Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16209 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16209 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 6731/2017 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, in qualità di erede di COGNOME NOME , rappresentato e difeso, anche disgiuntamente tra loro, dal Prof. Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce alla memoria di nomina di nuovi difensori.
(EMAIL; EMAIL)
-controricorrente e ricorrente in via incidentale-
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale in calce al controricorso.
PEC: EMAIL
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di BARI, sezione staccata di Lecce, n. 703/2016, depositata in data 18 marzo 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto da COGNOME Antonio, annullando la cartella di pagamento impugnata, relativa ad Iva ed altro per gli anni 1997-1998, limitatamente agli interessi e alle sanzioni.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che:
-) il motivo relativo alla decadenza del potere di riscossione era del tutto infondato stante l’intervenuta abrogazione della norma che disciplinava i tempi dell’iscrizione a ruolo;
-) infondato era anche il secondo motivo di censura in ordine alla mancata redazione della relazione di notificazione sulla cartella, perché essa poteva essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento; nella specie non era necessario redigere un’apposita relata di notifica in quanto la notificazione si dava per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere e, comunque,
qualsiasi ipotetica irregolarità era stata sanata dalla proposizione del ricorso del contribuente;
-) quanto all’omessa indicazione dei responsabili del procedimento, considerato che la cartella impugnata era stata notificata prima del giugno 2008, essa non era affetta da nullità, atteso che solo in relazione alle cartelle riferite ai ruoli consegnati a decorrere dalla predetta data era stata prevista tale sanzione;
-) era fondata la censura relativa alla carenza di motivazione in ordine alle somme richieste per interessi e sanzioni in quanto nella cartella veniva riportata solo la cifra globale di quanto dovuto, senza alcuna indicazione delle modalità di calcolo, con ciò impedendo al contribuente di poterne verificare l’esattezza.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato ad un unico motivo, cui resiste COGNOME NOME con controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi e memorie.
L’Agenzia delle Entrate ed RAGIONE_SOCIALE hanno depositato controricorso al ricorso incidentale di COGNOME NOME.
CONSIDERATO CHE
Il primo ed unico motivo del ricorso principale deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 12, 20 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, nonché dell’art. 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997, in quanto l’obbligo di motivazione della cartella em essa in base a pretesa già nota alla parte e, quindi, anche nel caso di iscrizione a ruolo provvisoria, doveva ritenersi attenuato, in quanto era sufficiente l’indicazione degli estremi degli atti prodromici (ruolo e avvisi). Per il resto la motivazione doveva essere ed in concreto era conforme alle prescrizioni di legge e regolamento che ne disciplinavano i contenuti, nessuna delle quali imponeva l’esplicitazione dei calcoli di interessi e sanzioni. La cartella era stata redatta su modello ufficiale e le modalità di computo e i tassi
(non aliquote) applicati non erano ignori alla parte e al Giudice, in quanto imposti dalla legge e dai dati emergenti dalla cartella.
2. Il primo motivo del ricorso incidentale deduce l’errata e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., in quanto i giudici non avevano spiegato l’ iter logico giuridico a sostegno dell’assunto dell’infondatezza della doglianza relativa alla avvenuta decadenza dell’Ufficio per iscrivere a ruolo e di Equitalia per notificare la cartella; la falsa ed errata applicazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 199 2 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., in quanto i giudici avevano omesso di esaminare il fatto decisivo che gli avvisi di accertamento si erano resi definitivi nel 2004 e che l’Ufficio in sede di appello non aveva devoluto il proprio motivo di difesa che aveva controdedotto in primo grado secondo il quale non vi era alcuna definitività degli avvisi di accertamento nel 2004 per tardiva proposizione dei ricorsi, perché vi erano appelli pendenti; la falsa ed errata applicazione dell’art. 25 del d.p.r. n. 602 del 1973 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto la definitività dell’atto impositivo dipendeva dall’avvenuto decorso dei termini di impugnazione e non anche da una pronuncia dei giudici.
3. Il secondo motivo deduce l’errata e falsa applicazione degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 14 della legge n. 890 del 1982, 60 del d.P.R., n. 600 del 1973, 6 del d.P.R. n. 655 del 1982, 156 c.p.c., 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.. La notifica era inesistente e vi era l’obbligo di redigere la relata anche in caso di spedizione a mezzo posta. La società di riscossione doveva dimostrare che la busta conteneva la cartella in questione e lo poteva fare solo attraverso la compilazione della relata di notifica, né era possibile la sanatoria ex art. 156 c.p.c. per essere gli atti tributari sempre recettizi. 4. Il terzo motivo deduce l’errata e falsa applicazione degli artt. 21 septies e 21 octies della legge n. 241 del 1990, 3 della legge n. 241 del
1990, 7 e 17 della legge n. 212 del 2000, 41 CDFUE, 374 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sulla mancanza di motivazione della cartella di pagamento impugnata.
Il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, la cui trattazione è prioritaria, devono essere trattati unitariamente perché inammissibili per le stesse ragioni.
5.1 I motivi, infatti, sono inammissibili laddove censurano la sentenza impugnata deducendo il vizio di omesso pronuncia ex art. 112 cod. proc. civ. e il vizio di omessa motivazione, che, com’è noto, sono vizi tra di loro eterogenei. Ed invero se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per error in procedendo , censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., con la conseguenza che l’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass., 22 maggio 2019, n. 13743; Cass., 11 maggio 2012, n. 7268).
5.2 Le stesse censure sono inammissibili e comunque infondate: sono inammissibili perché non si confrontano con il contenuto della sentenza impugnata che sul primo motivo, relativo alla decadenza del potere di riscossione, ha affermato che la censura era del tutto infondata stante l’intervenuta abrogazione della norma che disciplinava i tempi dell’iscrizione a ruolo e che, a tal fine, era sufficiente richiamare l’art. 1, comma 5 ter, lettera a), n. 1, del decreto legge n. 106 del 2005, convertito dalla legge n. 156 del 2005, sul secondo motivo, relativo alla mancata redazione della relazione di notificazione sulla cartella, ha
ritenuto che la notifica poteva essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento e che, nella specie, non era necessario redigere un’apposita relata di notifica in quanto la notificazione si da va per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal portiere cosicché qualsiasi ipotetica irregolarità era stata sanata dalla proposizione del ricorso del contribuente (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata); sono infondate perché non sussiste, dunque, né il vizio di motivazione dedotto né il vizio di omessa pronuncia.
5.3 E’ pure inammissibile il primo motivo con riguardo alla denuncia di omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. ( gli avvisi di accertamento si erano resi definitivi nel 2004 e l’Ufficio in sede di appello non aveva devoluto il proprio motivo di difesa che aveva controdedotto in primo grado secondo il quale non vi era alcuna definitività degli avvisi di accertamento nel 2004 per tardiva proposizione dei ricorsi, perché vi erano appelli pendenti ) in costanza del principio della cd. doppia conforme ex art. 348 ter cod. proc. civ. e non avendo la parte attuale ricorrente specificato in ricorso le ragioni di fatto poste rispettivamente a fondamento della decisione di primo grado e di secondo grado, così dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 20 marzo 2024, n. 7442; Cass., 20 settembre 2023, n. 26934; Cass., 28 febbraio 2023, n. 5947; Cass., 9 marzo 2022, n. 7724; Cass., 26 gennaio 2021, n. 1562; Cass., 11 maggio 2018, n. 11439).
5.4 Ancora, il motivo è inammissibile in quanto non rispetta le prescrizioni imposte dalle Sezioni Unite, che hanno chiarito che « la parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli artt. 366, primo comma, n. 6), cod. proc. civ. e 369, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. – il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, il come
ed il quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti » ((Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053); inoltre, per effetto della nuova formulazione dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., come introdotta dal decreto legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, oggetto del vizio di cui alla citata norma è oggi esclusivamente l’omesso esame circa un «fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti»; il mancato esame, dunque, deve riguardare un vero e proprio «fatto», in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., cioè un «fatto» costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale (Cass., 8 settembre 2016, n. 17761; Cass. 13 dicembre 2017, n. 29883), e non, invece, le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass., S.U., 20 giugno 2018, n. 16303; Cass. 14 giugno 2017, n. 14802), oppure gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti; il «fatto» il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere carattere «decisivo», vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia, e deve, altresì, essere stato «oggetto di discussione tra le parti»: deve trattarsi, quindi, necessariamente di un fatto «controverso», contestato, non dato per pacifico tra le parti (cfr. anche Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415).
5.5 Inoltre, è inammissibile il secondo motivo, laddove deduce il vizio di violazione di legge, poiché, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di
esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. U., 28 ottobre 2020, n. 23745). Inoltre, il ricorrente che intende censurare la violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione denunciata (Cass. 13 maggio 2016, n. 9888; Cass., 24 luglio 2014, n. 16872; Cass., 4 aprile 2006, n. 7846).
5.6 Mette conto rilevare, in ogni caso, che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente « In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella esattoriale può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del comma 1 dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultante dall’avviso di ricevimento, senza necessità di un’apposita relata, visto che è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di
notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione » (Cass., 17 ottobre 2016, n. 20918). Inoltre, questa Corte ha pure affermato che, ove la cartella esattoriale sia notificata mediante raccomandata con avviso di ricevimento, è onere del destinatario dimostrare che la busta ricevuta non conteneva il medesimo atto che si pretende notificato da parte del mittente (Cass., 20 dicembre 2021, n. 40750). Ed ancora, la tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento (evenienza realizzatasi nel caso di specie dove il contribuente COGNOME Fernando ha impugnato la cartella esattoriale in esame) produce l’effetto di sanare ex tunc la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c., in quanto la natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, sicché il rinvio disposto dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria (Cass. Cass., 30 ottobre 2018, n. 27561; Cass., 5 marzo 2019, n. 6417). In ultimo, in tema di riscossione delle imposte sui redditi, i termini di decadenza di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973 iniziano a decorrere da quando la pretesa tributaria è divenuta definitiva (Cass., 22 dicembre 2023, n. 35907; Cass., 8 marzo 2022, n. 7444) e che il ricorso tempestivamente proposto avverso l’avviso d’accertamento è idoneo ad introdurre un processo tributario e, quindi, ad impedire, fino alla sua conclusione, che l’accertamento diventi definitivo, senza che a questa regola faccia eccezione l’ipotesi in cui il ricorso presenti profili di inammissibilità (come nel caso in esame, dove i ricorsi proposti
avverso gli avvisi di accertamento sono stati dichiarati inammissibili per tardività, cfr. pag. 8 del controricorso e ricorso incidentale), la cui sussistenza o mancanza deve essere accertata dal giudice adito, con la conseguenza che, nella pendenza di detto processo, l’Amministrazione finanziaria non può procedere all’iscrizione a ruolo dell’imposta a titolo definitivo, neppure sul presupposto della mancanza di un requisito del ricorso, dovendo anche tale vizio essere accertato nella sede giudiziaria (Cass., 31 marzo 2021, n. 8885).
Il primo motivo del ricorso principale e il terzo motivo del ricorso incidentale devono essere trattati unitariamente perché involgono entrambi il difetto di motivazione della cartella di pagamento, con accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale e il rigetto del terzo motivo del ricorso incidentale.
6.1 In proposito, va richiamata la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte che ha statuito che: « La cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il «quantum» del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati -attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati -la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi
periodicamente applicati o delle modalità di calcolo » (Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281).
6.2 Così, nel caso in esame, è incontroverso in atti che la cartella di pagamento impugnata promanava da due avvisi di accertamento (nn. 837231/2002 e 837232/2002) che erano divenuti definitivi perché, pur impugnati con rispettivi ricorsi, la CTP di Lecce, aveva dichiarato l’inammissibilità degli stessi in quanto tardivi con sentenze nn. 480/01/06 e 481/01/06, sentenze poi confermate anche in secondo grado (cfr. pag. 2 del ricorso per cassazione).
Per le ragioni di cui sopra, va accolto il ricorso principale e va rigettato il ricorso incidentale; la sentenza impugnata va cassata, in relazione all’unico motivo del ricorso principale, e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata, in relazione all’unico motivo del ricorso principale, e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente e ricorrente in via incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 8 aprile 2025.