Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6032 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
ICI 2010 -MOTIVAZIONE ATTO IMPUGNATO E DELLA SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3850/2020 del ruolo generale, proposto
DA
NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, nata a Latina il 29 giugno 1965 ed ivi residente alla INDIRIZZO, rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI LATINA (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Sindaco pro tempore.
– INTIMATO –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio -Sezione distaccata di Latina -n. 3608/19/2019, depositata il 18 giugno 2019, non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 4 dicembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti, con cui il Comune di Latina accertò il parziale versamento dell’ICI relativa all’anno di imposta 2010 in relazione a varie unità immobiliari di proprietà di NOME COGNOME, liquidando l’importo complessivo di 364,00 €.
La Commissione tributaria regionale del Lazio -Sezione distaccata di Latina -accolse l’appello proposto dal Comune di Latina contro la sentenza n. 1098/2/2017 della Commissione tributaria provinciale di Latina, ritenendo che:
-« ai sensi dell’art. 8, comma 2, del D.lgs. 504/1992, per abitazione principale deve intendersi quella in cui dimora abitualmente il nucleo familiare»;
«Orbene, nel caso specifico, non sembra che tra i coniugi sia intervenuto un atto di separazione legale ed in ogni caso non è possibile concedere l’esenzione ad uno dei coniugi che non dimora con gli altri appartenenti al nucleo familiare, in tal senso anche la Corte di Cassazione Sezione Civile con ordinanza n. 26947/2017, a nulla valendo che nell’altro immobile vi siano le bollette di luce, acqua e gas, intestate all’altro coniuge»;
«Ad ogni buon conto, come questo Collegio ha avuto modo di constatare, l’atto impugnato in primo grado contiene
tutti gli elementi adatti per conoscere le pretese dell’Ente impositore, ponendo la contribuente in condizione di potersi ben difendere, come d’altro canto ha fatto, e di conoscere le pretese impositive» (così nella sentenza impugnata).
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato in data 16 gennaio 2020, formulando sei motivi di impugnazione, successivamente depositando in data 14 novembre 2024 memoria ex art. 380bis .1., c.p.c.
Il Comune di Latina è restato intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che i motivi di impugnazione si snodano e possono essere, quindi, esaminati lungo due prospettive di indagine.
La prima di esse concerne il difetto di motivazione dell’avviso impugnato (primo motivo).
La seconda, invece, riguarda i dedotti vizi motivazionali della sentenza, sviluppati nei restanti motivi sotto i vari aspetti ivi considerati.
Al fondo delle questioni agitate sta il ribadito rilievo della difesa della contribuente secondo il quale unico oggetto di impugnazione era il difetto di motivazione dell’avviso, il che escludeva ogni possibilità di disamina su eventuali e non invocate esenzioni d’imposta.
Si procede, quindi, all’esame del primo motivo e, poi, alla trattazione congiunta delle restanti censure.
Con il primo motivo di ricorso la contribuente ha lamentato, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione di norma di legge, errore in diritto, per avere violato l’art. 7, L.212/2000 -Statuto del contribuente, l’art. 3 L. 241/1990, nonché l’art. 1 L. 296/2006, comma 162, relativamente all’obbligo della motivazione degli atti impositivi (v. pagina n. 10 del ricorso).
La ricorrente ha premesso che l’unica impugnazione e domanda avanzata concerneva la nullità dell’avviso per il dedotto difetto di motivazione e che solo nel corso di giudizio si apprendeva che la reale motivazione dell’atto risiedeva nel mancato riconoscimento del diritto all’esenzione ICI sulla scorta delle indagini anagrafiche eseguite dal Comune, le quali non erano state, però, indicate nell’atto impugnato.
Per tale via, l’istante ha ribadito il difetto di motivazione dell’avviso, in quanto « l’amministrazione accertava l’omesso versamento dell’ICI per l’anno 2010, senza spiegare le ragioni dell’applicazione dell’imposta né indicare quali fossero le evidenze istruttorie a sostegno di quella decisione; quindi l’atto non conteneva evidenze anagrafiche riguardanti lo stato civile della contribuente, il domicilio del marito, la dimora abituale, né alcun riferimento all’art. 8, c. 2 D.lgs 554/1992» (v. pagina n. 13 del ricorso), elementi questi emersi nel corso del giudizio e che non potevano integrare la motivazione dell’avviso.
2.1. La censura non può essere accolta.
Essa si basa sul rilievo secondo il quale l’avviso avrebbe dovuto rappresentare ciò che è stato chiarito dal Comune solo nel corso del giudizio e cioè che era stato accertato che la
ricorrente, pur risultando coniugata ed aver la residenza nell’immobile tassato, non vi dimorava insieme al coniuge, non risultando, quindi, riunito in tale immobile l’intero nucleo familiare.
Senonchè, tale ordine di idee non può essere seguito.
2.2. Questa Corte, infatti, ha ripetutamente statuito che l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’ an ed il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (così, da ultimo, Cass. n. 22031/2024, che richiama Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 30 gennaio 2019, n. 2555; Cass., 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., 10 novembre 2010, n. 22841; Cass., 15 novembre 2004, n. 21571).
È stato, altresì, chiarito che detto onere di motivazione non comporta l’obbligo di esporre le ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di esenzioni, essendo onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (così sempre Cass. 22031/2024 cit., che richiama Cass., 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., 24 gennaio 2018, 1694; Cass., 11 giugno 2010, n. 14094).
2.3. Nella specie, l’avviso impugnato, correttamente ritrascritto nel ricorso, unitamente al richiamo alle fonti normative ed agli atti amministrativi di riferimento, ha indicato nel relativo prospetto i fabbricati oggetto di tassazione, i corrispondenti indirizzi, i dati catastali, le rendite catastali ed il valore accertato, le percentuali di possesso e le imposte dovute per ogni singolo bene, con ciò giustificando la valutazione di sufficienza della motivazione fornita dal Giudice regionale, avendo indicato il titolo della pretesa, i suoi specifici oggetti ed il relativo ammontare, vale a dire i fatti astrattamente giustificativi di essa, come ritenuto, sul piano dei principi, da questa Corte.
2.4. La valutazione del Giudice regionale si è, quindi, uniformata a tali criteri, mentre la tesi della contribuente erroneamente -per quanto sopra esposto -riconduce all’obbligo motivazionale dell’avviso anche la rappresentazione delle ragioni per cui l’esenzione non sarebbe dovuta.
In tale direzione, l’apparato argomentativo della sentenza impugnata circa l’assenza delle condizioni per beneficiare dell’esenzione effettivamente restavano (e restano) al di fuori del tema decisorio, circoscritto alla motivazione dell’atto, benchè nel ricorso di primo grado la stessa contribuente avesse dedotto che il Comune avrebbe « disconosciuto il diritto della scrivente proprietaria alle agevolazioni previste per l’abitazione principale nonostante la sottoscritta risieda e dimori nell’immobile n. 5» (vedi nota 3 di pagina n. 5 del ricorso).
Ciò spiega perché la Commissione si sia fatta carico, in relazione al motivo di appello del Comune, fondato sull’errata applicazione dell’art. 8 d.lgs. n. 504/1992 (v. pagina n. 6 del ricorso), di affrontare anche tale tema, il quale, tuttavia, non
può incidere sulla correttezza della decisone in punto di motivazione dell’avviso, non dovendo esso indicare come detto le ragioni del mancato riconoscimento dell’esenzione, né potendo, quindi, i relativi elementi essere considerati in termini di motivazione postuma, attenendo, invece, al merito della pretesa, che non aveva costituto motivo di impugnazione ad opera della contribuente.
L’errata sovrapposizione tra questi due temi (motivazione dell’avviso e fondatezza della pretesa) non ha, dunque, avuto ripercussioni sulla correttezza della decisione, qui rilevante, relativa alla motivazione dell’avviso.
Con la seconda censura la contribuente ha eccepito, con riferimento ai parametri di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c. il «Vizio di motivazione della sentenza, motivazione assente o solo apparente(mente), in quanto mancante di argomentazioni idonee a far conoscere il ragionamento da cui il giudice avrebbe tratto il proprio convincimento, in violazione dell’art. 36, co. 2, n. 4 d.lgs. 546/1992, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 n. 4 cpc. e 118 disp. att. cpc.» (v. pagina n. 14 del ricorso).
L’istante ha rimproverato al Giudice regionale di non aver esaminato l’atto impugnato e la sua motivazione, che costituiva il vizio denunciato dalla contribuente, ma di aver scrutinato, con pronuncia ultrapetita , il merito della pretesa che non era stato oggetto di domanda, contestando quindi l’istante la sussistenza di una motivazione apparente perché priva della manifestazione del ragionamento logico e giuridico idoneo a far comprendere le ragioni della decisione.
Con la terza doglianza la ricorrente ha denunciato, in relazione al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma,
num. 4 c.p.c., il «Vizio di motivazione della sentenza, motivazione contraddittoria, in violazione dell’art 112 c.p.c. e dell’art. 132 cpc e 118 disp. att. cpc (v. pagina n. 17 del ricorso).
Sotto tale profilo, la contribuente ha stigmatizzato la contraddittorietà della motivazione per aver dapprima ritenuto che l’atto impugnato contenesse gli elementi necessari a rappresentare le ragioni della sua pretesa, per poi richiamare «, sommariamente, le evidenze anagrafiche e il mancato riconoscimento del diritto all’esenzione dall’imposta ICI allegati dal Comune solo nella difesa in giudizio, che sono, evidentemente non solo ‘successivi’ all’atto impugnato ma soprattutto ‘esterni’ ad esso, ovvero non sono contenuti nell’atto», per cui « la CTR affermava semplicemente che l’atto impugnato conteneva presunti elementi adatti, riportando, però, nella sentenza, non gli elementi contenuti nell’atto, ma quelli dedotti successivamente ed al di fuori di esso» (v. pagina n. 17 del ricorso).
Con la quarta ragione di contestazione la ricorrente ha dedotto, in base al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., il «Vizio della sentenza di ultrapetizione e/o extrapetizione ovvero pronuncia sul fondamento di un atto non allegato dalla parte, in violazione dell’art. 112 e dell’art. 99 » (v. pagina n. 17 del ricorso).
Nello specifico, ha ribadito che il motivo dell’impugnazione proposto contro l’avviso di accertamento riguardava solo il difetto di motivazione dell’atto e su tale contestazione, quindi, anche la Commissione regionale avrebbe dovuto circoscrivere l’ambito del suo giudizio, laddove « la CTR accoglieva l’appello in quanto, l’atto impositivo era sufficientemente motivato, stabilendo che la contribuente non poteva godere
della esenzione dall’imposta ICI», aggiungendo l’istante che «Tale ultima statuizione costituisce una pronuncia, immotivata, su una circostanza non allegata dalla contribuente e su una domanda non formulata», in quanto la « COGNOME non ha mai chiesto di valutare la fondatezza del proprio diritto all’esenzione e dunque il Giudice non era chiamato a valutarla» (v. pagina n. 18 del ricorso).
Con il quinto motivo di impugnazione l’istante s’è doluta, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3, 4, 5 c.p.c., dell’« Omesso, insufficiente e contraddittorio esame di un fatto decisivo (la mancanza di motivazione dell’atto impositivo) oggetto di discussione delle parti » (v. pagina n. 18 del ricorso), osservando che il fatto storico allegato in giudizio era stato la mancata motivazione dell’atto impositivo rispetto al quale la Commissione aveva omesso ogni esame, con conseguenze decisive per l’esito del giudizio, giacchè « se la CTR avesse concretamente esaminato l’atto, l’esito della decisione sarebbe stato tutt’altro, considerato che, per stessa ammissione del Comune, il reale motivo dell’imposta era stato il mancato riconoscimento del diritto all’esenzione prima casa risultante dalle evidenze anagrafiche, motivo ed evidenze ictu oculi non indicati nell’atto di accertamento» (v. pagina n. 20 del ricorso).
Con la sesta contestazione la ricorrente ha rimproverato al Giudice regionale, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 e 4 c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 36, d.lgs. n. 546 del 1992, violazione degli artt. 112 c.p.c., 24 e 111 cost.» (v. pagina n. 20 del ricorso), sottolineando che il Giudice regionale non ha riportato il contenuto della decisione di primo grado, non ha definito l’oggetto del contendere ed ha dimostrato di non aver compreso l’oggetto del giudizio e le
stesse ragioni della decisione della Commissione tributaria provinciale, tutte incentrate sul difetto di motivazione dell’atto impugnato e sul rilievo della motivazione postuma offerta in giudizio dal Comune in merito alle ragioni dell’imposizione.
Come anticipato, i suindicati motivi si esaminano congiuntamente. Essi vanno respinti per le seguenti motivazioni.
8.1. La sentenza impugnata non ha fornito una motivazione apparente, come dedotto con il secondo motivo.
Sul piano dei principi va ricordato che questa Corte (a partire da Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053) ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè munita di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Resta, invece, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v., tra le tante, Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n. 14430; Cass., Sez. U., 19 giugno 2018, n. 16159; Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n.
33679; Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689; e da ultimo Cass., Sez. T., 29 luglio 2024, n. 21174).
Peraltro, il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o a argomentare sulla condivisibilità o confutazione di tutte le deduzioni difensive, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma considerati subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr. Cass., Sez. T, 19 maggio 2024, n. 12732; Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123 e anche Cass., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19011, Cass., Sez. I, 2 agosto 2016, n. 16056 e Cass., Sez. T., 24 giugno 2021, n. 18103).
8.1.1. Nella fattispecie in esame la Commissione regionale ha chiaramente espresso le ragioni della decisione nei termini sopra illustrati, riconoscendo la sufficienza della motivazione dell’avviso siccome idonea a rappresentare le ragioni dell’imposizione nei termini sopra illustrati.
8.2. La motivazione non è poi contraddittoria, come lamentato con il terzo motivo.
La citata sovrapposizione tra i suddetti diversi profili (motivazione dell’avviso e riferimento alla circostanza dell’assenza di una dimora non comune del nucleo familiare) ha solo trascinato l’apparato argomentativo verso una
superflua valutazione sul merito della pretesa, non rientrante direttamente nell’oggetto della contestazione avanzata dalla contribuente con il ricorso originario, senza però intaccare il nucleo elementare della decisione sulla motivazione dell’avviso.
8.3. Non sussiste nemmeno vizio di ultrapetizione, come eccepito con il quarto motivo.
Tale ultimo vizio può ravvisarsi unicamente nel caso in cui il giudice attribuisca alla parte un bene non richiesto, o maggiore di quello richiesto (così Cass. n. 16608/2021 che richiama, tra le altre Cass. n. 15086/2012).
E nella specie, ciò non è accaduto, perché nella logica della struttura impugnatoria del giudizio tributario, la Commissione regionale ha accolto l’appello del Comune, respingendo il ricorso della contribuente, stabilizzando l’atto impositivo nella sua oggettività e, dunque, la debenza dell’imposta al netto di ogni esenzione, non rivendicata dalla contribuente.
8.4. Non sussiste, inoltre, il vizio di omesso esame dell’atto impugnato, come denunciato con il quinto motivo, avendo la Commissione scrutinato l’avviso, ritenendolo compiutamente motivato.
8.5. Non ricorre, infine, il vizio rappresentato con il sesto motivo, avendo il Giudice regionale riepilogato i contenuti essenziali della vicenda processuale, cioè a dire l’oggetto della pretesa (ICI relativa all’anno 2010) e le ragioni dell’appello volto a contrastare la decisione della Commissione provinciale che aveva ritenuto l’avviso non motivato, tema questo che ha costituito oggetto di valutazione nella sentenza impugnata, sia pure con l’eccedente scrutinio di merito sopra esposto.
Alla stregua delle ragioni sopra illustrate, il ricorso va respinto.
Non vi è ragione di liquidare le spese del presente grado di giudizio, non avendo il Comune di Latina svolto difese.
Ricorrono, nondimeno, i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta dall’istante a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 dicembre