Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26336 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9568/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di II° grado di ROMA n. 5439/2022 depositata il 28/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, avverso la sentenza della
Commissione tributaria provinciale di Roma n. 12321/2019 di accoglimento dei ricorsi riuniti proposti dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamento IMU nn. 240, 181, 63, emessi rispettivamente per gli anni 2014, 2015 e 2016 per un valore totale di € 52.589,41, con il quale l’Ufficio aveva ingiunto il pagamento dell’IMU contestandone l’omissione.
In particolare, la CGT, nel confermare la sentenza di prime cure, ha rilevato che la struttura dell’atto impositivo impugnato non contenesse alcun elemento dal quale poter agevolmente comprendere la pretesa impositiva avanzata, con conseguente invalidità del provvedimento per difetto di motivazione.
Avverso la suddetta sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui ha resistito con controricorso la contribuente NOME COGNOME.
Successivamente ambo le parti hanno depositato una memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ., con la quale la ricorrente ha eccepito, tra l’altro, la tardività del deposito del controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212 e 3 legge 7 agosto 1990, n. 241, contestando che la sentenza impugnata erroneamente affermerebbe la mancanza dei requisiti prescritti da tali norme e la necessità che le delibere municipali richiamate negli avvisi siano allegate o rese accessibili mediante indicazione delle modalità di acquisizione, atteso che gli avvisi di accertamento conterrebbero tutti i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalle norme dette e che le delibere richiamate sono state pubblicate sull’albo pretorio e sono agevolmente accessibili dal sito internet dell’amministrazione ovvero mediante accesso diffuso.
Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 212 del 2000 e dell’art. 3 L. 241 del 1990, in quanto la sentenza impugnata impone, a pena di nullità, l’onere d’indicazione del percorso internet o delle diverse modalità per accedere alle delibere richiamate negli accertamenti, gravando l’ente di incombenze normativamente non prescritte ed illogiche.
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 212 del 2000 e dell’art. 3 legge 241 del 1990, atteso che la sentenza ha ritenuto che l’adeguata motivazione dell’atto non possa esser dedotta dalla difesa giudiziale del contribuente, né tanto meno che sia possibile affidare alle controdeduzioni il compito di assolvere o superare l’obbligo motivazionale dell’atto impositivo.
Con il quarto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 o 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la nullità della sentenza e del procedimento, per error in procedendo e violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. La sentenza sarebbe viziata da ultrapetizione in quanto la contribuente nei ricorsi introduttivi riuniti non ha mai censurato l’incomprensibilità della pretesa tributaria per mancanza degli elementi basilari degli accertamenti, ma solo la mancata riduzione del valore de ll’area edificabile per la presenza di fasce di rispetto, mentre la sentenza ha annullato gli avvisi per difetto assoluto degli elementi normativamente prescritti.
Con il quinto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 o 5, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 comma 5 d.lgs. n. 504 del 1992 ovvero la nullità della sentenza per omessa pronuncia, atteso che il giudice del gravame pur avendo annullato gli avvisi e rilevato l’edificabilità del
lotto, disponendo di adeguate informazioni e strumenti, non ha rideterminato il tributo, lasciando priva di imposizione l’area.
Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente chiede la riforma delle spese di lite.
In via preliminare deve essere analizzata la eccezione di tardività del controricorso. Il ricorso risulta notificato in data 5/03/2023 mentre il deposito del controricorso è avvenuto in data 27/06/2023. Tale deposito risulta dunque tardivo, in quanto effettuato oltre il termine di legge di 40 giorni decorrenti dalla notifica. Ne deriva che, ex art. 370 cpc, né di esso né della successiva memoria di parte potrà tenersi conto ai fini della decisione.
I primi due motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche da essi poste, tutte incentrate sul presunto errore della decisione di gravame nel ritenere insufficiente, sotto diversi profili, la motivazione dei provvedimenti di accertamento.
8.1. Tali motivi sono fondati.
8.2. Per costante giurisprudenza è pacifico che l’obbligo di allegazione all’avviso d’accertamento, ai sensi della l. n. 212 del 2000, art. 7, degli atti oggetto di rinvio per relationem riguarda gli atti non conosciuti, e non altrimenti conoscibili, da parte del contribuente, laddove le delibere comunali (nella specie, ad oggetto tributario ed urbanistico), che sono atti generali per i quali è prevista una pubblicità legale, non sono soggette all’obbligo di allegazione perché la loro conoscibilità è presunta (cfr., ex plurimis , Cass. 25/11/2022 n 34879, che adde Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755) Cass., 21 novembre 2018, n. 30052; Cass., 3 novembre 2016, n. 22254; Cass., 13 giugno 2012, n. 9601; Cass., 16 marzo 2005, n. 5755).
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 7, legge n. 212 del 2000 e dell’art. 3 legge 241 del 1990, atteso che la sentenza ha ritenuto che l’adeguata motivazione dell’atto non possa esser dedotta dalla difesa giudiziale del contribuente, né tanto meno che sia possibile affidare alle controdeduzioni il compito di assolvere o superare l’obbligo motivazionale dell’atto impositivo.
9.1. Il motivo è infondato, atteso che questa Corte ha già affermato il principio secondo cui, in tema di imposta comunale sugli immobili, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto solo quando il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'” an ” ed il ” quantum ” dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva ( ex multis , Cass. 30/12/2019, che adde Cass. 08/11/2017 n. 26431). La sufficienza della motivazione dell’atto impositivo non può quindi essere dedotta dal fatto che il ricorrente abbia, successivamente, potuto esperire compiutamente le proprie difese in giudizio.
Il quarto, quinto ed il sesto motivo risultano invece assorbiti.
In conclusione, i primi due motivi devono essere accolti, mentre il terzo va rigettato e gli altri ne risultano assorbiti.
All’accoglimento dei primi due motivi di ricorso consegue la cassazione con rinvio alla CGT di secondo grado del Lazio in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, rigetta il terzo motivo di ricorso e, ritenuti assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio.
Così deciso in Roma, il 18/09/2024 .