Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15795 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15795 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 25715/2018 proposti da:
Comune di Ischia (C.F.: P_IVA), con sede in Ischia (NA), alla INDIRIZZO, in persona del Sindaco, Dr. Ing. COGNOME legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE; telefax: NUMERO_TELEFONO; pecEMAIL), giusta mandato allegato al ricorso;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, nata a Ischia (NA) il 15/01/1943 (C.F.: CODICE_FISCALE ed ivi residente alla INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale in calce al controricorso (fax: NUMERO_TELEFONO; indirizzo pec: EMAIL;
Ingiunzione pagamento Tarsu – Modifica in diminuzione – Motivazione
-controricorrente –
-avverso la sentenza n. 2469/16/2018 emessa dalla CTR Campania in data 16/03/2018 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME impugnava la sentenza con la quale la CTP di Napoli aveva rigettato il suo ricorso avverso un’ingiunzione di pagamento Tarsu per l’anno 2007. I giudici di prime cure affermavano che l’atto impugnato derivava da un precedente avviso, già impugnato e ritenuto legittimo dall’adìta CTP (fatta eccezione per la quota relativa all’anno di imposta 2006).
La CTR della Campania accoglieva il gravame, annullando, per l’effetto, l’ingiunzione di pagamento, evidenziando che quest’ultima traeva origine da una pregressa ingiunzione avverso la quale la contribuente aveva proposto ricorso dinanzi alla CTP di Napoli, la quale lo aveva accolto limitatamente all’anno 2006, dichiarando invece integralmente dovuta l’imposta relativa all’anno 2007 ed invitando il Comune di Ischia a rettificare il quantum debeatur sulla base di quanto versato nel precedente anno di impo sta. Sosteneva che l’ingiunzione di pagamento impugnata, tuttavia, si era limitata a richiamare la sentenza della CTP n. 734/2010 senza esplicitare le modalità di quantificazione del tributo.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Ischia sulla base di due motivi. COGNOME NOME ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, commi 1 e 3, l. n. 212/2000 e 2-quater d.l. n. 564/1994 (conv., con modific., con l. n. 656/1994) e del d.m. 37/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che nessun obbligo di ricalcolo emergeva dal tenore letterale della sentenza della CTP n. 734/2010, né alcun obbligo di riliquidazione, soprattutto considerando che la contribuente era già in possesso di tutti gli elementi
necessari per verificare la coerenza del calcolo dell’imposta effettuato anche per l’anno 2007.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, commi 1 e 3, l. n. 212/2000 e 2-quater d.l. n. 564/1994 (conv., con modific., con l. n. 656/1994) e del d.m. 37/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che la cartella di pagamento doveva considerarsi adeguatamente motivata a mezzo dell’indicazione del titolo da cui la pretesa si originava e che l’integrazione o la modificazione, come nel caso di specie, in diminuzione non necessitava neppure di una motivazione particolare.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono fondati.
In tema di accertamento delle imposte, la modificazione, in diminuzione, dell’originario avviso non esprime una nuova pretesa tributaria, ma una riduzione di quella originaria, sicché non costituisce atto nuovo, ma revoca parziale di quello precedente (Cass., Sez. 6 – 5, Decreto n. 11699 del 08/06/2016; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18625 del 07/09/2020).
In particolare, l’integrazione o la modifica “in diminuzione” di un precedente avviso, non integrando una nuova pretesa tributaria, bensì una mera riduzione di quella originaria, operata in autotutela, non necessita di adempimenti formali né di una specifica motivazione, a differenza della modifica “in aumento” che, determinando una pretesa “nuova”, deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un avviso di accertamento, integrativo o sostitutivo di quello preesistente, il quale, a garanzia del contribuente, esige specifica motivazione, con l’indicazione dei nuovi elementi di fatto di cui è sopravvenuta la conoscenza, così come prescritto a pena di nullità dall’art. 43, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22019 del 17/10/2014; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27543 del 30/10/2018).
Dalle considerazioni che precedono deriva che è errata l’affermazione della CTR secondo cui l’ingiunzione di pagamento avrebbe dovuto esplicitare le modalità di quantificazione del tributo, se solo si considera che la sentenza
n. 734/2010 della CTP posta alla sua base, con riferimento alla Tarsu per l’anno 2007, già aveva inequivocamente stabilito che la stessa fosse dovuta nella corrispondente misura dell’importo corrisposto nell’anno precedente (2006).
Come è noto, il processo tributario ha ad oggetto il rapporto e non la mera illegittimità dell’atto, di talché quest’ultima non comporta sempre ed automaticamente l’accoglimento integrale del ricorso del contribuente, dovendo il giudice esercitare i propri poteri estimativi e anche sostitutivi, provvedendo se del caso a rettificare gli importi richiesti. Nel caso di specie, la CTP ha invitato l’Ufficio a ricalcolare l’avviso di pagamento eliminando quanto richiesto per l’anno 2006 e determinando quanto dovuto per l’anno 2007 nella stessa misura di quanto richiesto per il precedente anno. Nell’ingiunzione di pagamento oggetto di impugnativa sono stati indicati gli estremi della sentenza sulla cui base era stato effettuato il ricalcolo, la quale, a sua volta, conteneva, come detto, i criteri per la determinazione dell’imposta.
Del resto, in una fattispecie per certi versi simile alla presente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati – la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità
di calcolo (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22281 del 14/07/2022). Ragion per cui deve ritenersi superato l’indirizzo riportato dalla contribuente a pagina 7 del controricorso (Cass., n. 10481/2018).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di rigettare il ricorso originario della contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove sussistono giusti motivi, rappresentati dalla circostanza che l’orientamento di questa Corte sulla questione principale si è consolidato solo nel 2018, per consolidare quelle relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna la resistente al rimborso di quelle concernenti il seguente giudizio, che si liquidano in € 5.807,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 30.5.2025.