Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22149 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22149 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 31/07/2025
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4479/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , e RAGIONE_SOCIALE (03549900631), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentate e difese dal prof. avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL) ed elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrenti –
contro
Agenzia delle Entrate (06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f.: 80224030587), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 7316, depositata il 23 ottobre 2018, della Commissione tributaria regionale del Lazio; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28 novembre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 7316, depositata il 23 ottobre 2018, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto dall’ Agenzia delle Entrate, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva accolto le impugnazioni di un avviso di liquidazione delle imposte ipocatastali dovute dalle contribuenti dietro rettifica dei valori dichiarati nell’atto di compravendita intercorso tra le parti il 19 settembre 2012.
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha rilevato che:
diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, «i riferimenti di legge e la procedura di definizione del valore sono chiaramente indicati e fanno anche riferimento ai criteri di valutazione comparati della stessa microzona ed a seguito di sopralluogo. Inoltre, l’avviso emesso ai sensi dell’art. 51 e 52 DPR 131/86 contiene tutti gli elementi esplicativi delle ragioni sostenute dall’Ufficio, tali da consentire il legittimo diritto di difesa.»; e, per di più, nella fattispecie si era svolto tra le parti il contraddittorio correlato al promosso procedimento di accertamento per adesione sicchè non sussisteva «la violazione dell’art 7 dello Statuto del contribuente, essendo gli atti presupposti e conoscenza delle ricorrenti»;
-potendo, poi, la motivazione dell’atto essere assolta per relationem , nella fattispecie la motivazione emergeva «dagli elementi conoscitivi riportati nell’avviso, consentendo alle contribuenti di documentare le loro ragioni, dimostrando l’infondatezza della pretesa
“anche in base a criteri non utilizzati dallo stesso ufficio (Cass. ord n. 25377/2009 e sent n. 3332/2010)”»;
del resto, «l’eventuale vizio di motivazione consente “di ritenere semplicemente “irregolare” l’avviso con conseguente sanabilità attraverso il raggiungimento dello scopo ex art. 156 cpc, applicabile anche in tema di atti di natura sostanziale”, come l’avviso impugnato, “oltre che agli atti tipicamente processuali”; (cass sent n. 19145/2010).»;
-rimaneva (così) assorbito l’esame delle « ulteriori eccezioni».
–RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi.
L ‘ Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., le ricorrenti denunciano nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e dell’art. 111 Cost, sull’assunto che il decisum risultava fondato su di una motivazione incomprensibile che, pertanto, non rendeva esplicite le rationes decidendi e che, per di più, riteneva assorbito l’esame di questioni che diversamente corrispondevano a specifici motivi articolati sin dal ricorso introduttivo del giudizio.
1.1 -Il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, e degli artt. 112 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. assumendo le ricorrenti che la gravata sentenza aveva omesso di pronunciare sulle eccezioni che -rimaste assorbite nella pronuncia di prime cure -erano state riproposte in appello con riferimento alla congruità del valore accertato (per incomparabilità delle microzone di ubicazione delle unità immobiliari utilizzate a comparazione, per difetto di sopralluogo ed in
relazione alla stessa consulenza di parte prodotta) oltreché allo stesso difetto di specificità dei motivi di appello.
-I due motivi -che vanno congiuntamente esaminati siccome connessi, e che pur prospettano profili di inammissibilità, -non possono trovare accoglimento.
2.1 -Le Sezioni unite della Corte hanno statuito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez.
U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599);
2.2 -Nella fattispecie rileva, pertanto, che la gravata pronuncia, sia pur sintetim , ha, ad ogni modo, reso esplicite le proprie rationes decidendi tanto in relazione alla compiutezza motivazionale dell’atto impositivo quanto a riguardo della concludenza del giudizio estimativo che vi era posto a fondamento; né, del resto, la stessa parte ricorrente dà conto dell’effettivo contenuto delle questioni (in tesi) ritenute assorbite, e, dunque, non esaminate, se non con riferimento a quanto dedotto col secondo motivo di ricorso.
2.3 -Le censure di omessa pronuncia di cui al secondo motivo risultano, poi, inammissibili atteso che, per un verso, attengono ad argomenti e deduzioni di natura probatoria, piuttosto che ad eccezioni in senso proprio, -deduzioni che, peraltro, debbono ritenersi implicitamente disattese dal giudice del gravame in relazione alla rilevata attendibilità della rettifica di valore -e, per il restante, risultano articolate in anomia di specifici riferimenti all’effettivo contenuto dell’atto di appello (soltanto a pag. 5 della narrativa si dà conto del ‘breve appello’, de l quale, peraltro, si fornisce un sunto contenuto in poche righe), dal cui esame, peraltro, la stessa Corte di merito ha tratto le ragioni che (in quanto condivise) sono state poste a fondamento della rilevata concludenza della operata rettifica.
Laddove -con riferimento alla denunciata inammissibilità dell’appello per difetto di specifici motivi va rimarcato che la questione, per come proposta, riveste natura esclusivamente processuale e, come in più occasioni statuito dalla Corte, il mancato esame da parte del giudice del merito di una questione puramente processuale non è suscettibile di dar luogo al vizio di omessa pronuncia,
il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass., 16 ottobre 2024, n. 26913; Cass., 14 marzo 2018, n. 6174; Cass., 12 gennaio 2016, n. 321; Cass., 6 dicembre 2004, n. 22860).
Va, poi, soggiunto che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o a argomentare sulla condivisibilità o meno di tutte le deduzioni difensive, rimanendo, invece, sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma considerati subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr., ex plurimis , Cass., 19 maggio 2024, n. 12732; Cass., 2 febbraio 2022, n. 3108; Cass., 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., 17 maggio 2013, n. 12123).
3. -Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, ed al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, assumendo che l’atto impositivo difettava di adeguata motivazione a riguardo dell’omessa allegazione della perizia di stima postavi a fondamento; difetto di motivazione che il giudice del gravame non avrebbe potuto ritenere sanato ( ex post ) in relazione all’att ività difensiva da esse esponenti svolta (anche nell’àmbito del procedimento di accertamento per adesione) .
3.1 -Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
In disparte, ora, la pur prospettata violazione di legge -ché, in effetti, la gravata sentenza va (sul punto) corretta in quanto il difetto di motivazione dell’atto impositivo costituisce requisito di struttura dell’atto, in quanto tale insuscettibile di sanatoria, ex art. 156 c.p.c., per raggiungimento dello scopo, in quanto l’atto ha la funzione di
garantire una difesa certa anche con riferimento alla delimitazione del thema decidendum (v. Cass., 21 luglio 2022, n. 22918; Cass., 17 ottobre 2014, n. 21997), -va rilevato che, a fronte dello specifico accertamento in fatto svolto dal giudice del gravame, – secondo il quale, come anticipato, «i riferimenti di legge e la procedura di definizione del valore sono chiaramente indicati e fanno anche riferimento ai criteri di valutazione comparati della stessa microzona ed a seguito di sopralluogo. Inoltre, l’avviso emesso ai sensi dell’art. 51 e 52 DPR 131/86 contiene tutti gli elementi esplicativi delle ragioni sostenute dall’Ufficio, tali da consentire il legittimo diritto di difesa.» il motivo di ricorso si risolve nella mera riproposizione di una allegazione di parte che, per di più, pretermette del tutto il principio di diritto secondo il quale il rinvio per relationem ad altro atto dell’amministrazione non impone la comunicazione al contribuente di detto atto oggetto di richiamo qualora i suoi elementi essenziali siano stati riprodotti nell’atto connotato dal detto rinvio e oggetto di contestazione giudiziale (v., ex plurimis , Cass., 26 giugno 2020, n. 12803; Cass., 23 febbraio 2018, n. 4396; Cass., 11 aprile 2017, n. 9323; Cass., 5 aprile 2017, n. 8770; Cass., 23 dicembre 2015, n. 25946).
4. -Col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., le ricorrenti denunciano violazione di legge in relazione al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 51, ed all’art. 2697 cod. civ., deducendo che il giudice del gravame aveva omesso di motivare sulle ragioni poste a fondamento della rettifica di valore, e sulla congruità del valore (così) accertato, valore che esse esponenti avevano censurato (anche sulla base di una consulenza di parte) in relazione alla datazione degli atti comparativi, ed alla stessa ubicazione (per microzone) delle unità immobiliari che ne erano oggetto.
4.1 -Anche questo motivo è inammissibile.
4.2 -Sotto il velo della censura di violazione di legge, difatti, il motivo di ricorso prospetta, al fondo della questione sottoposta alla Corte, un erroneo accertamento in fatto (in tesi) correlato alla rilevata concludenza della rettifica di valore, così che si finisce col devolvere al giudizio di legittimità un riesame delle conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito, ed al di fuori del sindacato riservato alla Corte (solo) in termini di denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
Come, difatti, in più occasioni rimarcato dalla Corte, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi, – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (v. Cass., 27 luglio 2023, n. 22938; Cass., 5 febbraio 2019, n. 3340; Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155; Cass., 11 gennaio 2016, n. 195; Cass., 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. Sez. U., 5 maggio 2006, n. 10313; Cass., 11 agosto 2004, n. 15499).
-I l quinto motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 , art. 2, sull’assunto che trattandosi di
cessione di beni strumentali ricadente nell’àmbito di applicazione dell’IVA ( d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, n. 8ter ) -la base imponibile dei tributi ipocatastali avrebbe dovuto correlarsi al corrispettivo pattuito così che, in difetto di una rettifica del corrispettivo, nessuna rettifica di valore avrebbe potuto operarsi.
5.1 -Questo motivo è destituito di fondamento.
5.2 – Per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. n. 223 del 2006, art. 35, comma 10bis , conv. in l. n. 248 del 2006, il d.lgs. n. 347 del 1990, art. 10, comma 1, prevede che «Le volture catastali sono soggette all’imposta del 10 per mille sul valore dei beni immobili o dei diritti reali immobiliari determinato a norma dell’art. 2, anche se relative a immobili strumentali, ancorché assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.» (art. 10, comma 1); e l’art. 1 -bis della Tariffa allegata espressamente contempla la «Trascrizioni di atti e sentenze che importano trasferimento di proprietà di beni immobili strumentali, di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all’imposta sul valore aggiunto, o costituzione o trasferimenti di diritti immobiliari sugli stessi» (con tassazione proporzionale del 3%).
5.3 -Come allora reso esplicito dalle riportate disposizioni -che, ai fini della modulazione delle imposte, fanno riferimento «a cessioni di beni immobili strumentali di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, anche se assoggettati all’imposta sul valore aggiunto» – le imposte ipotecaria e catastale debbono essere applicate in misura proporzionale rispetto agli atti di trasferimento di immobili strumentali, ed anche se questi «assoggettati all’imposta sul valore aggiunto».
Il riferimento al d.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8ter , deve intendersi, così, operato in relazione alla unitaria categoria degli immobili strumentali (quali «fabbricati o … porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni»), e ciò indipendentemente dall’assoggettamento ad Iva delle relative cessioni.
Del resto, in detti termini la Corte ha già interpretato le disposizioni normative in trattazione, rilevando che in tema d’imposte ipotecarie e catastali, «a seguito delle innovazioni apportate al d.lgs. n. 347 del 1990 dalla disciplina introdotta dall’art. 35, comma 10-bis, lett. a), del d.l. n. 223 del 2006, conv., con modif., dalla l. n. 248 del 2006, tali imposte devono essere applicate in misura proporzionale anche se relative al trasferimento di beni immobili strumentali ed indipendentemente dall’assoggettamento di questi ultimi ad IVA.» (Cass., 13 luglio 2017, n. 17284 cui adde Cass., 25 novembre 2022, n. 34734; Cass., 12 gennaio 2022, n. 734; Cass., 24 febbraio 2020, n. 4861); e la determinazione della base imponibile deve avvenire sulla scorta del valore venale del bene, e non del corrispettivo dovuto al cedente, senza che rilevi in contrario la circostanza che la vendita dell’immobile sia assoggettata ad IVA e non ad imposta di registro, in forza del combinato disposto degli artt. 52, 51, e 43 del d.P.R. n. 131 del 1986 e degli artt. 2 e 10 del d.lgs. n. 347 del 1990 (Cass., 16 marzo 2022, n. 8511).
6. -Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono in solido la soccombenza di parti ricorrenti nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna le parti ricorrenti al pagamento in solido, in favore dell ‘ Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio che liquida in € 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2024.