Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10022 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10022 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6567/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) e rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 6329/2022 depositata il 27/09/2022, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha impugnato l’avviso di rettifica i.m.u. (annualità 2015, 2016, 2017 e 2018) del Comune di Napoli, denunciando la carenza di motivazione, l’erroneo calcolo dell’imposta in base ad una rendita mai notificata, la durata del possesso per soli due mesi relativamente agli immobili di INDIRIZZO e l’illegittimità della sanzione per l’annualità del 2016, avendo provveduto al pagamento della seconda rata con il ravvedimento operoso.
2.Il ricorso è stato accolto in primo grado.
3.Interposto gravame dal Comune, la CTR lo ha accolto parzialmente, dichiarando dovuta dalla contribuente la ulteriore somma di euro 275,00, con compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. I giudici di appello hanno confermato che la nuova rendita è stata notificata solo nel 2022 e, quindi, non poteva essere applicata retroattivamente, ma si è precisato, in relazione all’annualità del 2018 che «il Comune ha calcolato l’imposta solo per due mesi ed è stato eseguito un pagamento parziale, anche in relazione alla rendita come sopra calcolata, sicchè, prendendo a riferimento le somme corrisposte per gli anni precedenti, il contribuente è tenuto a pagare la già attualizzata somma di euro 275,00, oltre accessori dalla presente decisione sino al soddisfo».
Il Comune ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello formulando un unico motivo.
5.La contribuente si è costituita con controricorso, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o infondatezza del ricorso.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 9 aprile 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il Comune, con un unico motivo, ha denunciato l’ error in procedendo , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., essendo stato calcolato erroneamente il quantum dovuto, senza la specificazione delle modalità del conteggio e senza la fissazione del principio di diritto applicato, con una motivazione che non lascia trasparire il percorso logico seguito -in particolare non comprendendosi né le ragioni del riferimento alle somme corrisposte negli anni precedenti né le ragioni della quantificazione del debito residuo in euro 275,00, a fronte di un debito di imposta per l’anno 2018 di euro 5.848,00 e di un pagamento parziale di euro 603,00, con residuo debito di euro 5.245,00.
Il motivo, da intendersi come denuncia di omessa motivazione ( sub specie di motivazione incomprensibile o apparente), è infondato, atteso che la sentenza impugnata chiarisce, sia pure in maniera sintetica e senza riportare nel dettaglio il conteggio effettuato, i criteri usati per quantificare la somma ancora dovuta per l’annualità del 2018.
Più precisamente i giudici di appello hanno fatto riferimento alle somme corrisposte dalla contribuente per gli anni precedenti in considerazione dell’impossibilità di applicare la nuova rendita mai notificata (usata dal Comune di Napoli nell’avviso impugnato). Pertanto, il quantum residuo è stato calcolato non con riferimento a quello indicato del Comune di Napoli nell’avviso impugnato per l’annualità del 2018, ma a quello calcolato dalla contribuente in base alla precedente rendita, limitato, però, a due mensilità. Da tale somma è stato detratto l’acconto versato.
Non sussiste, dunque, alcuna carenza motivazionale censurabile in sede di legittimità. La censura in esame tende piuttosto ad ottenere un riesame nel merito della vicenda, precluso in questa sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi ed oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 09/04/2024.