Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32043 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32043 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 23634/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO .
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale in calce al controricorso.
(PEC: EMAIL)
– controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della BASILICATA n. 219/02/2023, depositata in data 26 settembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’avviso di accertamento, relativo all’anno d’imposta 2014, con il quale veniva ripresa a tassazione la sopravvenienza passiva indeducibile di euro 360.000,00 di cui al conto di mastro n. 92.01.154 e i costi per carburanti e lubrificanti pari ad euro 11.529,00 di cui al conto di mastro 73.09.006, oltre all’IVA pari ad euro 2.537,00.
I giudici di secondo grado hanno ritenuto che l’avviso di accertamento non fosse motivato, laddove non si ricavava da alcun atto del procedimento l’espresso invito di esibizione, presupposto del mancato assolvimento dell’onere probatorio della società cRAGIONE_SOCIALE, con conseguente travisamento degli esiti istruttori; come provato dal processo verbale di accesso del 9 maggio 2016 i verificatori avevano richiesto l’esibizione di documenti generici e non l’esibizione di documenti riguardanti la messa a perdita dei crediti.
L’RAGIONE_SOCIALE ha p roposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, c od. proc. civ.. Il giudice RAGIONE_SOCIALE non aveva tenuto conto che l’avviso di accertamento era stato motivato in riferimento all’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e con il richiamo alle norme che stabilivano i criteri per la deducibilità RAGIONE_SOCIALE perdite su crediti e dei costi in RAGIONE_SOCIALE, di cui la contribuente non aveva fornito prova. Il RAGIONE_SOCIALE non aveva neppure valutato la circostanza che l’avviso di accertamento era stato levato a seguito di verifica fiscale, avente ad oggetto il controllo sostanziale dell’anno d’imposta 2014, effettuata nei confronti della società contribuente, alla quale in sede di accesso era stata richiesta tutta la documentazione contabile relativa a quella annualità, come rilevabile a pagina 3 del verbale di accesso del 9 maggio 2016. Pertanto, risultava dagli atti che l’Ufficio aveva richiesto alla parte l’esibizione anche della documentazione relativa alle sopravvenienze passive, con la conseguenza che, non avendo la contribuente dimostrato in fase di verifica la corretta deducibilità di tale perdita sui crediti, pur essendone onerata per legge, l’accertamento non poteva ritenersi viziato sotto il profilo della motivazione. Tale circostanza era s tata compiutamente evidenziata dall’Uff icio negli atti sostanziali e processuali (verbale di accesso, avviso di accertamento, controdeduzioni in primo grado, e atto di appello), ma il RAGIONE_SOCIALE aveva omesso di esaminare e di valutare la suddetta documentazione.
2. Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 101, comma 5, e dell’art. 109 TUIR, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che la questione controversa non riguardasse in concreto la mancata dimostrazione dei requisiti necessari ai fini della deducibilità
fiscale della sopravvenienza passiva, bensì la mancanza di una specifica richiesta da parte dell’ufficio affinché la contribuente potesse adempiere all’onere probatorio su di essa incombente , così omettendo qualsiasi valutazione in ordine ai requisiti necessari ai fini della deducibilità fiscale della sopravvenienza passiva.
2.1 I motivi, che devono essere trattati unitariamente perché connessi, sono fondati.
2.2 Deve evidenziarsi che l’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000, prevede che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati con la specifica indicazione dei presupposti di fatto e RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione e contiene la precisazione che, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. Sicché, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem , ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente, ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass., 25 marzo 2011, n. 6914), o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass., 25 luglio 2012, n. 13110).
2.3 Dunque l’art. 7 , comma 1, della legge n. 212 del 2000 prevede da un lato che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati con la specifica indicazione dei presupposti di fatto e RAGIONE_SOCIALE
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione e dall’altro che l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem , ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente, ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass., 25 marzo 2011, n. 6914; Cass., 25 luglio 2012, n. 13110; Cass., 4 luglio 2014, n. 15327; Cass., 29 settembre 2020, n. 20579).
2.4 Come già precisato da questa Corte la motivazione dell’atto impositivo deve essere sufficiente ad individuare la causa giustificativa del recupero a tassazione in relazione al contenuto dell’atto richiamato ed a porre il contribuente in grado di adeguatamente spiegare le proprie difese, sia negando i fatti costitutivi della pretesa fiscale, sia contrastando le risultanze dell’atto impositivo mediante acquisizione di ulteriore documentazione e di altri elementi probatori idonei a dimostrare la insussistenza della pretesa fiscale, dovendosi, al riguardo, distinguere nettamente la questione relativa all’esistenza della motivazione dell’atto impositivo, quale «requisito formale di validità» dell’avviso di accertamento (art. 7 della legge n. 212 del 2000), dalla questione attinente, invece, alla indicazione ed effettiva sussistenza di elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria (Cass., 17 gennaio 1997, n. 459; Cass., 5 giugno 1998, n. 5544), indicazione che non è richiesta quale elemento costitutivo della
validità dell’atto impositivo e che rimane disciplinata dalle regole processuali proprie della istruzione probatoria che trovano applicazione nello svolgimento del giudizio introdotto dal contribuente con il ricorso di opposizione all’atto impositivo (Cass., 9 marzo 2020, n. 6524; Cass., 20 dicembre 2018, n. 32957; Cass., 5 aprile 2013, n. 8399).
2.5 La sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi suesposti , in quanto ha ricondotto nell’ambito dei requisiti di validità della motivazione dell’atto impositivo la questione della utilizzabilità o meno della documentazione relativa alla ripresa a tassazione della sopravvenienza passiva contabilizzata come deducibile, in mancanza dell’espresso avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza all’invito a produrre la documentazione, giungendo alla conclusione (errata) dell’invalidità dell’atto di accertamento; ed invero, contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, la mancanza dell’invito, come accertata, non significa che l’accertamento doveva ritenersi viziato sotto il profilo della motivazione, che è requisito formale di validità dell’atto e che, per ciò solo, si distingue da quello dell’effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l’indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell’istruzione probatoria operanti nell’eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa; i giudici di merito, dunque, dovevano accertare, a fronte della dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000, introdotta dalla società contribuente nel giudizio di primo grado, se effettivamente l a motivazione dell’ avviso di accertamento impugnato fosse sufficiente ad individuare la causa giustificativa del recupero a tassazione in relazione al contenuto dell’atto richiamato ed a porre la società contribuente in grado di spiegare le proprie difese, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE statuizioni del giudice di primo grado (anche esse errate), specificamente censurate dall’Ufficio con l’atto di gravame, che aveva accolto l’eccezione di carente motivazione dell’avviso di
accertamento, sul presupposto che « l’Ufficio non avesse provato la richiesta di specifici documenti alla contribuente in ordine alle poste contestate » (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 3 dicembre 2024.