Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26175 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
Oggetto: Tributi
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 28340 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME rappresentati e difesi, giusta procura speciale rogata in data 22.12.2017, per atto della Dott.ssa NOME COGNOME, Notaio in Fiumicino, Rep. n. 780, dall’AVV_NOTAIO
(indirizzo PEC: EMAIL), elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrenti- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 7670/07/2016, depositata in data 30 novembre 2016, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11 settembre 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva accolto l’appello proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME nei confronti dell’Ufficio avverso la sentenza n. 1565/16/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso proposto dai suddetti contribuenti avverso l’avviso di accertamento ad essi notificato quali ‘gestori di fatto’ di RAGIONE_SOCIALE, con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F.- Compagnia di Fiumicino, aveva ripreso a tassazione per il 2008: 1) maggiore Iva in relazione a fatture per operazioni ritenute inesistenti emesse dalla società cooperativa nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, essendo risultata l’interposizione fittizia della società verificata, come di altre cooperative, tra il RAGIONE_SOCIALE e i suoi dipendenti, fatti apparire come soci lavoratori della prima; 2) ritenute non operate e non versate. Aveva inoltre irrogato le relative sanzioni.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha ritenuto che l’avviso di accertamento in questione – notificato alla RAGIONE_SOCIALE e a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, quali gestori di fatto della prima -non indicava ‘ le ragioni in diritto ‘ della responsabilità dei contribuenti in quanto, a parte la loro menzione nell’intestazione quali gestori di fatto, il che ‘ poteva trovare giustificazione anche in una misura di garanzia a
favore della RAGIONE_SOCIALE‘, in nessuna altra parte dell’atto impositivo era fatta menzione degli appellanti e il foglio relativo alle modalità di pagamento recava soltanto la dicitura ‘denominazione RAGIONE_SOCIALE‘ con l’indicazione del codice fiscale e RAGIONE_SOCIALE somme da versar e. Inammissibilmente l’Ufficio aveva chiarito solo in grado di appello ma anche in primo grado sarebbe risultata inammissibile una integrazione della motivazione – che la pretesa per tributi evasi e sanzioni era rivolta anche nei confronti dei gestori di fatto ai sensi degli artt. 2495 c.c. e 36 del d.P.R. n. 602/73, peraltro, richiamando norme non pertinenti.
Resistono, con controricorso, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
CONSIDERATO CHE
1.Va preliminarmente osservato che il ricorso per cassazione è tempestivo avendo l’RAGIONE_SOCIALE proposto lo stesso usufruendo del termine di sospensione semestrale previsto dall’art. 11, comma 9, del d.l. n. 50/2017, conv. nella legge n. 96/2017.
1.1. In particolare, l’art. 11, comma 9, decreto-legge n. 50/2017, prevede che: «Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, RAGIONE_SOCIALE pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del presente articolo fino al 30 settembre 2017»; in base a tale disposizione il termine di sospensione di sei mesi si aggiunge al termine previsto per l’impugnazione della sentenza qualora lo stesso viene a scadere nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e il 30 settembre 2017; con riferimento, poi, al computo del periodo di sospensione feriale, questa Corte (Cass. civ., 19 luglio 2019, n. 19587; Sez. 5, Ordinanza n. 12488 del 2021) ha precisato che nel caso in cui il termine di impugnazione scada entro il periodo compreso tra la data di entrata in vigore della previsione normativa in esame ed il 30 settembre 2017, non risulta applicabile la sospensione feriale dei termini, essendo la stessa già
compresa nel periodo di sospensione previsto dall’art. 11, comma 9, decretolegge n. 50/2017 e non essendo ipotizzabile, in assenza di espressa disposizione normativa, che in relazione al medesimo periodo di tempo si applichi una doppia sospensione; il suddetto principio è stato affermato da questa Corte (Cass. civ., 29 maggio 2020, n. 10252) anche con riferimento al periodo di sospensione legale di cui all’art. 39, comma 12, decreto-legge n. 98/2011, che aveva previsto che erano sospesi, sino al 30 giugno 2012, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio; invero, anche in relazione al suddetto periodo di sospensione è stato affermato che “non deve prorogarsi ulteriormente la scadenza del termine de quo in ragione del periodo di sospensione feriale compreso tra 1’1 agosto 2011 ed il 15 settembre 2011, in quanto quest’ultimo è già interamente assorbito dal concorrente decorso della sospensione stabilita in via eccezionale (dal 6 luglio 2011 al 30 giugno 2012) dal D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12. Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di precisare con riferimento ad altre fattispecie legali, il periodo di sospensione feriale, cadente nella ben più ampia fase di sospensione stabilita dalla norma in esame, resta in essa assorbito, non ravvisandosi alcuna ragione, in assenza di espressa contraria previsione, perché detto periodo debba essere calcolato in aggiunta alla stessa (Cass. 28/06/2007, n. 14898; Cass. 11/03/2010, n. 5924; Cass. 24/07/2014, n. 16876; v. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12488 del 2021)”; nel caso di specie, essendo stata la sentenza di appello depositata in data 30 novembre 2016, il termine per impugnare, per effetto del regime di sospensione di cui all’art. 11, comma 9, decreto-legge n.50/2017, scadeva il 30 novembre 2017, data i n cui l’Ufficio ha notificato il ricorso, a mezzo pec, all’indirizzo di posta elettronica del difensore dei contribuenti dei gradi di merito (AVV_NOTAIO).
2.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 2, del d.P.R. n. 600/73 e dell’art. 56, comma 5, del d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR ritenuto la nullità dell’avvis o di accertamento in questione per difetto di motivazione non recando
l’indicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche della responsabilità dei contribuenti sebbene, nella specie, l’indicazione di questi ultimi nell’intestazione dell’avviso quali gestori di fatto della cooperativa verificata e il richiamo al contenuto del p.v.c. fossero sufficienti a delimitare e specificare la pretesa impositiva e a consentire ai contribuenti una adeguata difesa, senza, peraltro, la necessità di indicazione di specifici riferimenti normativi. Al riguardo – come precisato dall’Ufficio nelle cont rodeduzioni in appello -nel richiamato p.v.c. emergeva – in base alla documentazione rinvenuta nel corso RAGIONE_SOCIALE perquisizioni e alle dichiarazioni rese dai soggetti che avevano rivestito solo formalmente la carica di rappresentanti legali della società verificata – il ruolo di gestori di fatto della cooperativa in capo agli appellanti (i quali gestivano i conti correnti di quest’ultima direttamente o tramite persone di loro fiducia; effettuavano, direttamente o indirettamente, la selezione del personale della cooperativa al quale impartivano direttive etc.) e, dunque, il titolo della loro responsabilità per i tributi evasi dalla società e relative sanzioni.
2.1. Il primo motivo è infondato.
2.2. Va, in proposito, ricordato che l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, imposto dall’art. 56, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, è soddisfatto ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l’an” ed il “quantum debeatur”, e ciò può fare anche per relationem, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, purché ne riproduca il contenuto essenziale, in quanto l’obbligo di allegazione di cui all’art. 7, comma 1, ultima parte, della legge n. 212 del 2000 deve intendersi riferito ai soli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza (Cass. n. 23923 del 2016; n. 9323 e n. 28713 del 2017; n. 19615 e n. 20248 del 2018; n. 29289 del 2018).
2.2.Questa Corte ha affermato che ai sensi dell’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, la motivazione dell’avviso di accertamento esige – oltre alla puntualizzazione
degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria -soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi, idonei a delimitare l’àmbito RAGIONE_SOCIALE ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale fase contenziosa, restando affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti medesimi e la loro idoneità a sostenere la pretesa impositiva (Cass. 21 novembre 2001, n. 14700; Cass. 11 novembre 2011, n. 23615; Cass. 26290 del 2016; Cass. n. 28061 del 2017). Se la motivazione è per relationem, il documento richiamato può anche non essere allegato all’atto richiamante, se questo ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme RAGIONE_SOCIALE parti necessarie e sufficienti a sostenere il provvedimento (Cass. 25 marzo 2011, n. 6914, Rv. 617325; Cass. 15 aprile 2013, n. 9032, Rv. 626304; Cass. n. 26290 del 2016). In altri termini, la motivazione dell’atto tributario può ben richiamare elementi di fatto contenuti in altri atti o documenti, collegati all’atto no tificato, ma non per questo sorge un obbligo assoluto di allegazione dei medesimi, a condizione che la motivazione ne riproduca il ‘ contenuto essenziale ‘. Proprio su tale locuzione si sono concRAGIONE_SOCIALE diverse pronunce della Corte di cassazione, costantemente concorde nel ritenere che per tale debba intendersi ‘ l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato e la cui indicazione consenta al contribuente -e al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi de lla motivazione del provvedimento.’ (cfr . Cass. n. 1134 del 20 gennaio 2020; Cass. n. 20943/2019, n. 20416/2018, n. 9323/2017, 26472/2014).
5.3. Invero, dall’avviso di accertamento in questione -trascritto in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza -si evince, nell’intestazione, l’indicazione dei contribuenti quali ‘gestori di fatto’ di RAGIONE_SOCIALE e, nella motivazione, il richiamo ( per relationem ) ad uno stralcio del p.v.c. della G.d.F. di Fiumicino elevato nei confronti della società cooperativa (‘ dal p.v.c. sono emerse le seguenti violazioni: fatture emesse relative ad operazioni inesistenti… la società ha inoltre omesso di operare e versare le ritenute di
acconto sui compensi corrisposti ai dipendenti e/o soci lavoratori …’) . Trattasi di indicazioni di fatti non sufficienti a individuare il titolo astrattamente giustificativo della responsabilità concorrente dei contribuenti, quali gestori di fatto, per i tributi evasi dalla società e relative sanzioni, non risultando dalla motivazione dell’avviso esplicitate in maniera esauriente le ragioni per le quali RAGIONE_SOCIALE era stata ritenuta una “cartiera” né tantomeno le ragioni per le quali NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME erano stati ritenuti amministratori di fatto della società cooperativa.
Nella sentenza impugnata, la CTR si è, dunque, attenuta ai suddetti principi nel ritenere nullo l’avviso di accertamento in questione notificato a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, quali gestori di fatto di RAGIONE_SOCIALE, per carenza di motivazione non essendo evincibili dallo stesso ‘le ragioni in diritto’ della responsabilità di questi ultimi, essendo stati indicati nell’intestazione quali ‘gestori di fatto’ senza alcun a altra menzione degli stessi nell’avviso e avendo l’RAGIONE_SOCIALE provveduto inammissibilmente solo nell’atto di appello a ‘chiarire che la pretesa per i tributi evasi e per sanzioni era rivolta anche nei confronti dei gestori di fatto ai sensi degli artt. 2495 c.c. e 36 del d.P.R. n. 602/73’, peraltro , invocando norme fuori luogo.
Con il secondo motivo si denuncia, in subordine, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR ritenuto che l’Ufficio aveva inammissibilmente, in grado di appello, integrato la motivazione dell’avviso in questione, chiarendo che la pretesa per tributi evasi e per sanzioni era rivolta anche nei confronti dei gestori di fatto ai sensi degli artt. 2495 c.c. e 36 del d.P.R. n. 602/73 sebbene la indicazione RAGIONE_SOCIALE norme applicabili non avesse modificato il contenuto della pretesa risolvendosi in una mera difesa a fronte RAGIONE_SOCIALE contestazioni dei contribuenti.
Con il terzo motivo si denuncia, in ulteriore subordine, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR – qualora si ritenesse che la stessa abbia statuito nel merito rilevando la mancata prova della gestione di fatto della cooperativa da
parte dei contribuenti -omesso di considerare gli elementi indiziari (gestione dei conti correnti della verificata direttamente o tramite persone di loro fiducia; selezione, direttamente o indirettamente, del personale della cooperativa; direttive impartite al personale etc.) emersi in sede di verifica della G.d.F. in base ai quali emergeva in capo agli appellanti il ruolo di ‘gestori di fatto’ della cooperativa.
5. L’infondatezza del primo motivo rende inutile la trattazione dei restanti, comportandone l’assorbimento.
6.In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Così deciso, in Roma, in data 11 settembre 2024
Il Presidente NOME COGNOME