Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16884 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16884 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2585/2021 R.G. proposto da
Banca RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO, domicilio digitale EMAIL
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione regionale tributaria della Lombardia n. 1225/2020 depositata il 24 giugno 2020.
Udita la relazione svolta nella udienza del 31 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
Oggetto:
oggetto della controversia è l’avviso di accertamento (n. NUMERO_DOCUMENTO) emesso dall’RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi controricorrente) nei confronti della Banca RAGIONE_SOCIALE del Lavoro s.p.a. (d’ora in poi ricorrente), a seguito di una rettifica di una comunicazione Docfa, in materia di estimi catastali;
l’attuale ricorrente aveva, in particolare , proposto per un’unità immobiliare sita in Pavia la categoria speciale D/5 rendita € 46.144,00, ma l’attuale controricorrente, ritenendo non congruo il classamento, aveva rideterminato la rendita in € 99 .400,00, ripristinando la rendita precedentemente accertata;
la CTP ha rigettato il ricorso dell’odiern
a ricorrente;
la CTR ha confermato la pronuncia di primo grado sulla base RAGIONE_SOCIALE seguenti considerazioni:
-sulla questione relativa alla lamentata carenza di motivazione dell’atto impugnato deve trovare applicazione l’orientamento di legittimità per il quale , ove l’attribuzione della rendita catastale abbia luogo a seguito di procedura Docfa ed in base ad una stima diretta, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento dell’immobile deve ritenersi osservato anche mediante la semplice indicazione dei dati oggettivi acclarati dall’ufficio, trattandosi di elementi che sono conosciuti o comunque facilmente conoscibili dal contribuente, in ragione della struttura fortemente partecipativa dell’avviso stesso;
-la giurisprudenza di legittimità ha, specificato che, in caso di procedura Docfa, l’obbligo di motivazione dell’avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni cassati, dovendosi procedere, in caso contrario, ad una motivazione più approfondita e specificare le differenze riscontrate, sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente, sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso;
-con riguardo al merito della pretesa «è agevolmente desumibile l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE doglianze (e conseguentemente del gravame) dell’odierna appellata. L’appello in esame in definitiva va respinto».
L’odiern a ricorrente ha proposto ricorso fondato su tre motivi; il controricorrente si è costituito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta , in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241 , dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212, degli artt. 8 e 10 del r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, degli artt. 8 e 30 del regolamento 1° dicembre 1949, n. 1142. Contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sufficiente la motivazione dell’avviso impugnato , rilevando che nella specie la controricorrente ha effettuato una diversa ricognizione dei cd imbullonati, il che avrebbe implicato una più specifica motivazione.
Il primo motivo è infondato. La sentenza impugnata nella parte in fatto ha riportato pedissequamente le intere difese di entrambe le parti e nella difesa dell’odiern a controricorrente è stato riportato uno stralcio dell’avviso impugnato, in particolare, dell’allegato 1. Da esso si evince , alla voce «integrazione della motivazione », « Dall’esame del AVV_NOTAIO presentato come tipologia di documento ai sensi dell’art. 1 , comma 22, della legge 208/2015, che riguarda i cosiddetti imbullonati, non risulta l’esclusione di nessun impianto rispetto al Do.C.Fa prot. NUMERO_DOCUMENTO del 24/12/2002E già validato da questo ufficio. Pertanto, si ripristinano i conteggi e la rendita catastale presenti in atti».
Si deve ritenere, pertanto, in assenza di specifiche contestazioni sul punto da parte della ricorrente, che l’avviso impugnato contenesse tutti gli elementi necessari per approntare un’adeguata difesa. Corretta è, dunque, la motivazione fornita dalla sentenza impugnata in ordine alla lamentata carenza di motivazione dell’avviso, in quanto rispondente al prevalente orientamento di legittimità.
Deve, infatti, essere riaffermato il principio in forza del quale, in tema di classamento di immobili, l’attribuzione della rendita catastale mediante procedura cd. Docfa si distingue dal riclassamento operato su iniziativa dell’ufficio ai sensi dell’art. 1, comma 335, della l. n. 211 del 2004: nel primo caso, trattandosi di procedura collaborativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe
attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; nel secondo caso, invece, dovendosi incidere su valutazioni già verificate in termini di congruità al fine di mutare il classamento precedentemente attribuito, la motivazione è più approfondita, in quanto volta ad evidenziare gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione (Cass. Sez. 5, n. 30166/2019, Rv. 655929 -01, Sez. 6 – 5, n. 24677/2022, Rv. 665503 – 01).
Si osserva che nel caso di specie, pur trattandosi di rettifica a seguito di una procedura cd Docfa, l’avviso non si è limitato a indicare i dati oggettivi e la classe attribuita, ma ha riportato chiaramente le ragioni per le quali ha proceduto alla rideterminazione.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 e de ll’art. 6 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. Si duole che i giudici di secondo grado abbiano del tutto omesso di pronunciarsi sul secondo motivo di gravame con cui si censurava la decisione di primo grado nella parte in cui aveva escluso che l’onere della prova sulla rendita accertata ricadesse a carico dell ‘ente impositore.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 36 e 62 del d.lgs. n. 546 del 1992 , dell’art. 132 cod. proc. civ. Censura che la sentenza impugnata abbia omesso ogni motivazione relativamente al merito della controversia.
I motivi secondo e terzo sono infondati e, stante la loro stretta connessione, in quanto incentrate sull’omessa motivazione , possono essere trattati congiuntamente.
Nel caso in esame deve escludersi che la sentenza impugnata abbia omesso la motivazione, in quanto, nel riportare analiticamente il contenuto degli atti introduttivi e richiamando per relationem la sentenza di primo grado ha consentito la ricostruzione del percorso motivazionale.
Per quanto riguarda l’omessa pronuncia sul secondo motivo di gravame che censurava l’esclusione dell’onere della prova della rendita accertata a carico
dell’ufficio, va ricordato che la controricorrente ha ripristinato i valori catastali attribuiti precedentemente all ‘ultima Docfa e che dall’avviso, per come riportato negli atti, cui sopra si è già fatto riferimento, e che si riproduce nuovamente per comodità, risulta: «Dall’esame del Do.c.fa presentato come tipologia di documento ai sensi dell’art. 1, comma 22, della legge 208/2015, che riguarda i cosiddetti imbullonati, non risulta l’esclusione di nessun impianto rispetto al Do.C.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO del 24/12/2002E già validato da questo ufficio. Pertanto, si ripristinano i conteggi e la rendita catastale presenti in atti».
Nessuna sostanziale variazione sembra essere stata apportata e neppure un’indicazione nella nuova Docfa RAGIONE_SOCIALE componenti impiantistiche da escludere sulla base della l. n. 208 del 2015.
Sulla base di queste situazioni di fatto è da escludere che fosse a carico della controricorrente l’onere di dimostrare le ragioni del ripristino della rendita catastale originariamente riconosciuta. Incombeva, viceversa, sulla ricorrente l’onere, non assolto, di dimostrare i presupposti per il riconoscimento del ritenuto attuale minore valore.
Con riferimento al merito, poi, della controversia, la stessa ricorrente ha riportato un passo della motivazione della CTP, condiviso dalla sentenza impugnata, nel quale si legge: «Quanto alla rideterminazione della rendita, al di là dell’esclusione degli imbullonati, in una prospettiva dichiaratamente complessiva e più ampia, si osserva come i criteri adottati e i risultati si discostino significativamente e immotivatamente da quelli indicati dallo stesso contribuente nella denuncia Docfa dell’anno 2002, sia quanto alle consistenze RAGIONE_SOCIALE varie tipologie costituenti il compendio in questione, sia quanto ai costi di costruzione unitari senza che siano intervenute apprezzabili modifiche strutturali nell’immobile (anche al netto degli imbullonati che sarebbero peraltro di modesto valore)».
La ricorrente, dunque, proprio a proposito del merito della controversia, con il motivo oggi proposto non ha neanche indicato le specifiche contestazioni disattese facendo semplicemente riferimento alle perizie depositate in giudizio, senza, peraltro prendere posizione sulle chiare ragioni esplicitate nella sentenza di primo grado e condivise dal giudice di appello. Le doglianze si risolvono,
dunque, in una censura circa il cattivo governo dei mezzi istruttori, preclusa in questa sede.
Giova, infatti, ricordare che in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio – in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante – costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della S.C., restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali (Cass. Sez. 3, n. 37382/2022, Rv. 666679 -05).
Da quanto esposto segue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 4.500,00, per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 31 maggio 2024