Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29335 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29335 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 10670-2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO giusta procura speciale estesa in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVV_NOTAIO GENERALE COGNOMEO STATO
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 4895/2022 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DEL LAZIO, depositata il 4/11/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30/10/2025 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. , in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di rettifica e di liquidazione a mezzo del quale, in riferimento al periodo d’imposta 2016, era stato richiesto il pagamento di maggiore imposta di registro ed accessori in relazione alla compravendita di un compendio immobiliare.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 e dell’art. 52 del d.p.r. n. 131 del 1986, e lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado abbia «errato nel ridurre l’accertamento ad atto di mera provocatio ad opponendum , considerando a tale fine sufficiente che l’Ufficio ‘abbia messo il contribuente a conoscenza della pretesa tributaria avanzata nei suoi elementi essenziali’».
1.2. La doglianza è infondata.
1.3. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha affermato quanto segue:« … gli avvisi di liquidazione e accertamento devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto e alle ragioni giuridiche che li hanno determinati (Cass. nn. 1694/18 e 26431/17, in tema di ICI), ma in ragione del carattere di provocatio ad opponendum dell’avviso notificato, si ritiene soddisfatto l’obbligo di motivazione ogni qualvolta l’Ufficio abbia posto il contribuente nella condizione di conoscere la pretesa tributaria nei
suoi elementi essenziali e di contestarne la fondatezza sia nell’ an che nel quantum ; nel caso di specie, nell’atto impositivo vi è l’indicazione RAGIONE_SOCIALE norme fiscali in base alle quali sono avvenuti i recuperi a tassazione e le motivazioni che hanno dato luogo al recupero fiscale con l’indicazione della fonte informativa e di quella normativa quale presupposto d’imposta ».
1.4. Questa Corte ha da tempo abbandonato la tesi (cui aderisce la Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della natura meramente processuale della motivazione dell’avviso di accertamento, secondo cui la motivazione ha l’esclusiva funzione di affermare la pretesa tributaria e di provocare la difesa del contribuente ( provocatio ad opponendum ) (in tal senso, indicativamente, cfr. Cass. nn. 9441/2014, 7360/2011, 22370/2010, 28955/2009, 12169/2009, 20054/2006, 17293/2006, 14673/2006, 19515/2003, 6232/2003, 14700/2001, 5557/2000, 2500/2000, 1209/2000, 14427/1999, 7991/1996, 3898/1980).
1.5. Secondo questa impostazione, la motivazione è sufficiente quando consenta al contribuente di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e di contestarne efficacemente l’ an ed il quantum debeatur , cosicché sarebbe sufficiente l’indicazione degli elementi soggettivi e oggettivi della pretesa tributaria, con i fatti astrattamente giustificativi di essa.
1.6. Occorre al contrario evidenziare che gli artt. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 (in tema di atti dell’amministrazione finanziaria; il quale richiama l’art. 3 della legge n. 241 del 1990) e l’art. 1, comma 165 legge 296/2006 dispongono che l’Amministrazione (e il concessionario) è obbligata ad indicare i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che hanno determinato la decisione della stessa (anche se non è necessario fornire in dettaglio la notizia di ogni singolo elemento di prova: Cass. n. 26472/2014).
1.7. Da ciò si evince che la motivazione attiene alla sostanza e non alla forma dell’atto tributario e, pertanto, non è riconducibile ad una mera provocatio ad opponendum , ma integra un elemento essenziale dell’atto suddetto, sulla cui base va definito il thema decidendum e probandum dell’eventuale successivo giudizio di impugnazione.
1.8. In particolare, essa deve consentire il controllo interno e giurisdizionale dell’atto, al fine di accertare la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, ed in tal senso, del resto, si sono già persuasivamente espresse le Sezioni Unite di questa Corte (n. 19854 del 2004), seguite da diverse pronunce RAGIONE_SOCIALE sezioni semplici (n. 15842 e n. 25054 del 2006; n. 23009 del 2009; n. 7056 e n. 22003 del 2014; n. 20251/2015), alle quali si deve aggiungere il sostanziale ed autorevole avallo della Corte Costituzionale con la pronuncia n. 244 del 2009 (argomentata anche da Corte Costituzionale n. 98 del 2014 circa l’immodificabilità in corso di causa della motivazione dell’avviso).
1.9. L’originaria inidoneità motivazionale dell’atto comporta, dunque, l’invalidità di questo ed è perfettamente legittimo che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado valuti, in relazione ad uno specifico motivo di impugnazione proposto dal contribuente, la sufficienza della motivazione dell’avviso di rettifica oggetto di controversia, e del resto, nel procedimento tributario, la motivazione dell’avviso di accertamento assolve ad una pluralità di funzioni, atteso che garantisce il diritto di difesa del contribuente, delimitando l’ambito RAGIONE_SOCIALE ragioni deducibili dall’ufficio nella successiva fase processuale contenziosa, consente una corretta dialettica processuale, presupponendo l’onere di enunciare i motivi di ricorso, a pena di inammissibilità, e la presenza di leggibili argomentazioni dell’atto amministrativo, contrapposte a quelle fondanti l’impugnazione e, infine, assicura, in ossequio al principio costituzionale di buona amministrazione, un’azione amministrativa efficiente e congrua alle finalità della legge, permettendo di comprendere la ratio della decisione adottata (cfr. Cass. Cass. n. 22003/2014; Cass. n. 9810/2015).
1.10. Ne consegue che la motivazione addotta dai giudici regionali in ordine all ‘insussistenza della carenza motivazionale dell’atto opposto sol perché avrebbe consentito al contribuente di predisporre le proprie difese, senza valutare concretamente il contenuto dell’atto si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
1.11. Tuttavia, sebbene la motivazione dei giudici di appello non sia conforme ai principi di diritto espressi da questa Corte, il dispositivo deve
essere confermato, in ragione dell ‘idoneità motivazionale dell’avviso opposto (ritualmente allegato al ricorso) che contempla la specifica indicazione de ll’atto di compravendita e degli immobili, a suo oggetto, con i relativi valori imponibili e le aliquote applicate, sui quali si fonda la liquidazione dell’imposta , e reca in allegato la perizia di stima effettuata dall’Ufficio .
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per motivazione apparente per avere la Corte di giustizia tributaria di secondo grado «omesso di indicare gli elementi dai quali (avrebbe) tratto il proprio convincimento, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sulla esattezza e sulla logicità del ragionamento perseguito».
2.2. La censura va parimenti disattesa.
2.3. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. n. 15883/2017; Cass. n. 9105/2017; Cass. Sez. Unite n. 22232/2016; Cass. n. 9113/2012; Cass. n. 16736/2007), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
2.4. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata, seppure in modo sintetico, esplicita in maniera sufficiente la ratio decidendi , consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con i restanti motivi, la contribuente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo la ricorrente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 51 e 52, comma 1, del d.p.r. 26 aprile 1986, n. 131, 2697 c.c. e 115 c.p.c. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente confermato la stima degli immobili effettuata dall’Ufficio sebbene «tale atto impositivo (e, conseguentemente, la metodologia di accertamento posta alla base) si
risolv (…a)… alla sola stregua dei parametri valoriali offerti dai tabellari OMI che … costituiscono da soli elementi insufficienti ai fini della dimostrazione della pretesa erariale … » e pur avendo l’Ufficio effettuato la « comparazione dell’Immobile oggetto di giudizio con altri presuntivamente ritenuti idonei, ma che tali non si …(erano)… rivelati».
3.2. La doglianza è infondata.
3.3. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha affermato quanto segue:« In riferimento alla contestazione del valore di stima del compendio immobiliare oggetto di controversia, che secondo gli assunti della società ricorrente non dovrebbe attestarsi né nell’importo di cui all’avviso di liquidazione (€ 1.560.000,00) né nell’importo ridotto espresso dall’RAGIONE_SOCIALE Territorio (€ 1.537.000,00), ma in quello espresso dalle valutazioni tecniche di parte (€ 1.429.137,00), si ritiene che la critica mossa sia stata sollevata in termini di mero dissenso rispetto alla valutazione dei parametri di riferimento, senza evidenziare alcun profilo dirimente di effettivo errore di calcolo estimativo da parte dell’RAGIONE_SOCIALE del Territorio, compreso il computo della superficie commerciale dei fabbricati che la società ricorrente ha calcolato in 833,60 metri quadri, in luogo di 921,85 mq calcolati dall’Ufficio, perché in contrasto con le risultanze catastali ufficiali a cui ha fatto riferimento l’Ente impositore alla p. 3/11 dell’avviso di liquidazione. Inoltre, l’RAGIONE_SOCIALE non ha solo utilizzato i valori OMI ma ha basato la stima anche sulla comparazione con altri immobili».
3.4. Va premesso che, nell’ipotesi di contestazione di maggiori ricavi derivanti dalla cessione di beni immobili, la reintroduzione, con effetto retroattivo, della presunzione semplice, ai sensi dell’art. 24, comma 5, della legge. n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008), che ha modificato l’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, sopprimendo la presunzione legale (relativa) di corrispondenza del prezzo della compravendita al valore normale del bene, introdotta dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv. in legge. n. 248 del 2006, non impedisce al giudice tributario di fondare il proprio convincimento su di un unico elemento, purché dotato dei requisiti di precisione e di gravità, elemento che non può, tuttavia, essere costituito dai soli valori OMI, che devono
essere corroborati da ulteriori indizi, onde non incorrere nel divieto di presumptio de presumpto (cfr. Cass. nn. 2155/2019, 9474/2017).
3.5. In particolare, in tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore del bene risultante RAGIONE_SOCIALE quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l’ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l’accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti (cfr. Cass. n. 21813 del 2018).
3.6. In definitiva, le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’RAGIONE_SOCIALE, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova, ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee solamente a «condurre ad indicazioni di valori di larga massima» (cfr. Cass. n. 25707/2015).
3.6. Nel caso di specie, risulta tuttavia che l’Ufficio abbia integrato le dette valutazioni con altri elementi di valenza almeno indiziaria, come dianzi indicato, sicché l’atto impositivo non risulta fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni OMI.
3.7. Le ulteriori doglianze, in fatto, circa la non conferenza ed irrilevanza degli elementi comparativi addotti dall’Ufficio [ in particolare si lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado non abbia tenuto conto, sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE caratteristiche generali degli immobili, che dalle perizie tecniche sarebbe emerso che «il compendio risultava (all’epoca della compravendita) raggiungibile tramite una viabilità sterrata e dissestata di circa 2,50 km, risultando particolarmente isolato rispetto ad altri edifici o centri abitati, con i due edifici principali circondati da un bosco
fitto» e che «il resede (area pertinenziale) del Compendio immobiliare, avrebbe dovuto essere valutato secondo l’effettivo stato dei luoghi, e non secondo l’uso potenziale di parcheggio »] sono inammissibili, poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348ter , comma 5, c.p.c., rispetto alla quale la ricorrente non ha indicato profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014).
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.376,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 30.10.2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)