Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3917 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3917 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1503/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
DI COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE SOCIETA’ DI GESTIONE ENTRATE E TRIBUTI;
-intimati- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PUGLIA n. 1712/2018 depositata il 29/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n.1712/2018, depositata il 29 maggio 2018, la Commissione tributaria regionale della Puglia, nel confermare la decisione dei giudici di prossimità, ha respinto l’appello proposto dal Consorzio di bonifica Terre D’Apulia avverso la decisione di
prime cure che aveva accolto l’impugnazione di un invito al pagamento emesso in relazione ai contributi consortili di bonifica dovuti dalla stessa appellata per l’anno 2012;
Il giudice dell’impugnazione ha considerato che l’atto esponeva vizio di motivazione, in quanto privo di riferimenti normativi e dell’indicazione dei provvedimenti amministrativ i, ricordando che l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizioni di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale sia in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur ; .
Il Consorzio ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della predetta decisione. Il contribuente è rimasto intimato.
RAGIONI DI DIRITTO
1. Con il primo motivo, si espone la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge n. 212 del 2000, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), c.p.c.; per avere il decidente affermato l’illegittimità dell’atto impositivo sotto il profilo motivazionale, ancorché il contribuente avesse impugnato un atto meramente riassuntivo degli indici di beneficio e privo di vis lesiva della sua sfera giuridica. Obietta il Consorzio che peraltro gli atti amministrativi di carattere generale non indicati nel sollecito di pagamento sono pubblicati sul sito istituzionale del consorzio e dunque di pubblico dominio, conosciuti e conoscibili dal consorziato diligente che individua attraverso detti atti l’inclusione degli immobili nel perimetro di contribuenza e nel piano di
classifica; rappresentando che il sollecito di pagamento costituisce un mero reminder dell’obbligo contributivo che il consorzio inoltra a ciascun consorziato per porlo nelle condizioni di adempiere con puntualità senza oneri aggiuntivi.
Il ricorrente prosegue nella illustrazione del motivo soffermandosi sui benefici irrigui in favore del fondo di proprietà del consorziato, allegando lo stralcio planimetrico per dimostrare le opere per la manutenzione periodica degli impianti irrigui del comprensorio cui appartiene il fondo di proprietà del contribuente.
2.Con la seconda censura si denuncia la violazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. 546/1992, ex art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c.; per avere i giudici regionali disatteso il consolidato principio afferente la notificazione dell’avviso di pagamento quale atto presupposto, per il quale non è previsto l’obbligo di notificazione, potendo essere inoltrati al contribuente a mezzo posta. Aggiungendo che la motivazione della pretesa va ricercata non nell’avviso di pagamento bensì nella legge regionale, nel piano di classifica e negli altri atti amministrativi oggetto di pubblicità legale, sostenendo che l’omissione della notifica del sollecito di pagamento non avrebbe provocato alcun pregiudizio al contribuente.
La prima censura è infondata, assorbita la seconda.
3.1. Va premesso che, in tema di contenzioso tributario, l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1993, n. 546, ha natura tassativa, ma, in ragione dei principi costituzionali di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.) e di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), ogni atto adottato dall’ente impositore che porti, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, è impugnabile davanti al giudice tributario, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25297 del 28/11/2014; conf.
Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3315 del 19/02/2016). Fermo restando la facoltà del contribuente di impugnare un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, tuttavia, sia espressivo di una pretesa tributaria ormai definita (nella specie, atto recante avviso di pagamento), costituendo un’estensione della tutela del contribuente (Sez. 5, Sentenza n. 2616 del 11/02/2015; conf. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26129 del 02/11/2017). A tal proposito, la più recente dottrina ha enucleato le distinte categorie degli ‘atti facoltativamente impugnabili’ e degli ‘atti necessariamente impugnabili’: i primi esprimono un’irreversibile determinazione della pretesa impositiva, seppure non rivestano ancora la forma autoritativa di uno degli atti tipizzati dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; per cui si può dire che la pretesa impositiva è sostanzialmente, sebbene non ancora formalmente, determinata; i secondi sono riconducibili o assimilabili (in via di interpretazione estensiva, per affinità di portata e di funzione) all’elenco degli atti tipizzati dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; per cui si può dire che la pretesa impositiva è sostanzialmente e formalmente determinata
3.2. E’ stata, in particolare, riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, esplicitando concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: sorge, infatti, in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione della notizia, l’interesse, ex art. 100 cod. proc. civ., a chiarire, con pronuncia idonea ad acquisire effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela
giurisdizionale, comunque, di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva (e/o dei connessi accessori vantati dall’ente pubblico) (ex plurimis: Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2012, n. n. 17010; Cass., Sez. Un., 18 febbraio 2014, n. 3773; Cass., Sez. 6^-5, 9 maggio 2017, n. 11397; Cass., Sez. 5^, 8 maggio 2019, n. 12150; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29501; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34177; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2022, n. 3347; Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11481; Cass. 2029/2024, in motiv.).
3.3. Questa Corte ha più volte affermato che agli atti atipici ( come per la fattura contenente la richiesta della tariffa di igiene ambientale), così come al relativo procedimento di quantificazione e riscossione del prelievo in questione, si devono applicare i principi generali del procedimento tributario di accertamento e di riscossione. In particolare, si è ribadito quanto già espresso (Cass., Sez. 5, 9 agosto 2007, n. 17526) e quanto affermato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 24 luglio 2009 n. 238), ossia che gli atti con cui l’ente impositore richiede al contribuente quanto da lui dovuto anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale o di invito al pagamento, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata pubblicistica. Ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche detti atti atipici debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnati davanti alle commissioni tributarie, nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili (Cass., Sez. 5, 10 maggio 2013, n. 11157; Cass., Sez. 6, 18 luglio 2016, n. 14675; Cass., Sez. 5, 31 ottobre 2018, n. 27805; Cass. 11481/2022).
3.4. Deve, pertanto, richiamarsi l’indirizzo di questa Corte (Cass. 18/07/2016, n. 14575, in motiv.; Cass. 30/05/2017, n. 13584; Cass. 31/10/2018, n. 27805) secondo il quale per ragioni di tutela
del contribuente e di buon andamento della P.A. (valori che presuppongono entrambi la sollecitazione tempestiva, e non esperibile sine die, della verifica giurisdizionale), ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria deve esplicitare le concrete ragioni fattuali e giuridiche a fondamento della pretesa tributaria, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa; ciò in quanto la tassatività dell’elencazione contenuta nel disposto dell’art. 19 cit. deve intendersi riferita non ai singoli provvedimenti nominativamente individuati, ma alle categorie a cui sono riconducibili, in cui vanno, pertanto, ricompresi anche gli atti atipici o con “nomen iuris” diversi da quelli indicati, che producano, però, gli stessi effetti giuridici ( Cass. 27/01/2023, n. 2634; Cass. 13/07/2023, n. 20051; Cass. 14/09/2023, n. 26547; nel senso che si tratta di veri atti impositivi, Cass. sez. 5, 10 maggio 2013, n. 11157). Ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche i solleciti di pagamento dei contributi consortili debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnate davanti alle commissioni tributarie nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili (nel senso che la relativa impugnazione costituisce per il contribuente una facoltà, e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo Cass. n. 16100/2011, n. 5966/2015).
3.5. Nondimeno , alla luce dell’art. 7, comma 1, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), il quale prevede che: ‘Gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione…’, gli atti impositivi ovvero gli atti tributari (quindi anche gli avvisi quali quelli in
esame) non possono essere generici e devono, in ogni caso consentire al contribuente di comprendere come sia stato determinato l’importo e mettere lo stesso in grado di conoscere come sia stato determinato l’importo richiesto in pagamento.
3.6. Non appare, quindi, in alcun modo giuridicamente fondata la tesi del Consorzio ricorrente che afferma la non necessità di una ‘specifica’ motivazione, non essendo l’atto in questione assimilabile ad un vero e proprio atto provvedimentale quale l’avviso di accertamento e l’avviso di liquidazione: risulta, per contro, evidente che, trattandosi di pretesa tributaria, l’atto deve consentire la comprensibilità e con essa la possibilità di valutare la legittimità della pretesa fiscale, incombendo sull’ ente impositore l’onere di indicare nell’atto impositivo tutti gli elementi posti a base della pretesa fiscale, al fine di garantire il rispetto del diritto di difesa del contribuente.
3.7. Tale motivazione può essere assolta per relationem ad altro atto che costituisca il presupposto dell’imposizione, del quale, tuttavia, debbono comunque essere specificamente indicati gli estremi, anche relativi alla pubblicazione dello stesso su bollettini o albi ufficiali che eventualmente ne sia stata fatta a sensi di legge, affinchè il contribuente ne abbia conoscenza o conoscibilità e l’atto richiamato, mentre, quando di esso il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione o pubblicazione, non deve essere necessariamente allegato all’atto secondo una interpretazione non puramente formalistica della legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1 (c.d. Statuto del contribuente) – sempre che in essa siano indicati i relativi estremi di notificazione o di pubblicazione (conforme Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27058 del 2014; Cass. 6839 del 11/03/2020;Cass. 29/11/2023 n. 33214).
3.8. Ricorre, in proposito, quanto stabilito dalle SSUU n. 11722 del 14/05/2010 (proprio in fattispecie di riscossione di contributi
consortili, ai sensi dell’art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215), secondo cui: “la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione. “(v. sez. un. n. 11722-10; Cass. n. 8079/2020).
È evidente, quindi, che la mancata indicazione del piano di classifica sulla base del quale il Consorzio avanza la propria pretesa, costituisce un grave vizio del relativo atto impositivo in quanto al consorziato non viene fornito alcun elemento per valutare la correttezza della liquidazione dell’imposta.
Né assume rilievo la circostanza che sia la delibera commissariale che la delibera di approvazione del perimetro di contribuenza siano stati prodotti nel giudizio di merito ovvero che il contribuente abbia comunque potuto difendersi efficacemente in giudizio, non potendo operarsi una lettura riduttiva del ruolo della motivazione che, pur letta in funzione del diritto di difesa, finisce per legittimare un inammissibile giudizio ex post sulla sufficienza della stessa, argomentata dalla difesa comunque svolta dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante argomentato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire ex se l’esercizio effettivo del diritto di difesa. L’obbligo di motivazione dell’atto impositivo persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an e il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma
anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa (così, in motivazione Cass., Sez. 5, n. 24024 del 25/11/2015). Le Sezioni Unite di questa Corte (SS.UU. in data 30.10.2008 nn. 26009, 26010 e 26012 e, quindi, la sentenza, sempre delle SSUU, 14.5.2010 n. 11722) hanno chiarito, proprio in tema di riscossione di contributi consortili ai sensi del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 21, che la cartella esattoriale che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione.
6. La Corte è ferma nel ritenere che l’obbligo di idonea e completa motivazione dell’atto impositivo, previsto dall’art. 7 della I. n. 212 del 2000, sia volto ad assicurare al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nel giudizio di impugnazione e che l’Ufficio non possa integrare il contenuto di detta motivazione in corso di causa bensì possa solo illustrare fatti e questioni oggetto di causa, nell’ambito di una paritaria dialettica processuale, per incidere sul convincimento del giudice (Cass. n. 2382/2018, n. 12400/2018, n. 3762/2019, vedi anche Cass. n. 28560/2021, sul “principio di leale collaborazione tra privato e p. a.”, che non segna discontinuità rispetto all’insegnamento tradizionale della Corte in quanto la decisione fa comunque salvo “il diritto di difesa dell’interessato”).( Cass. 11284 del 07/04/2022; Cass. n. 26340/2021).
6.1.Ebbene, nella fattispecie sub iudice, dalla trascrizione dell’invito al pagamento, risultano i dati catastali degli immobili e gli oneri irrigui gravanti su di essi, senza alcun riferimento alla delibera di approvazione del perimetro di contribuenza, con conseguente difetto contenutistico e motivazionale dell’atto impositivo.
In definitiva, il ricorso va rigettato senza attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità per non aver l’intimato svolto alcuna attività difensiva; si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, ove il relativo versamento risulti dovuto.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; v.to l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della