Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1135 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1135 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
nel ricorso iscritto al numero 20124.19 R.G. proposto da COGNOME NOME, nata a Chiavari, il 19 maggio 1958, residente in Coreglia Ligure (GE), rappresentata e difesa in giudizio dagli avv.ti NOME COGNOME di Venezia e NOME COGNOME di Roma, presso il cui studio è ivi el.dom.ta in INDIRIZZO come da procura in atti;
– ricorrente e controricorrente a ricorso incidentale –
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Ricorso avverso sentenza Commissione Tributaria Regionale Liguria n. 512 del 24.4.2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
§ 1 . NOME COGNOME propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale -decidendo a seguito di rinvio da Cass.ord.n.8102/18 che aveva annullato la pronuncia CTR di inammissibilità dell’appello per vizio non sanato di notifica – ha confermato la sentenza di primo grado (n.299/13) che aveva dichiarato la illegittimità della cartella di pagamento notificatale dall’agente della riscossione a seguito di iscrizione a ruolo di imposte di successione, ipocatastali ed invim 1992, oltre accessori; ciò limitatamente agli interessi richiesti, non essendone stati indicati in cartella i criteri di calcolo.
La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora rileva, ha osservato che:
-la cartella in questione doveva effettivamente ritenersi illegittima limitatamente alla richiesta degli interessi, come già ritenuto dai giudici di primo grado, ed indipendentemente dal fatto che al giudizio non avesse partecipato l’agenzia delle entrate, dal momento che tra quest’ultima e l’agente della riscossione non sussisteva una fattispecie di litisconsorzio necessario e, inoltre, che l’agente della riscossione che volesse andare esente dalle conseguenze della lite era ammesso a chiamare in causa l’ente creditore senza necessità di autorizzazione giudiziale, ex articolo 39 d.lgs.112/99;
-la cartella recava l’indicazione del responsabile sia del procedimento di stampa e notifica (NOME COGNOME, sia del procedimento di iscrizione a ruolo (NOME COGNOME, a nulla rilevando il difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio, trattandosi di atto privo di rilevanza esterna;
-l’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per carenza di motivazione era infondata, poiché erano stati forniti alla contribuente, fin dal provvedimento impositivo originario, tutti gli elementi essenziali
dell’imposizione, così consentendo a quest’ultima un non difficoltoso esercizio del diritto di difesa;
-le spese di lite dovevano essere compensate quanto ai gradi di merito <>, mentre quelle del giudizio di legittimità (liquidate in euro 5000 oltre accessori) dovevano essere poste a carico della contribuente <>;
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE la quale formula anche un motivo di ricorso incidentale, al quale replica la COGNOME con controricorso.
Quest’ultima ha depositato memoria.
Considerato che:
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso principale la COGNOME lamenta -ex art.360, co. 1^ n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli articoli 7 l. 212/00, 36, comma 2, n. 4 d.lgs. 546/92 e 132, 2^ comma, n. 4 cod.proc.civ. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato la nullità della cartella, nella sua interezza, per difetto di motivazione, dal momento che la stessa (fotoriprodotta in ricorso ed a questo allegata sub n.3)) si limitava alla seguente criptica motivazione: <>, nonché: <>.
Come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (tra cui Cass. SSUU n. 11722/10) la cartella doveva essere motivata come un vero e proprio atto impositivo, là dove nel caso di specie non veniva fatto alcun chiaro riferimento alle ragioni sottostanti alla pretesa.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce -ex art.360, co. 1^, n.4, cod.proc.civ. -nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione,
ovvero motivazione apparente. Infatti, il giudice di rinvio aveva apoditticamente escluso la nullità della cartella (erroneamente definita quale avviso di accertamento) per difetto di motivazione, senza dare compiutamente conto del proprio convincimento e, anzi, contraddicendo lo stesso principio che l’aveva invece indotto a confermare – in punto interessi -la decisione di primo grado, il quale aveva accolto la tesi della contribuente proprio in punto difetto di motivazione della cartella.
§ 2.2 In ragione della stretta connessione esistente tra le questioni affrontate dai menzionati due motivi, questi possono essere affrontati insieme e vanno dichiarati infondati.
Vero è, infatti, che il contenuto motivazionale della cartella si atteggia diversamente a seconda della circostanza che essa costituisca mero atto della riscossione, emanato a seguito di precedenti atti di accertamento -presentando ricorso avverso i quali al contribuente è data la possibilità di contestare il merito della pretesa tributaria -, oppure rilevi come primo atto per mezzo del quale la pretesa viene portata a conoscenza del contribuente, svolgendo la funzione sostanziale di atto impositivo, alla stregua e nel rispetto dei cui criteri redazionali deve essere formato, al fine di permettere al contribuente di esperire il controllo sulla correttezza dell’imposizione (Cass., SSUU, 26009/2008 ed altre). Tale obbligo di più pregnante motivazione non si concretizza, tuttavia, nella necessaria trasposizione testuale, nella cartella stessa, del contenuto di ogni atto costituente presupposto dell’imposizione; va adottata un’interpretazione dell’art. 7 della l. 212/2000 libera da eccessivo formalismo, nel s enso di ritenere legittima la cartella motivata per relationem ad altro atto non allegato ad essa, ma del quale il contribuente abbia avuto legale conoscenza in forza di pregressa notificazione o pubblicazione -certamente ricorrente nel caso di sentenza conclusiva di un procedimento giudiziario, conosciuto dal contribuente anche per l’ulteriore ragione di essere stato
parte attiva del processo stesso -, purché la cartella stessa ne riporti gli estremi identificativi (Cass., SSUU, 11722/2010).
Nella specifica materia dell’imposizione conseguente ad emanazione di decisioni giudiziarie, questa Corte ha in più occasioni affermato la sufficienza della motivazione dell’atto liquidatorio che indichi numero e data del provvedimento decisorio, senza necessità di allegazione di quest’ultimo all’atto stesso, purché i riferimenti forniti lo rendano facilmente individuabile senza necessità di laboriose ricerche, con contemperamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa e l’esplicarsi del diritto di difesa del contribuente ( ex multis , Cass. 11283/2022; Cass. 26340/2021).
Nel caso di specie, secondo quanto riportato in ricorso, la cartella riporta la separata indicazione degli estremi delle sentenze della Commissione Tributaria Regionale da cui scaturisce l’iscrizione a ruolo, quelli di presentazione delle originarie dichiarazioni di successione da cui hanno avuto origine le conseguenti vicende (dati che permettono senza fatica di identificare con esattezza la controversia intorno alla quale la sentenza ebbe a pronunciare, pur in assenza dell’indicazione della sede della Commissione, mediante precisa individuazione dell’originario oggetto del contendere), la separata indicazione di ogni tributo richiesto con scorporo di interessi, sanzioni e compensi, elementi tali da permettere di contestare efficacemente an e quantum debeatur in sede giudiziale, come succintamente ma esaurientemente sostenuto nell’impugnata sentenza.
Occorre quindi valutare se, nel caso concreto, il contenuto precettivo della sentenza sia stato idoneo a rendere esattamente e prontamente comprensibili gli elementi fattuali, giuridici ed economici del prelievo; controllo rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito stante la sua natura prettamente fattuale.
E tuttavia, allorché trattasi, come nel caso di specie, di sentenza del giudice tributario che verte esattamente sulla debenza di tributi poi richiesti
in cartella, la cui sussistenza non potrebbe più essere rimessa in discussione nel giudizio di impugnazione della cartella, stante il principio espresso dal terzo comma dell’art. 19 del d. lgs. 546/92, oltre interessi da liquidarsi a cura dell’amministrazione finanziaria, è sufficiente riportare in cartella la specifica indicazione dell’ammontare dei tributi, già determinati in esito al giudizio tributario, senza che la mancata evidenziazione degli elementi essenziali valorizzati per la determinazione degli interessi comporti la nullità globale della cartella, come correttamente ritenuto dal giudice di appello (v. Cass. SSUU, 22281/2022).
Si è stabilito in quest’ultima pronuncia che: <>.
§ 3.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 36, comma 4ter , legge n. 31 del 2008. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente escluso la nullità complessiva della cartella per mancata indicazione del responsabile del procedimento di sua emissione, posto che il soggetto ivi indicato (NOME COGNOME fungeva da responsabile dei soli adempimenti di stampa e notifica, non anche della sua emissione. La Commissione Tributaria Regionale aveva così omesso di considerare che l’indicazione in cartella doveva partitamente riguardare il responsabile dell’iscrizione a ruolo, quello dell’emissione e quello della notifica.
Questa situazione si poneva in contrasto con la normativa menzionata, considerati anche gli interventi della Corte Costituzionale di cui all’ordinanza n. 377 del 2007 ed alla sentenza n. 58 del 2009, con conseguente radicale nullità della cartella, in quanto concernente un ruolo
consegnato all’agente della riscossione in data (2013) pacificamente successiva al 1^ giugno 2008.
§ 3.2 Il motivo è infondato.
Non risulta condivisibile la censura di parte ricorrente principale, laddove afferma che i soggetti da indicare in cartella debbano necessariamente essere tre persone fisiche distinte, responsabili rispettivamente dell’iscrizione a ruolo, dell’emissione e della notifica della cartella. Pur trattandosi di tre attività giuridiche distinte, nulla impedisce che uno stesso soggetto rivesta il ruolo di responsabile per l’emissione della cartella (che avviene mediante stampa, coincidendo in pratica con questa) e della sua successiva notificazione, come per stessa ammissione del contribuente è avvenuto nel caso di specie ed è stato indicato in cartella.
Si legge infatti in quest’ultima: <>.
§ 4.1 Con il quarto motivo di ricorso la contribuente lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92, 2^ co., cod.proc.civ., in relazione agli articoli 24 Cost. e 12 segg. prel. per avere la Commissione Tributaria Regionale posto a suo carico le spese del precedente giudizio di cassazione, nonostante che esse dovessero venire liquidate con riguardo, non ai singoli gradi del processo, bensì all’esito globale ed unitario della controversia; esito in considerazione del quale tali spese dovevano essere poste interamente a carico dell’agente per la riscossione (vista la sua soccombenza sulla questione, anche economicamente rilevante, degli interessi), o quantomeno compensate.
§ 4.2 Il motivo è fondato nei termini che seguono.
È ormai consolidato l’insegnamento secondo il quale il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita a un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario da ritenersi unico ed unitario (Cass., SSUU, 19701/2010; 11844/2016; Cass., 1301/2017; 29125/2019). Ne consegue che nel liquidare le spese il giudice non può frazionare la decisione con riferimento all’esito dei singoli gradi, dovendo viceversa attenersi all’esito complessivo della vertenza (Cass., 18837/2010; 17523/2011; 6259/2014; 11423/2016; 9064/2018).
Ed è appunto sulla base di questo criterio unitario che, alla luce dell’esito complessivo della lite, le spese dell’intero giudizio andranno compensate ( infra § 6).
§ 5.1 Con l’unico motivo di ricorso incidentale Ader deduce ex art.360, co. 1^, n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione degli articoli 7 l. 212/00, 3 l.241/90 e 25, 2^ comma, d.P.R. n. 602/73. Per avere la Commissione Tributaria Regionale erroneamente confermato la decisione dei primi giudici di nullità della cartella limitatamente agli interessi, dal momento che questi ultimi: o concernevano la ritardata iscrizione a ruolo ex art. 20 d.P.R. n. 602/73, così da rientrare nella competenza dell’ente impositore e non dell’agente per la riscossione, oppure riguardavano la mora in caso di mancato pagamento nel termine di cui all’articolo 25, co.2^, d.P.R. n. 602/73, così da risultare la loro indicazione in cartella a titolo puramente eventuale e per un ammontare non quantificabile. In ogni caso, si trattava di interessi discendenti da sentenze della Commissione Tributaria Regionale Liguria ed il cui tasso legale era stabilito da provvedimenti normativi di carattere generale, come tali facilmente conoscibili dalla contribuente.
§ 5.2 Il motivo è infondato.
Si è detto, nell’esaminare il primo motivo di ricorso principale, che la cartella con la quale la pretesa – relativa, nel caso di specie, agli interessi
su tributi – sia portata per la prima volta a conoscenza del contribuente deve essere motivata secondo i parametri previsti per gli atti impositivi. Con specifico riferimento agli interessi, secondo quanto recentemente ribadito dalle Sezioni Unite, risulta necessario indicare non solo l’imposta con riferimento alla quale sono stati applicati, ma anche la loro tipologia, attraverso l’indicazione della norma tributaria o del criterio normativo di riferimento -la cui evidenziazione supplisce anche alla mancata indicazione dei saggi di volta in volta applicati, la cui presenza in cartella non risulta viceversa elemento necessario -, nonché la data di loro decorrenza, in quanto diversamente non sarebbe possibile comprendere l’oggetto della pretesa, stante la diversità degli interessi richiedibili dall’Ufficio in dipendenza delle modalità prescelte per azionare la pretesa (Cass., SSUU, 22281/2022, cit.), oltre alla difficoltà del computo tanto maggiore quanto più lungo è il periodo cui gli stessi si riferiscono (Cass., 4516/2012).
I giudici di merito hanno rilevato l’inesistenza della menzione in cartella dei criteri di calcolo seguiti (e della relativa base legale) e pertanto correttamente hanno proceduto all’annullamento parziale della stessa, a nulla rilevando la mancata proposizione della domanda da parte del contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dal momento che non ricorre alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario e che, viceversa, l’art. 39 del d.lgs. 112/1999 prevede la possibilità di non limitare le contestazioni alla validità degli atti dell’esecuzione nei processi proposti nei confronti dell’agente della riscossione, il quale, per andare esente da responsabilità, può chiamare in causa l’ente creditore.
§ 6 Stante il rigetto del ricorso incidentale ed il solo parziale accoglimento (su questione giuridicamente ed economicamente marginale) di quello principale, sussistono i presupposti per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
-Accoglie il quarto motivo di ricorso principale, respinti gli altri;
-Respinge il ricorso incidentale;
-Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa le spese di tutti i precedenti gradi di giudizio;
-Compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,