Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8125 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8125 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21975/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO DELLA CALABRIA n. 931/2023 depositata il 28/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
In punto di fatto, la sentenza in epigrafe riferisce che RAGIONE_SOCIALE impugnava
avviso di contestazione n. TDYCOT200716/2018, emesso e notificato il 13.11.18, dall’Agenzia delle Entrate di Catanzaro, a seguito di verifica fiscale effettuata dalla G.d.F., con il quale contestava alla predetta società, l’omesso versamento periodico dell’IVA per complessivi €. 11.780,70, per l’anno 2015.
1.1. In realtà, si verte della contestazione della sanzione per l’omesso versamento periodico dell’IVA in relazione all’a.i. 2015.
Un tanto emerge con chiarezza -oltreché dalla stessa sentenza laddove riferisce dell’appello proposto dalla contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado (‘Rilevava, altresì, parte appellante che la contestazione mossa riguarda l’omesso versamento periodico dell’Iva per complessivi €. 39.269,00, per l’anno 2015, ai sensi del DPR 100/98, art. 1 e non il mancato versamento della liquidazione relativa al mese di marzo’) soprattutto dal ricorso per cassazione, a termini del quale alla società RAGIONE_SOCIALE veniva notificato, in data 13.11.2018, l’atto di contestazione delle sanzioni n. TDYCOT200716 (all. n. 2) per omesso versamento periodico dell’IVA per complessivi € 39.269,00 mese di marzo 2015.
L’ufficio irrogava la sanzione di € 11.870,70 ex art. 13 comma 1 del D.Lgs. n. 471/97 a fronte della violazione accertata.
L’atto di contestazione era emesso a seguito del PVC n. 582/2015 redatto in data 29.07.2015 (all. n. 3 – stralcio) dalla Guardia di Finanza di Catanzaro a conclusione di una verifica fiscale ai fini Imposte Dirette ed IVA nei confronti della società per l’anno di imposta 2015.
La contribuente, dunque, impugnava l’atto di contestazione nanti la CTP di Catanzaro, che, con sentenza n. 261/03/2022, depositata in data 11 febbraio 2022, lo rigettava con la seguente motivazione (tratta dalla sentenza in epigrafe):
La contestazione dell’Ufficio fa esplicito riferimento al mancato versamento della liquidazione relativa al mese di marzo, esibita in sede di verifica e non contestata in quella occasione dal ricorrente, il quale ha presentato la dichiarazione annuale IVA, per l’anno 2015, dalla quale, però, si evince una posizione debitoria o creditoria nel periodo contestato. Avrebbe dovuto fornire la liquidazione trimestrale per dimostrare l’inesistenza del debito tributario.
La contribuente proponeva appello, rilevando (come da sentenza in epigrafe) ‘che la contestazione mossa riguarda l’omesso versamento periodico dell’Iva per complessivi €. 39.269,00, per l’anno 2015, ai sensi del DPR 100/98, art. 1 e non il mancato versamento della liquidazione relativa al mese di marzo’.
3.1. La CGT II della Calabria, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello, così letteralmente motivando:
Giova evidenziare che, la fattispecie in esame, riguarda all’opposizione avverso l’atto di contestazione n. CODICE_FISCALE, emesso dall’Agenzia delle Entrate di Catanzaro, con il quale, veniva contestato alla società appellante, l’omesso versamento periodico dell’IVA per complessivi €. 39.269,00 relativamente all’anno d’imposta 2015, ai sensi del DPR 100/98, art. 1, con conseguente irrogazione della sanzione amministrativa, ex art. 13, co.1, d.lgs. 471/97, di €. 11.780,70, ovvero, in ragione del 30% della somma di €. 39.269,00, a titolo di omesso versamento periodico dell’IVA relativa all’anno 2015 e non del mancato versamento della liquidazione relativa al mese di marzo 2015, come erroneamente asserito dall’Ufficio appellato nelle proprie controdeduzioni. Questa Corte rileva che, quanto riportato nelle controdeduzioni dell’Ufficio contrasta con le norme vigenti, in quanto rettifica la motivazione dell’atto di contestazione impugnato, atteso che nella parte motivazionale dell’atto di contestazione in questione è riportato quanto segue: Rilevato, dal suddetto processo verbale di constatazione (si veda il p.v.c. ai fogli n. 112 e 113) che la società RAGIONE_SOCIALE si è resa
responsabile della seguente violazione: ‘Omesso versamento periodico dell’Iva per complessivi €. 39.269,00, relativamente all’anno 2015, ai sensi del D.P.R. 100/98, art. 1 …’. Orbene, a fronte di siffatta situazione, l’Ufficio non avrebbe dovuto contestare il mancato versamento della liquidazione relativa al mese di marzo 2015, atteso che nella motivazione dell’atto impugnato, invece, è riportato l’omesso versamento periodico dell’Iva per complessivi €. 39.269,00, relativa all’anno 2015 un tale comportamento si pone in contrasto con le vigenti norme, poiché l’Ufficio ha rettificato la motivazione dell’atto, in fase di giudizio che, a parere di questa Corte, non è ammissibile. Ne consegue che, nel caso di specie, non vi è correlazione tra quanto riportato in motivazione nell’atto di contestazione e quanto contestato nelle controdeduzioni del 04.07.2022 dell’Ufficio, per cui, un siffatto modus operandi dell’Ufficio, va sicuramente censurato.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; la contribuente resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c. -Nella specie violazione e falsa applicazione dall’art. 13 c. 1 del D.Lgs. n. 471/97’. Vi si legge: ‘Tutta la documentazione in atti fa riferimento alla liquidazione periodica IVA anno 2015 afferente il mese di marzo 2015 In particolare nel PVC redatto dalla Guardia di Finanza di Catanzaro, consegnato alla società e regolarmente depositato (per la parte che interessa) nel fascicolo processuale di primo grado in data 23.5.2019 risulta: . Così, richiamato il pvc, nell’atto di irrogazione sanzioni (pag. 3 e 4) viene specificato: ‘. ‘Né sussiste l’asserita modifica, in sede giudiziale, della motivazione dell’atto impugnato. Invero nelle controdeduzioni dell’Ufficio in data 4/07/22 è specificato che la società contribuente aveva omesso di effettuare il versamento d’imposta come risultante dalla liquidazione periodica (cfr controdeduzioni pag. 3: ‘.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
È pacifico che l’atto di contestazione oggetto di giudizio richiama il PVC della GdF, PVC a sua volta richiamato anche negli atti processuali dell’Ufficio, che d’altronde ha sempre mantenuto ferma – come riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata – la riferibilità della contestazione all’omesso versamento della liquidazione periodica dell’IVA del mese di marzo del 2015.
Nel PVC, come idoneamente documentato per autosufficienza in ricorso mediante fotoriproduzione della parte rilevante, è esplicitato quanto segue:
Per tale condotta, posta in violazione dell’art. 1, comma 4, del DPR 23 marzo 1998 n. 100 (che obbliga di versare l’Iva risultante dalle liquidazioni periodiche entro il 16 del mese successivo) si rende applicabile la sanzione prevista dall’art. 13 comma 1 del D.Lgs. 471/1997.
Per quanto sopra, si ha:
-omesso versamento periodico IVA per il mese di marzo … euro 39.269,00.
Ne consegue la chiarissima riferibilità – a termini sia del PVC sia dell’atto di contestazione, che espressamente lo richiama -dell’omesso versamento periodico dell’IVA ‘per il mese di marzo’: omesso versamento, in quanto tale, non contestato dalla contribuente.
2.1. A fronte di quanto precede – che di per sé, dunque, rende conto della completezza della contestazione in ragione del ‘combinato disposto’ dei due suddetti atti – l’errore compiuto dal giudice d’appello – laddove si sofferma sulla pretesa discrasia tra ‘l’omesso versamento periodico dell’Iva per complessivi €. 39.269,00, relativamente all’anno 2015, ai sensi del D.P.R. 100/98, art.1 …’, esplicitato nell’atto di contestazione, e la posizione assunta dall’Ufficio in giudizio, impingente sulla situazione debitoria al mese di marzo del 2015 -consiste nella totale ed ingiustificata decontestualizzazione del riferimento temporale dell’omissione di
cui all’atto di contestazione (‘relativamente all’anno 2015’) rispetto al sostrato fattuale rassegnato nel pur richiamato PVC ‘per il mese di marzo’: è sufficiente una piana lettura dell’uno in rapporto all’altro per specificare il riferimento ‘all’anno 2015’ nel ‘mese di marzo’ corrispondente, di guisa da univocamente ricavarne che l’omissione in tanto afferisce all’anno 2015 in quanto afferisce al mese di marzo corrispondente.
2.2. D’altronde, anche a voler prendere in esame puramente e semplicemente l’atto di contestazione, si deve affermare il principio che, poiché la violazione riguarda, alla lettera, l”omesso versamento periodico ‘, al fine di apprezzarsene la portata, deve aversi riguardo ai singoli periodi trimestrali di liquidazione periodica dell’IVA nell’anno, cui separatamente parametrare gli eventuali versamenti effettuati, onde verificarne altrettanto separatamente omissione, insufficienza o ritardo alla luce della condotta tipica in tal senso descritta dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 471 del 1997 (il quale infatti recita: ‘Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa ‘): sicché (a differenza di quanto sembrerebbe invece adombrare il giudice d’appello in un passaggio di per sé linguisticamente non chiaro della sentenza impugnata) in senso contrario alla configurabilità della violazione non assume rilievo l’inesistenza di ragioni debito alla luce della complessiva situazione di debito e credito riferita all’ intero anno .
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata.
3.1. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Suprema Corte è abilitata a decidere la causa nel merito, rigettando l’originario ricorso della contribuente.
3.2. In ragione di siffatto esito del giudizio, le spese dei gradi di merito devono essere interamente compensate tra le parti, mentre la contribuente deve essere condannata a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente grado di legittimità, liquidate, secondo tariffa, come da dispositivo.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso di RAGIONE_SOCIALE
Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito.
Condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del grado di legittimità, liquidate in euro 2.400, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.