga ad essere illustrato il percorso motivazionale che ha indotto il giudice a regolare la fattispecie al suo esame mediante la norma di diritto applicata, viene al contrario meno all’obbligo in parola – e si mostra perciò viziata dal difetto di motivazione apparente o di mancanza della motivazione – la decisione nella quale «il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105).
9.4 Più specificamente in base alla costante giurisprudenza di legittimità, la «motivazione apparente» ricorre allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente – come parte del documento in cui consiste la sentenza (o altro provvedimento giudiziale) – non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché esibisce argomentazioni obiettivamente inidonee a far riconoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del
ragionamento del giudice (Cass., Sez. U. 22 settembre 2014, n. 19881).
9.5 Questa Corte, poi, con orientamento condiviso, ha affermato che la sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, RAGIONE_SOCIALE ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (cfr. Cass., 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., 5 novembre 2018, n. 28139; Cass., 3 febbraio 2021, n. 2397; Cass., 2 agosto 2022, n. 23997, in motivazione).
9.6 In altre parole, la motivazione per relationem non è inesistente e la sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente (come nella specie), RAGIONE_SOCIALE ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame.
Il secondo motivo è infondato.
10.1 Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato il principio secondo cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal terzo comma dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e
quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento all ‘art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, se non «sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione» (cfr. Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344; Cass., 9 gennaio 2019, n. 376; Cass., 17 febbraio 2015, n. 3154; Cass., 3 gennaio 2014, n. 42; Cass., 23 luglio 2010, n. 17396).
10.2 Più in particolare, è stato precisato, che nel primo caso, di comunicazione dell’esito della liquidazione (c.d. comunicazione di irregolarità) prevista dal terzo comma dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600/73, « quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta », il relativo obbligo imposto all’amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità; si tratta infatti, come è stato osservato, di una forma blanda di partecipazione del contribuente nel procedimento, inidonea a generare un vincolo procedimentale in termini di obbligatoria attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tanto si giustifica in considerazione del maggiore grado di attendibilità RAGIONE_SOCIALE irregolarità riscontrabili, cui non può che corrispondere una conseguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della validità del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo. Nei procedimenti ordinari di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, in considerazione dell’elevato grado di attendibilità RAGIONE_SOCIALE irregolarità riscontrabili, lo svolgimento di un effettivo contraddittorio fra ufficio e contribuente, ad avviso del legislatore, non rappresenta una fase indispensabile dei procedimento, essendo sempre possibile per il
contribuente far valere eventuali doglianze in punto di illegittimità della pretesa impositiva in sede di impugnazione del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo (cfr. Cass., 5 ottobre 2016, n. 19893); con riferimento poi al contraddittorio endoprocedimentale imposto dall’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 , obbligo bensì sanzionato, a differenza del primo, con la nullità in caso di inadempimento, è utile ribadire che, secondo orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, esso non è imposto « in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso » (Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344, in motivazione; Cass., 10 giugno 2015, n. 12023; Cass., 8 luglio 2014, n. 15584; Cass., 25 maggio 2012, n. 8342).
10.3 Tanto premesso, nella specie la Commissione tributaria regionale, conformemente ai principi suesposti, dopo avere rilevato, a pag. 2 della sentenza impugnata, che la cartella di pagamento riguardava carenti versamenti Irpef e addizionali relativi all’ anno 2006 ed avere affermato che il controllo automatico previsto dall’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 consisteva in un mero controllo cartolare, ha sostanzialmente accertato che non sussisteva «alcuna incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione», essendo stati iscritti a ruolo i soli tributi che lo stesso contribuente aveva riconosciuto come dovuti e di cui aveva omesso il pagamento e che, dunque, veniva in rilievo il recupero di
imposta derivante da omessi versamenti, con la conseguenza che, ai fini della validità della cartella, non era necessaria la preventiva comunicazione del c.d. avviso bonario
Il terzo motivo è infondato.
11.1 In proposito, va rilevato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato « La cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il «quantum» del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata, con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o RAGIONE_SOCIALE modalità di calcolo » (Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281).
11.2 Nello specifico, le Sezioni Unite richiamate hanno precisato che, nelle ipotesi di controllo automatizzato di cui agli artt. 36 bis del d.P.R. n.602/1973 e 54 bis del d.P.R. n.633/1972 (come nella vicenda in esame), il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo alla dichiarazione medesima, proprio con riferimento al debito per tributi vari ed interessi (Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281, in motivazione).
11.3 Dunque, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicché, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perché, essendo il contribuente già a conoscenza RAGIONE_SOCIALE medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa (cfr. Cass., 20 settembre 2017, n. 21804).
11.4 La Commissione tributaria regionale si è attenuta ai suddetti principi, avendo ritenuto assolto l’obbligo di motivazione della cartella essendo chiaro il riferimento in essa al titolo della pretesa e al dettaglio degli addebiti, ovvero al mancato pagamento di imposte (Irpef e addizionali ano 2006) che, in base alla stessa dichiarazione del contribuente, erano dovute e non erano state versate.
Il quarto motivo è pure infondato.
12.1 La Commissione tributaria regionale ha, infatti, correttamente applicato il principio secondo cui « In tema di notifica della cartella di pagamento, l’inesistenza è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto quale notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal moRAGIONE_SOCIALE legale, nella categoria della nullità, sanabile con efficacia “ex tunc” per raggiungimento RAGIONE_SOCIALE scopo » (Cass., 28 ottobre 2016, n. 21865; Cass., Sez. U., 20 luglio 2016, n. 14916). I giudici di secondo grado, con un accertamento in fatto non
sindacabile in questa sede, hanno accertato la regolarità della notifica della cartella eseguita in data 18 maggio 2010 a persona addetta alla casa e ciò in conformità all’art. 26 del d.P.R . n. 602 del 1973 e dell’art. 39 del D.M. 9 aprile 2001, che prevede che sono abilitati a ricevere gli invii a mezzo posta anche i componenti del nucleo familiare, i collaboratori familiari e il portiere (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata). Non viene in rilievo, dunque, alcuna inesistenza della notifica della cartella di pagamento, con conseguente legittima applicazione degli interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Il quinto motivo è assorbito in ragione della ritenuta infondatezza del quarto motivo, non assumendo alcun rilievo l’evidente errore materiale commesso dai giudici di secondo grado con l’indicazione dell’art. 123 del d.P.R. n. 602 del 1973.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla società RAGIONE_SOCIALE e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
14.1 Nessuna statuizione va assunta, invece, sulle spese processuali, con riguardo all’RAGIONE_SOCIALE, che non ha svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e il ricorrente al pagamento, in favore della società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserit o dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024.