Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32059 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32059 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
Sul ricorso n. 13988-2018, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , c.f. P_IVA, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME (RAGIONE_SOCIALE, dai quali è rappresentata e difesa –
Controricorrente
NONCHE’ NEI CONFRONTI DI
AGENZIA RAGIONE_SOCIALE -RISCOSSIONE , c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Presidente p.t. –
Intimata
Avverso la sentenza n. 9389/14/2017 della Commissione Tributaria Regionale della Campania, depositata il 7.11.2017;
Cartelle di pagamento –
Motivazione – Interessi
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26 giugno 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi si evince che la controversia trae origine dalla cartella di pagamento che l’Agente per la Riscossione (all’epoca Equitalia Sud) notificò alla RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 54 bis, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e 36 bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per il pagamento dell’importo complessivo di € 7.894.238,17, dei quali € 579.412,44 a titolo di interessi. Con controllo automatizzato l’Amministrazione finanziaria ebbe a richiedere l’importo corrisponden te al mancato pagamento dell’Iva, relativa all’anno d’imposta 2012, oltre sanzioni e interessi.
Nella controversia introdotta dalla società dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli per vizi di notifica dell’atto, per carenza di motivazione in ordine al calcolo degli interessi e per non debenza degli interessi moratori per assenza di colpevolezza, il giudizio di primo grado si concluse con sentenza n. 27815/18/2015, che accolse le doglianze della contribuente limitatamente agli interessi, ritenendosi sul punto omessa la motivazione.
L’appello dell’ufficio fu rigettato dalla Commissione tributaria regionale della Campania con sentenza n. 9389/14/2017. Il giudice d’appello, confermando la statuizione di primo grado, ha ritenuto incomprensibili le modalità di calcolo degli interessi, suddivisi in quattordici voci, e cioè in quattrodici importi riportati in cartella.
Per la cassazione della pronuncia l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte, affidandosi a tre motivi, cui ha resistito la società con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.
La causa è stata trattata e decisa nella camera di consiglio del 26 giugno 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate Riscossione ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 25, commi 2 e 2 bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, degli artt. 6 e 1, commi 1 e 2, d.m. 3 settembre 1999, n. 321, dell’art. 3, l. 7 agosto 1990, n. 241, dell’art. 7, commi 2 e 3, l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.
RGN 13988/2018
proc. civ. Premettendo che la cartella era stata emessa ai sensi dell’art. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, preceduta dalla comunicazione di irregolarità, portante le ragioni della contestazione, il giudice d’appello non avrebbe considerato che essa era fondata sui dati riportati dal medesimo contribuente nella propria dichiarazione, in questa rinvenendosi tutti le informazioni sull’imposta, dichiarata ma non versata, da cui partire per quantificare gli interessi, determinati ex lege ai sensi dell’art. 20, d.P.R. n. 602/1973, ossia al 4% annuo decorrente dal giorno successivo alla scadenza del pagamento sino alla data di consegna dei ruoli; ciò seppur riferito alle quattrodici voci per interessi, atteso che anche queste informazioni potevano trarsi dalla dichiarazione fiscale del medesimo contribuente. Altrettanto erroneamente il giudice regionale non avrebbe tenuto conto che la cartella esattiva era stata compilata secondo il modello ministeriale, così come previsto dagli artt. 6 ed 1, commi 1 e 2, del d.m. n. 321 del 1999; infine non aveva tenuto conto che erano stati osservati tutti gli ulteriori obblighi informativi prescritti ex art. 7, l. 212 del 2000.
Con il secondo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, l. n. 212 del 2000, dell’art. 20, d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 36, d.P.R. n. 600 del 1973, e 54 bis, d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La sentenza sarebbe errata laddove il giudice regionale ha ritenuto incomprensibile il procedimento seguito per conteggiare gli interessi suddivisi su quattordici voci, senza avvertire che le singole voci corrispondevano semplicemente ai versamenti periodici omessi.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente perché connessi, sono fondati e trovano pertanto accoglimento.
Questa Corte ha affermato la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare,
oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati -la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo (Sez. U, 14 luglio 2022, n. 22281; cfr. anche Cass., Sez. T, 16 ottobre 2023, n. 28742).
Con mirato riferimento alle ipotesi di controllo automatizzato, ex artt. 36bis d.P.R. n.602/1973 e 54bis d.P.R. n.633/1972, le sezioni unite hanno peraltro riconosciuto che « il contribuente si trova già nella condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa fiscale, con l’effetto che l’onere di motivazione può considerarsi assolto dall’Ufficio mediante il mero richiamo alla dichiarazione medesima, proprio con riferimento al debito per tributi vari ed interessi. Tuttavia, il riferimento agli elementi della dichiarazione -quadro, modulo, rigo, periodo di riferimento, data degli eventuali versamenti tardiviesonera l’amministrazione dall’onere motivazionale in ordine all’obbligazione relativa agli interessi (Cass., 8 m arzo 2019, n. 6812, più volte cit.), limitatamente alla decorrenza dell’obbligazione che il contribuente può agevolmente individuare, mentre lascia inalterata la necessità che l’emittente la cartella fornisca l’indicazione del parametro normativo in base a l quale l’amministrazione ha proceduto al computo degli interessi indicati in cartella (paragrafi 13.5 e 13.5.2 della sentenza n. 22281 del 2022 cit.).
Il giudice regionale, nel decidere l’appello, non si è attenuto a i principi enunciati dalla Corte di legittimità.
Nel caso di specie infatti, gli elementi necessari ad identificare, unitamente al debito fiscale derivante dai quattordici omessi versamenti, anche i termini di decorrenza degli interessi su ognuno dei predetti mancati versamenti, ed il tasso applicabile in base alla normativa vigente, appaiono evincibili dalla dichiarazione fiscale del contribuente e dalla comunicazione di irregolarità, portante le ragioni della contestazione , così che non v’era ragione per riprodurre quegli elementi nella cartella di pagamento impugnata, come invece ritenuto dal giudice d’appello .
L’accoglimento dei primi due motivi assorbe il terzo, con il quale l’Agenzia delle entrate si è doluta della nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, cod. proc. civ., e dell’art. 36, d.lgv. 22 dicembre 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per essere viziata per difetto di motivazione rispetto alle ragioni rappresentate dall’ufficio in sede d’appello.
La sentenza va pertanto cassata sul punto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, che in diversa composizione, oltre che liquidare le spese del giudizio di legittimità, provvederà a vagliare nel concreto la esaustività degli elementi portati nella dichiarazione fiscale e nella comunicazione di irregolarità notificata alla società, al fine di esaminare la ragioni d’appello alla luce dell’enunciato principio di diritto.
P.Q.M.
La Corte cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Campania, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il giorno 26 giugno 2024