Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14331 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14331 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3051/2018 R.G. proposto da:
NOME, NOME, NOME, in qualità di eredi di NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 3485/2017 depositata il 14/06/2017, udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO ha impugnato l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro avente ad oggetto un contratto di locazione di immobile sito in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, con destinazione alberghiera e di affittacamere, rogitato in data 11 dicembre 2013, deducendo il difetto di motivazione, la falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, n. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972 e la non corretta tassazione dell’atto con aliquota fissa anziché proporzionale.
2.La Commissione Tributaria Provinciale ha accolto il ricorso in considerazione del difetto di motivazione e del principio di alternatività i.v.a./registro, avendo le parti assoggettato le prestazioni contrattuali ad i.v.a.
3.All’esito dell’appello, il ricorso è stato, però, rigettato. Nella sentenza di appello si legge che «ai sensi dell’art. 40 d.P.R. n. 131/1986, vigente ratione temporis , sono soggette all’imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali di cui all’art. 10, comma 1, n. 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, ancorché siano imponibili agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto ovvero intervengano tra soggetti partecipanti al gruppo i.v.a.».
Avverso tale sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in qualità di eredi di NOME COGNOME, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Si è costituita con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto del ricorso.
Risultano depositate la memoria dei ricorrenti e le conclusioni scritte della Procura Generale, che ha chiesto accogliersi il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei residui.
7.Il ricorso è stato trattato e deciso alla pubblica udienza del 17 maggio 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.I ricorrenti hanno dedotto: 1) la nullità della sentenza, ai sensi all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., atteso i giudici di appello hanno ritenuto dovuta l’imposta di registro, in misura proporzionale, in base ad una qualificazione degli immobili, diversa da quella data dall’RAGIONE_SOCIALE, che nell’avviso in esame ha fatto riferimento agli immobili abitativi e non a quelli strumentali, così operando una vietata integrazione processuale della motivazione dell’atto impositivo; 2) la violazione, ai sensi all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 40 del d.P.R. n. 131 del 1986 nonché 10, comma 1, n. 8, del d.P.R. n. 633 del 1972, anche in relazione alla ragionevolezza del prelievo ed alla capacità contributiva, in quanto proprio la natura strumentale dell’immobile comporta la legittimità della opzione per il regime i.v.a., per cui l’applicazione dell’imposta di registro, in aggiunta all’i.v.a, si tradurrebbe in una imposta sul volume di affari, incompatibile con la normativa unionale; 3) la violazione, ai sensi all’art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 40, comma 1bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, in combinato disposto con l’art. 5, punto 1, lett. A-bis, della Parte Prima della Tariffa allegata al d.P.R., che ha introdotto, già dal 2006, l’aliquota dell’1% sulle operazioni in esame in luogo di quella del 2% pretesa dall’RAGIONE_SOCIALE; 4) la nullità della sentenza per l’incomprensibilità ed apparenza della motivazione; 5) la violazione, ai sensi all’art. 360,
primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’art. 17, comma 3, del d.P.R. n. 131 del 1986, e 5, punto A-bis, della Parte Prima della Tariffa allegata al d.P.R., avendo l’RAGIONE_SOCIALE preteso l’imposta su un canone di locazione non dovuto in base agli accordi contrattuali, secondo cui il conduttore ha assunto l’obbligo di provvedere, a sue spese, alla ristrutturazione dell’immobile e conseguentemente di corrispondere il canone di locazione solo a decorrere dal 2016.
2.Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la nullità della sentenza, ai sensi all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in quanto i giudici di appello hanno ritenuto dovuta l’imposta di registro, in misura proporzionale, in base ad una qualificazione degli immobili diversa da quella data dall’RAGIONE_SOCIALE, che nell’avviso impugnato ha fatto riferimento all’uso abitativo e non alla natura strumentale degli stessi, ed hanno, pertanto, operato una vietata integrazione processuale della motivazione dell’atto impositivo.
2.1.In ordine all’ultra -petizione nel giudizio di appello, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, come il principio del tantum devolutum quantum appellatum , non osta a che il giudice di appello renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti, ovvero in base alla qualificazione giuridica dei fatti medesimi ed all’applicazione di una norma giuridica diversa da quella invocate dall’istante, né incorre nella violazione di tale principio il giudice d’appello che, rimanendo nell’ambito del petitum e della causa petendi , confermi la decisione impugnata sulla base di ragioni diverse da quelle adottate dal giudice di primo grado o formulate dalle parti, mettendo in rilievo nella motivazione elementi di fatto risultanti dagli atti, ma non considerati o non espressamente menzionati dal primo giudice (Cass., Sez. 3, 12 marzo 2024, n. 6533). Si è anche precisato che, ai sensi dell’art.
342 cod.proc.civ., il giudizio di appello, pur limitato all’esame RAGIONE_SOCIALE sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del tantum devolutum quantum appellatum il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel thema decidendum del giudizio (Cass., Sez. L., 3 aprile 2017, n. 8604).
2.2.Tali principi devono, però, essere adattati al giudizio tributario di impugnazione, in cui il thema decidendum è costituito non dal rapporto tributario nella sua interezza, ma dal rapporto tributario come accertato nell’atto impugnato e nei limiti RAGIONE_SOCIALE contestazioni formulate con i motivi del ricorso introduttivo, che non possono essere integrati in giudizio, salve le ipotesi di cui agli artt. 24, comma 2, e 58, comma 2 (nella versione attuale, ma applicabile ai giudizi introdotti con ricorso notificato dopo il 1° settembre 2024), del d.lgs. n. 546 del 1992 – in primo grado motivi aggiunti resi necessari dal deposito di documenti, non conosciuti dal ricorrente, ad opera RAGIONE_SOCIALE altre parti o per ordine del giudice; in appello motivi aggiunti formulati all’esito della conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui emergano vizi degli atti o provvedimenti impugnati.
Difatti, come questa Corte ha già chiarito, il giudizio tributario pur connotandosi non come un giudizio di impugnazioneannullamento, bensì come un giudizio di impugnazione-merito, finalizzato non soltanto ad eliminare l’atto impugnato, ma anche alla pronuncia di una decisione di merito sul rapporto tributario, deve restare entro i limiti posti da un lato, dalle ragioni di fatto e di
diritto esposte nell’atto impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo del contribuente (Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2011, n. 21759).
Da tali premesse deriva che nel giudizio tributario si verifica un’ultra -petizione, vietata dall’art. 112 cod.proc.civ., laddove il giudice (di primo o di secondo grado) si pronunci su un rapporto tributario diverso da quello accertato nell’atto impositivo impugnato o, comunque, prescindendo dalla motivazione dell’atto impositivo impugnato oppure laddove annulli l’atto impugnato per problematiche del tutto estranee, in fatto o in diritto, e, quindi, non riconducibili a quelle introdotte dal contribuente con il ricorso introduttivo, tramite la formulazione dei motivi originari o di quelli aggiunti proposti ai sensi degli artt. 24, comma 2, e 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992.
2.3. Nel presente giudizio il AVV_NOTAIO ricorrente ha impugnato l’atto impositivo, deducendo, da un lato, la violazione dell’art. 7 dello Statuto dei contribuenti, in considerazione della motivazione non chiara ed errata, e, dall’altro lato, la violazione del principio di alternatività i.v.a./registro.
I giudici di primo grado hanno accolto entrambe le censure, annullando, pertanto, l’atto impositivo con due distinte rationes decidendi -la prima relativa al difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, la seconda al principio di alternatività i.v.a./registro.
Nell’atto di appello l’RAGIONE_SOCIALE ha dedotto la mera apparenza della motivazione della sentenza impugnata e l’inapplicabilità del principio di alternatività i.v.a./registro, cercando comunque, di chiarire i criteri della liquidazione effettuata e la motivazione dell’avviso di liquidazione, senza fare alcuna menzione della natura strumentale degli immobili ed, al contrario, facendo espresso riferimento al regime tributario RAGIONE_SOCIALE locazioni degli immobili ad uso abitativo (esenti da i.v.a., salve alcune eccezioni, e soggette ad imposta di registro nella misura del 2%, pretesa
nell’atto impositivo, diversa da quella dell’1%, applicabile, già dal 2006, alle locazioni degli immobili strumentali)
La sentenza di appello, prescindendo dall’atto impositivo e dalle deduzioni difensive dell’RAGIONE_SOCIALE, che, come già evidenziato, ha fatto riferimento, anche nel giudizio di appello, alla natura abitativa (e non strumentale) degli immobili locati, ha affermato la legittimità della pretesa tributaria, atteso che «ai sensi dell’art. 40 d.P.R. n. 131/1986, vigente ratione temporis , sono soggette all’imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali di cui all’art. 10, comma 1, n. 8), del d.P.R. n. 633 del 1972, ancorchè siano imponibili agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto ovvero intervengano tra soggetti partecipanti al gruppo i.v.a.».
In definitiva, la sentenza di appello ha effettuato una propria ricostruzione del rapporto tributario che non si fonda e non si confronta con l’atto impositivo, il che si traduce, nel giudizio tributario, in un vizio di ultra-petizione. Difatti, stante la natura impugnatoria del giudizio tributario, la motivazione dell’atto impositivo non può essere integrata o modificata nel corso del processo né dall’Amministrazione finanziaria né dal giudice (tra le tante, Cass., Sez. 6-5, 21 maggio 2018, n. 12400, secondo cui l’avviso di accertamento privo, in violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, di una congrua motivazione è illegittimo, senza che la stessa possa, peraltro, essere “integrata” in giudizio dall’Amministrazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario).
I giudici di appello avrebbero dovuto individuare non il regime impositivo applicabile in astratto alla fattispecie, ma piuttosto quello applicato in concreto dall’RAGIONE_SOCIALE in base all’atto impositivo (e, cioè, alla ricostruzione operata dall’RAGIONE_SOCIALE) e, poi, verificarne la legittimità.
L’accoglimento della prima censura determina l’assorbimento di tutte le altre.
In conclusione, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento dei residui, in applicazione del seguente principio di diritto: nel processo tributario, il giudice (di primo o di secondo grado) che si pronuncia su un rapporto tributario diverso da quello accertato nell’atto impositivo impugnato o, comunque, prescindendo del tutto dalla motivazione dell’atto impositivo impugnato, incorre in un’ultra -petizione, vietata dall’art. 112 cod.proc.civ., visto che il giudizio tributario, pur configurandosi come impugnazione-merito, deve restare entro i limiti posti, da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi tempestivamente e ritualmente formulati dal contribuente.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata ed il giudizio rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 17/05/2024.