Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7978 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Operazioni oggettivamente Relatore: COGNOME NOME
inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7978 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 3672 del ruolo generale dell’anno 20 21, proposto Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del controricorso, elettivamente domiciliata presso
lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME COGNOME, sito in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 3806/01/2020, depositata in data 13 luglio 2020, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 719/11/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Palermo che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società, esercente attività di fabbricazione di apparecchiature di controllo elettrico, avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della G.d.F. di Bagheria aveva contestato, per il 2009, l’indebita deduzione di costi, ai fini Ires e Ir ap e detrazione ai fini Iva: 1) relativi ad operazioni ritenute oggettivamente inesistenti (fatture emesse dalla ditta RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE); 2) non inerenti, oltre interessi e sanzioni.
2. In punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) era fondata la censura di violazione degli artt. 12, comma 2, della legge n. 212/2000, 33, comma 1, del d.P.R. n. 600/73, 52, comma 1, del d.P.R. n. 633/72, non essendo state ben esplicitate nell’autorizzazione rilasciata dal Comandante della RAGIONE_SOCIALE di Bagheria le ragioni della disposta verifica presso la sede di RAGIONE_SOCIALE a socio unico; tale motivo era stato ritenuto fondato, tra l’altro, anche nella sentenza della CTR della Sicilia n. 109/12/2018 relativamente al medesimo contribuente e all’anno di imposta 2010; 2) l’atto impositivo faceva riferimento ad elementi assunti
presso un fornitore della società appellante che non risultavano essere stati portati a conoscenza della stessa.
3.Resiste la società contribuente con controricorso illustrato con successiva memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione degli artt. 12 della legge n. 212/2000, 33 del d.P.R. n. 600/73 e 52 del d.P.R. n. 633/72 per avere la CTR accolto il motivo di appello della società circa l’illegittimità dell’atto impositivo per mancata esplicitazione nell’autorizzazione rilasciata dal Comandante della G.d.F. di Bagheria delle ragioni della verifica dei militari presso la sede della società sebbene 1) nell’autorizzazione fossero chiaramente indicati i periodi di imposta, lo scopo e l’oggetto cui si riferiva la verifica; 2) l’eventuale esorbitanza rispetto all’oggetto dell’autorizzazione non rendesse inutilizzabili i dati raccolti nel corso della verifica.
1.1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del motivo per difetto di specificità ai sensi dell’art. 366 c.p.c. avendo l’Agenzia articolato puntualmente la censura in termini di violazione di legge (ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.) individuando chiaramente la questione di diritto posta.
1.2.Il motivo è fondato.
1.3.Questa Corte ha già precisato che: «In tema di accertamenti tributari, qualora la Guardia di Finanza operi nell’esercizio di poteri di polizia giudiziaria, non è necessaria l’autorizzazione del comandante di zona, prevista dall’art. 33, comma 6, del d.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 51, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, la cui assenza, peraltro, anche nelle ipotesi di esercizio dei poteri di polizia tributaria, non comporta necessariamente, mancando una specifica previsione in tal senso, l’invalidità dell’atto compiuto, salvo il coinvolgimento di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio» (Cass., 26 maggio 2017, n. 13421, richiamata anche dalla difesa erariale) ed ancora che «L’acquisizione irrituale da parte della
Guardia di Finanza di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale non comporta la inutilizzabilità degli stessi in mancanza di una specifica previsione in tal senso, non trovando applicazione, trattandosi di attività di carattere amministrativo, l’art. 24 Cost. sulla tutela del diritto di difesa, salva l’ipotesi in cui vengano in rilievo diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio» (Cass., 13 novembre 2018, n. 29132; Sez. 5, Ordinanza n. 9733 del 2024).
Inoltre, «In tema di accertamento dell’IVA, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, prescritta dall’art. 52, primo e secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ai fini dell’accesso degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria (o della Guardia di finanza, nell’esercizio dei compiti di collaborazione con gli uffici finanziari ad essa demandati) non è necessaria nel caso in cui l’accesso riguardi i locali in cui si svolgono le attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, ed è invece necessaria nel caso in cui il suddetto accesso riguardi locali adibiti «anche ad abitazione» del contribuente (ipotesi contemplata dal primo comma), ovvero locali «diversi», e quindi destinati esclusivamente ad abitazione e le due ipotesi presentano presupposti diversi, solo nel secondo caso richiedendosi la sussistenza di gravi indizi di violazioni (Cass., 5 febbraio 2007, n. 2444; Sez. 5, Ordinanza n. 9733 del 2024).
1.4. E’ stato, altresì, precisato che ‘ai sensi dell’art. 35 della l. n. 4 del 1929, la Guardia di finanza, in quanto polizia tributaria, può sempre accedere negli esercizi pubblici ed in ogni locale adibito ad azienda industriale o commerciale ed eseguirvi verificazioni e ricerche, per assicurarsi dell’adempimento delle prescrizioni imposte dalle leggi e dai regolamenti in materia finanziaria, non necessitando, a tal fine, di autorizzazione scritta, richiesta per il diverso caso di accesso effettuato dai di pendenti civili dell’Amministrazione finanziaria’ (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17525 del 28/06/2019).
1.5. Posto quanto sopra, e considerato, peraltro, che, nella specie, dal provvedimento di autorizzazione del Comandante della G.d.F. di Bagheriariprodotto in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza- si evincevano
chiaramente i periodi di imposta, lo scopo e l’oggetto cui si riferiva la verifica, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere illegittimo l’avviso di accertamento in questione per una asserita mancata esplicitazione nell’autorizzazione d el Comandante della Guardia di Finanza di Bagheria delle motivazioni che avevano indotto i militari a disporre la verifica fiscale presso la sede della società contribuente.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 36 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR, con una motivazione apparente, affermato apoditticamente che ‘ nell’avviso si faceva riferimento ad elementi assunti presso un fornitore della società appellante che non risultavano portati a conoscenza della stessa appellante ‘ senza esplicitare quali fossero tali atti presupposti non conosciuti dal contribuente e la rilevanza di tale ipotizzata omissione.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2. La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., 5 luglio 2022, n. 21302; Cass., 1 marzo 2022, n. 6758, Sez. 5, Ordinanza n. 6044 del 2024). Nella specie, la CTR ha ritenuto chiaramente affetto l’avviso di accertamento in questione anche da vizio motivazionale atteso che in esso si faceva riferimento ‘ ad elementi assunti presso un fornitore della società appellante che non risultavano portati a conoscenza della stessa appellante’.
Con il terzo motivo si denuncia, in subordine, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212/2000 e 42 del d.P.R. n. 600/73 per avere la CTR ritenuto l’illegittimità
dell’avviso in questione per difetto della motivazione avendo l’Ufficio richiamato in essa elementi assunti presso un fornitore non portati a conoscenza della società sebbene il p.v.c. richiamato in esso per relationem fosse stato consegnato alla società contribuente nonché riprodotto nel contenuto essenziale nell’avviso e nel p.v.c. fossero stati indicati gli elementi indiziari assunti, in particolare, presso la ditta assunta fornitrice ‘RAGIONE_SOCIALE di Todaro RAGIONE_SOCIALE‘ (formale cessazione dell’attività in data 31.12.2007; fallimento della stessa dichiarato in data 29.1.2008 e chiusosi in data 29.4.2011; occultamento e /o distruzione, negli anni 2006 -2007, di parte della documentazione contabile e amministrativa; dichiarazione del titolare di non avere svolto negli anni successivi alla chiusura dell’attività alcuna movimentazione in vendita di merci di qualunque genere, etc.) circa l’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.
3.1. Priva di pregio è l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla società sul presupposto che l’impugnazione si risolverebbe in una richiesta di riesame del merito della vicenda – non ammissibile in questa sede – venendo, invece, prospettata la non corretta applicazione della legge.
3.2.Il motivo è fondato.
3.3.In tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”, sicché lo stesso è correttamente motivato quando fa riferimento ad un processo verbale di constatazione regolarmente notificato o consegnato all’intimato, senza che l’Amministrazione sia tenuta ad includervi notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti o a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto (cfr., ex multis , Cass. n. 27800 del 2019). Costituisce principio giurisprudenziale pacifico quello per il quale «nel regime introdotto dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può
essere adempiuto anche “per relationem”, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento » (così Cass. n. 6914 del 25/03/2011; conf. Cass. Cass. n. 13110 del 25/07/2012; Cass. n. 9032 del 15/04/2013; Cass. n. 9323 del 11/04/2017; si veda anche Cass. n. 21066 del 11/09/2017; n. 1134 del 20 gennaio 2020); va altresì ricordato che in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso ai sensi dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, va inteso in necessaria correlazione con la finalità «integrativa» delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, terzo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241; il contribuente ha, infatti, diritto di conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare tale motivazione, ma non di conoscere il contenuto di tutti quegli atti, cui si faccia rinvio nell’atto impositivo e sol perché ad essi si operi un riferimento, ove la motivazione sia già sufficiente (e il richiamo ad altri atti abbia, pertanto, mero valore «narrativo»), oppure se, comunque, il contenuto di tali ulteriori atti (almeno nella parte rilevante ai fini della motivazione dell’atto impositivo) sia già riportato nell’atto noto. Pertanto, in caso di impugnazione dell’avviso sotto tale profilo, non basta che il contribuente dimostri l’esistenza di atti a lui sconosciuti cui l’atto impositivo faccia riferimento, occorrendo, invece, la prova che almeno una parte del contenuto di quegli atti, non riportata nell’atto impositivo, sia necessaria ad integrarne la motivazione (Cass., 5 ottobre 2018, n. 24417; Cass., 10 febbraio 2016, n. 2614; Cass., 16 maggio 2012, n. 7654; Cass. n. 10721 del 2024).
3.4.Nella sentenza impugnata il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi nel ritenere sostanzialmente illegittimo l’avviso de quo anche per vizio motivazionale atteso che in esso si faceva riferimento ad ‘ elementi assunti presso un fornitore della società appellante che non risultavano portati a conoscenza della stessa appellante ‘; invero, nella specie, dallo stralcio dell’avviso trascritto, in ossequio al principio di autosufficienza, in ricorso (pagg.8-9) , si evince l’avvenuta consegna alla contribuente del p.v.c. della Gdf in esso richiamato per relationem (‘ visto il processo verbale di constatazione che qui s’intende integralmente riportato per relationem .. per averne la parte ricevuto e sottoscritto copia ‘) nonché, peraltro, la riproduzione in esso degli elementi essenziali dell’atto richiamato con riguardo agli elementi indiziari concernenti l’assunto utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti acquisiti presso un fornitore della società (‘ dal controllo documentale è emerso che nel 2009 e nel 2010 tra i fornitori della CEIF figurava la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, esercente l’attività di commercio all’ingrosso di materie da costruzione, a carico della quale il Reparto della Guardia di Finanza aveva intrapreso una verifica fiscale conclusasi con la contestazione di violazioni fiscalmente e penalmente rilevanti tra le quali occultamento di documenti contabili ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. In base alle considerazioni dettagliatamente esposte a pag. 28 del p.v.c. che qui si richiamano integralmente -ad esempio che la ditta aveva cessato l’attività il 31.12.2007 e non aveva mai commercializzato le merci indicate nelle fatture emesse nei confronti della CEIF- i militari hanno ritenuto che tali fatture fossero relative ad operazioni oggettivamente inesistenti ‘).
4.In conclusione, vanno accolti i motivi primo e terzo, respinto il secondo, con cassazione della sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione;
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata- in relazione ai motivi accolti- e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione;
Così deciso in Roma il 13 marzo 2015