Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10035 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10035 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
Oggetto:
cartella
–
motivazione
–
integrazione
nel corso del giudizio.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 21820/2016 proposto da FRANCA BERNARDI rappresentata e difesa come da procura speciale in atti dall’AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME (con domicilio digitale PEC: EMAIL) e dall’a vv. AVV_NOTAIO NOME (PEC: EMAIL) con domicilio eletto in Roma presso l’AVV_NOTAIO COGNOME (con domicilio digitale PEC: EMAIL) nello studio del ridetto difensore in INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE (PEC: EMAIL)
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE -RISCOSSIONE
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 929/14/16 depositata in data 18/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/01/2024 dal RAGIONE_SOCIALEigliere Relatore NOME COGNOME;
Rilevato che:
–NOME COGNOME riceveva una cartella di pagamento emessa con riferimento al periodo d’imposta 2007, per mezzo della quale si rettificava il moRAGIONE_SOCIALE unico 2008;
–RAGIONE_SOCIALE e il riscossore si costituivano in giudizio; la CTP di Milano rigettava ricorso;
-appellava la contribuente;
-con la sentenza impugnata di fronte a questa Corte, la CTR della Lombardia riteneva non necessario l’invio dell’avviso bonario non sussistendo alcuna incertezza su aspetti di rilievo della dichiarazione della contribuente; non riteneva necessario il ricorso da parte dell’amministrazione alla diversa procedura di accertamento; quanto alla motivazione della cartella, infine, riteneva non considerato dalla difesa del contribuente che l’utilizzo di euro 15.000 era già avvenuto in unico 2008 per fare fronte al pagamento di altre imposte di conseguenza la ricomprensione di tale importo nell’ulteriore credito dichiarato nella somma di euro 24.633 aveva determinato una illegittima duplicazione a cui aveva posto rimedio la cartella che risultava pertanto legittima;
-ricorre a questa Corte NOME COGNOME con atto affidato a cinque motivi e illustrato da memoria; l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso; il riscossore è rimasto intimato;
RAGIONE_SOCIALEiderato che:
-il primo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. nonché degli artt. 53 e 54 del d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere il collegio di secondo grado pronunciato illegittimamente ampliando
RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE. AVV_NOTAIO COGNOME – 2
l’oggetto del contendere rispetto a quanto risultava individuato da ll’atto impugnato e dal titolo giustificativo della pretesa in esso indicato nonché dei motivi di impugnazione spesi dal contribuente rispetto ad essi;
-il secondo motivo denuncia la violazione falsa applicazione dell’art. 7 della L. n. 212 del 2000 e dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 dl 1973 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto debitamente motivata la cartella impugnata malgrado la stessa riportasse un titolo giustificativo a fondamento della pretesa del tutto inconferente ed ultroneo rispetto a quella che per ammissione RAGIONE_SOCIALE stesso ufficio risulta essere la reale sostanza del recupero avanzato vale a dire il parziale disconoscimento del credito iva esposto in dichiarazione unico 2009 dalla RAGIONE_SOCIALE;
-i motivi sono suscettibili di esame congiunto in quanto strettamente connessi tra di loro; gli stessi si rivelano fondati;
-in primo luogo, alla luce del contenuto motivazionale della cartella, debitamente trascritto in ricorso per cassazione nel rispetto del canone della specificità e localizzazione dei motivi di gravame per cassazione, risulta con chiarezza che con la stessa l’Ufficio recuperava la somma di euro 15.000 quale ‘rimborso erogato in conto fiscale’;
-proposto il ricorso da parte della contribuente -nel quale si eccepiva (come si evince dal tenore RAGIONE_SOCIALE stesso sul punto, anch’esso debitamente trascritto in ricorso per cassazione) l’infondatezza della pretesa non avendo mai la COGNOME ricevuto tale rimborso -è evidente che il thema decidendum e probandum è stato cristallizzato e sottoposto a perimetrazione in tale profilo;
-non era quindi consentito alla CTR estendere la propria cognizione all’utilizzo del credito in dichiarazione, profilo del tutto diverso da quello posto alla base dell’emissio ne della cartella;
-venendo al profilo del vizio di motivazione della stessa -il solo che andava esaminato – trova applicazione il principio più volte
affermato da questa (in termini si veda Corte Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20784 del 2020) secondo il quale la cartella esattoriale, ove non preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, e recepiti, per la materia tributaria, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7. (Cass. n. 9799/2017 e 31270/2018);
-in difetto, trattandosi di vizio originario dell’atto, di per sé stesso idoneo a determinarne l’invalidità, a nulla rileva che l’Ufficio abbia esplicitato in sede di controdeduzioni quali fossero in concreto le ragioni RAGIONE_SOCIALE pretese oggetto RAGIONE_SOCIALE singole cartelle. Questa Corte ha ripetutamente espresso il principio secondo il quale la motivazione dell’atto tributario costituisce lo strumento essenziale di garanzia del diritto di difesa del contribuente. All’interno della motivazione, pertanto, devono essere indicati gli elementi che l’Ufficio ha posto a base della pretesa, non potendo l’amministrazione integrare le proprie ragioni in corso di giudizio (cfr. Cass. 11777/2016, 25879/2015). L’ufficio non può infatti modificare, integrare o sostituire in corso di causa i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa evidenziati nell’avviso di accertamento o di liquidazione e non può invocare a fondamento RAGIONE_SOCIALE proprie pretese ragioni diverse da quelle di cui all’atto impositivo (Cass. n. 13163 del 16/05/2019);
-la motivazione dell’atto impositivo infatti, includendo nel novero di tali atti con i quali si manifesta la pretesa di maggiori tributi anche la cartella di pagamento, assolve ad una pluralità di funzioni atteso che garantisce il diritto di difesa del contribuente, delimitando l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni deducibili dall’ufficio nella successiva fase processuale contenziosa; essa così consente una corretta dialettica processuale, presupponendo l’onere di enunciare i motivi di ricorso, a pena di inammissibilità e la
presenza di leggibili argomentazioni dell’atto amministrativo, contrapposte a quelle fondanti l’impugnazione;
-infine, assicura, in ossequio al principio costituzionale di buona amministrazione, un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, permettendo di comprendere la “ratio” della decisione adottata (Cass. n. 22003 del 17/10/2014; Cass. n. 20933/2022);
-pertanto, l’integrazione o la modificazione dell’originario atto impositivo determina una nuova pretesa rispetto a quella iniziale, da formalizzarsi, a garanzia del contribuente, con l’adozione di un nuovo atto impositivo che, sostituendosi al primo, indichi i nuovi elementi di fatto, di cui è sopravvenuta la conoscenza; di regola non necessitano di forme o motivazioni particolari le riduzioni della pretesa originaria, non integrante di per sé una nuova pretesa, salvo che le modificazioni apportate alla pretesa fiscale introducano elementi innovativi, idonei a modificare il fondamento del rapporto giuridico d’imposta circoscritto con il primo atto sostituito (Cass. n. 39808 del 14/12/2021);
-è allora qui evidente l’errore del giudice d’appello, che ha ritenuto trattarsi di una semplice diversa qualificazione giuridica dei fatti portati al suo esame, senza tenere conto che all’esame del giudice tributario viene portato non già un fatto, bensì un atto impositivo e la pretesa con esso esercitata, la cui motivazione e la relativa indicazione dei presupposti impositivi delimita, come sopra si è detto, l’ambito del giudizio tributario, che non è diversamente estendibile;
-le ragioni poste a base di un atto impositivo non possono essere oggetto di modifica e/o di integrazione durante la fase contenziosa, in quanto la difesa del ricorrente si concentra su quanto illustrato nella motivazione: l’obbligo di idonea e completa motivazione dell’atto previsto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000, sul quale si incentra il secondo motivo di ricorso, mira infatti proprio a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio
RAGIONE_SOCIALE sue facoltà difensive nella fase del giudizio di impugnazione, le quali, se non correttamente esplicitate, non possono essere successivamente integrate, atteso che in tal modo risulterebbe illegittimamente compromesso il diritto di difesa (Cass. n. 12251 del 2017 e Cass. n. 11623 del 2017);
-ne consegue che la motivazione della cartella oggetto del presente giudizio, in concreto, si palesa del tutto insufficiente, in quanto inidonea ad esprimere la volontà dell’Amministrazione di recupero di un credito iva indebitamente utilizzato in compensazione oggetto di precedente domanda di rimborso, come chiarito -in modo non consentito ai fini della ‘sanatoria’ del vizio di motivazione -solo nel corso del processo;
-ne deriva l’illegittimità della cartella in argomento;
-alla luce della decisione dei motivi in parola, i restanti motivi sono assorbiti in quanto irrilevanti ai fini del decidere;
-conclusivamente, accolti i primi due motivi e assorbiti i restanti, poiché la controversia non abbisogna di ulteriori accertamenti in fatto, la stessa può decidersi nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente;
-le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso della contribuente; condanna la parte controricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 3.200,00 oltre ad accessori di legge Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2024.