Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1451 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1451 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 4075/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Pace del Mela (ME), C.da INDIRIZZO, INDIRIZZO (C.F.: P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, nato a Milazzo (ME) il 24.08.1957 ed ivi residente, alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; fax: NUMERO_TELEFONO; pec: EMAIL), presso il cui studio legale in Messina, alla INDIRIZZO NOME n. 82C is. 116, è elettivamente domiciliata;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: P_IVA), in persona del Direttore
Avviso di rettifica e liquidazione valore azienda ceduta -Avviamento -Motivazione
Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: P_IVA) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 2678/2015 emessa dalla CTR Lombardia in data 16/06/2015 e non notificata;
udite le conclusioni orali rassegnate dal P.G. dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’ inammissibilità del ricorso;
udito il difensor e dell’Agenzia delle Entrate , che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano avverso un avviso di rettifica e liquidazione del valore di un’azienda ceduta, con il quale veniva richiesto il pagamento della maggior imposta di registro, con sanzioni ed interessi.
La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.
Sull’appello della contribuente, la Commissione Tributaria Regionale Lombardia rigettava il gravame, affermando che l’avviso impugnato era sufficientemente motivato, avendo valorizzato, quanto alla valutazione dell’azienda e tenuto conto della particola re attività (commercio di prodotti alimentari) svolta dal ramo d’azienda ceduto (costituito dalle piattaforme logistiche dei magazzini ‘secchi’ e freschi’, con i relativi uffici commerciali e personale), il capitale umano quale componente essenziale del capitale di impresa ed applicato i moltiplicatori differenziati al personale trasferito a seconda dei livelli e della professionalità, laddove la contribuente non aveva fornito la prova contraria idonea a contrastare le deduzioni dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di cinque motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Considerato in diritto
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 52 dPR n. 131/1986 e 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione
all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che l’Ufficio, nella parte motiva dell’avviso impugnato, avrebbe dovuto prendere posizione, quanto al valore dell’avviamento del ramo d’azienda, sulla perizia giurata allegata all’atto pubblico di trasferimento ed avrebbe dovuto indicare le ragioni per le quali aveva utilizzato determinati coefficienti.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, la ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere, almeno nei suoi passaggi maggiormente significativi, l’avviso di rettifica e liquidazione impugnato, onde porre questo Collegio nelle condizioni di scrutinare la sua doglianza.
Parimenti, non ha trascritto la perizia giurata che sarebbe stata allegata all’atto pubblico di trasferimento, al fine di consentire un confronto tra il criterio utilizzato dall’Ufficio e quello utilizzato dal tecnico nella detta perizia. Da ultimo, avuto riguardo al profilo dei coefficienti, la CTR ha posto in evidenza che l’Ufficio aveva applicato moltiplicatori differenziati al personale trasferito a seconda dei livelli e delle professionalità, sicchè non era stato applicato solo il moltiplicatore più elevato, laddove la ricorrente non ha neppure indicato quali coefficienti alternativi si sarebbero dovuti utilizzare. D’altra parte, rappresenta un principio ormai consolidato quello secondo cui, in tema di determinazione dell’imposta di registro, l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica, avendo la funzione di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa e, al contempo, di consentire l’esercizio del diritto di difesa del contribuente, deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto, in base al quale la rettifica è stata operata, poiché solo nella fase contenziosa l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione del criterio prescelto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25153 del 08/11/2013; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11560 del 06/06/2016; Sez. 5, Ordinanza n. 22148 del 22/09/2017; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24449 del 08/08/2022).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per aver la CTR errato nella individuazione dell’oggetto sociale del ramo d’azienda ceduto, con la conseguente errata valorizzazione, ai fini della sua valutazione, del capitale umano.
2.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, la ricorrente ha omesso, in tal guisa violando il principio di specificità, di trascrivere l’atto di vendita, nella parte in cui indicava l’oggetto sociale del ramo d’azienda ceduto.
In secondo luogo, l’affermazione secondo cui, a voler considerare l’asserito effettivo oggetto sociale del ramo d’azienda alienato, il capitale umano avrebbe perso la valenza di componente importante nell’ambito del capitale di impresa è apodittica, meramente unilaterale e non suffragata da alcun elemento oggettivo.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 2697 cod. civ. e 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per non aver la CTR consid erato che l’Ufficio non aveva fornito alcuna prova a dimostrazione della fondatezza della pretesa tributaria, laddove essa aveva depositato una perizia di stima giurata con la quale era stato quantificato il valore dell’avviamento.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Nel ribadire quanto esposto nell’analisi dei precedenti motivi avuto riguardo alla violazione del principio di autosufficienza, va qui aggiunto, quanto alle dedotte violazioni degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., che esse sono prive di consistenza, in qu anto la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, mentre la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360,
n. 4, cod. proc. civ., denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892),
La violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., invece, si configura nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poichè in questo caso vi è un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., applicabili al processo tributario in virtù del combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 36 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ., per averla la CTR condannata al pagamento delle spese relative al primo grado di giudizio, nonostante il suo ricorso avrebbe meritato di essere accolto.
Con il quinto motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e 24 Cost., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato che il secondo grado di giudizio si sarebbe dovuto concludere con l’accoglimento del suo ricorso, con la conseguente condanna dell’ente impositore al pagamento in suo favore delle spese di entrambi i gradi di merito del giudizio.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono palesemente infondati.
Invero, la CTR si è limitata a fare applicazione del criterio di soccombenza, ponendo le spese di lite a carico della parte che, appunto, all’esito del giudizio era risultata soccombente. Né la odierna ricorrente ha formulato censure in ordine al quantum liquidato a questo titolo.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito ; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della