Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12263 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12263 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2623/2024 R.G. proposto da:
CLASSIC RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA RAGIONE_SOCIALE EMILIA ROMAGNA n. 691/2023 depositata il 22/06/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 691/2023 depositata in data 22/06/2023, ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ( hinc: RAGIONE_SOCIALE) contro la sentenza n. 169/2019, con cui la Commissione Provinciale di Rimini ( hinc: CTP), aveva respinto l’impugnazione della contribuente contro l’avviso di accertamento (relativo all’anno d’imposta 20 10), notificato in data 28/10/2015 e contenente riprese a titolo di IRES, IVA e IRAP, ai sensi degli artt. 41 e 41 bis d.P.R. 29/09/1973, n. 600.
1.1. Il giudice di prime cure aveva accolto parzialmente il ricorso, condividendo sia i rilievi dell’amministrazione finanziaria in relazione alla qualificazione dell’attività svolta dalla contribuente, sia i riscontri in relazione alla rideterminazione degli importi revisionati in sede di autotutela.
La CGT2 ha ritenuto infondata, in via preliminare, l’eccezione relativa alla mancata instaurazione del contraddittorio, risultando dagli atti il suo espletamento, documentato, peraltro, dalla rettifica in autotutela da parte dell’amministrazione finanzi aria.
2.1. Nel merito ha, poi, evidenziato che: « nell’avviso di accertamento l’agenzia da ampia dimostrazione della presunzione di ricavi non dichiarati dal circolo in relazione agli ingenti importi transitati nei conti dei consiglieri, che non trovano giustificazione con l’attività privata svolta, sul punto il contribuente anche in questo grado di giudizio non porta elementi probatori per sostenere le tesi contrarie. Per quanto riguarda la mancata contabilizzazione dei costi questa parte in effetti risulta sanata con la proposta dell’atto di rettifica in autotutela che i giudici di primo grado hanno preso a base per quantificare i redditi ed il volume d’affari presunti con l’avviso di accertamento, le sanzioni seguono i
dettami legislativi e risultano conseguenti rispetto le infrazioni commesse. »
Contro la sentenza della RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con sette motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. 31/12/1992, n. 546.
1.1. Ad avviso della ricorrente la motivazione della sentenza impugnata è del tutto apparente in relazione al primo motivo di appello, con cui era stata censurata l’erronea esclusione della violazione delle disposizioni che regolano il contraddittorio prev entivo. Difatti, l’ufficio ha precluso al contribuente di poter giustificare le movimentazioni bancarie contestate antecedentemente all’emissione dell’avviso di accertamento. La verifica fiscale si è protratta per oltre dieci mesi, mentre al contribuente sono stati assegnati solo quindici giorni per esaminare migliaia di movimenti bancari eseguiti nell’arco di quattro anni. L’ufficio ha, quindi, interrotto bruscamente il contraddittorio avviato successivamente alla notifica del processo verbale di constatazione tramite l’emissione dell’avviso di accertamento relativo all’anno 2009 e, successivamente, quello oggetto del presente giudizio. La sentenza impugnata, tuttavia, valorizza esclusivamente l’autotutela intervenuta solo successivamente all’emissione dell’avviso di accertamento.
1.2. Il motivo è infondato. Occorre precisare, in via preliminare, come il vizio di motivazione apparente sia stato articolato dalla ricorrente in appositi motivi di ricorso (primo, quarto e quinto)
riferibili a singoli motivi di appello proposti davanti alla CGT2. Di conseguenza, occorre esaminare, di volta in volta, il vizio motivazionale denunciato dalla contribuente in relazione all’illustrazione dei contenuti di ciascun singolo motivo di ricorso (salvo che per il quinto motivo, da ritenere assorbito, v. infra, sub 8).
1.3. Ciò premesso occorre ricordare che secondo un consolidato orientamento di questa Corte: « Ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. quando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture.(Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto affetta da tale vizio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile l’appello perché tardivo, senza indicare la documentazione esaminata e la valenza probatoria della stessa ai fini della decisione assunta). » (Cass., 23/05/2019, n. 13977, v. anche Cass., Sez. U, 03/11/2016, n. 22232).
La motivazione apparente deve essere distinta dalla motivazione sintetica, dal momento che nel primo caso, a differenza del secondo, resta totalmente oscuro e impenetrabile l’iter argomentativo che ha condotto il giudice a un determinato risultato decisorio. Non basta che la decisione e le argomentazioni poste a suo fondamento non siano condivise dalla parte soccombente, essendo sufficiente che il giudice indichi le ragioni e gli elementi ritenuti dirimenti -sul piano probatorio e in esito a una valutazione comparativa delle prove portate dalle parti -ai fini della decisione.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, nonché dell’art. 41 della Carta di Nizza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. 31/12/1992, n. 546.
2.1. La ricorrente ha rilevato che la sentenza impugnata non è conforme agli orientamenti di questa Corte, nonché a quelli della CGUE. Nel caso di specie la verifica, aperta nell’agosto 2013 , si è conclusa il 27/06/2014. Prima della chiusura della verifica i consiglieri del RAGIONE_SOCIALE sono a malapena riusciti a ottenere copia della documentazione da parte delle banca. Successivamente alla notifica del RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di essere convocato dall’ufficio per giustificare ulteriori transazioni, comu nicando che erano in corso le verifiche e la richiesta di documentazione. In data 05/11/2014 la ricorrente ha prodotto, quindi, giustificazioni afferenti alle movimentazioni sui conti dei sig.ri COGNOME e COGNOME. L’ufficio si è riservato di valutare quanto prodotto dalla ricorrente e solo dopo cinque giorni ha emesso l’avviso di accertamento relativo all’anno 2009, per poi procedere con le annualità successive. La ricorrente rileva come, nel caso di specie, sia agevolmente riscontrabile anche la prova di resistenza, considerato che, grazie alle giustificazioni fornite da RAGIONE_SOCIALE, la pretesa erariale è stata ridotta di oltre la metà.
2.2. Il motivo di ricorso è infondato.
C on riferimento alla censura relativa alla violazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 (applicabile ratione temporis al caso in esame) occorre richiamare il testo della norma, il quale prevede che: « Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e
richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. »
Il termine di sessanta giorni previsto nella norma appena richiamata decorre dal rilascio di copia del processo verbale. Nel caso di specie risulta che le operazioni di verifica siano state concluse il 27/06/2014. In verità, a pag. 2 del controricorso risulterebbe che, in tale data, una copia del pvc sia stata consegnata alla contribuente, così come risulta affermato dalla stessa ricorrente a pag. 5 del ricorso. L’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 fissa una barriera temporale di sessanta giorni tra il rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni e l’emissione dell’avviso di accertamento, prefissando, ex ante e in via astratta, un termine ritenuto sufficiente dal legislatore per la presentazione di osservazioni e richieste da parte del con tribuente, prima dell’emissione dell’atto impositivo.
2.3. Il motivo di ricorso è altresì infondato con riferimento alla censura relativa alla violazione dell’art. 41 della Carta di Nizza, nella parte in cui prevede « il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio ». Difatti, dalla stessa illustrazione del motivo di ricorso risulta un’attività di confronto con l’amministrazione finanziaria che risulta essersi protratta per un periodo di tempo significativo rispetto al momento della chiusura delle operazioni di verifica e la notifica del PVC (27/06/2014), considerato che la stessa parte ricorrente fa riferimento a un’interlocuzione con l’amministrazione finanziaria avvenuta il 05/11/2014.
Con il terzo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992.
3.1. La ricorrente censura l’omessa pronuncia della CGT2 sul secondo motivo di appello con il quale la sentenza di primo grado era stata censurata, nella parte in cui aveva confermato il disconoscimento in capo Classic Club del regime di cui all’art. 148 t.u.i.r. previsto per gli enti di tipo associativo, trascurando la normativa applicabile a tali enti e ogni analisi della concreta operatività della contribuente. Quest’ultima riporta a pag. 16 ss. del ricorso in cassazione il secondo motivo dell’atto di ap pello, dando atto di aver proposto anche nel ricorso introduttivo (pag. 14-21) analoga censura.
3.2. Il motivo è fondato: la sentenza impugnata non ha speso alcuna parola in ordine alla (contestata) applicazione dell’art. 148 t.u.i.r. e alla qualificazione dell’attività svolta da Classic Club, cioè uno dei capisaldi argomentativi dell’attività di acc ertamento e dell’atto impositivo impugnato nella presente sede, come emerge anche dalle pag. 2-3 del controricorso. Tanto più che dalla lettura del ricorso e del controricorso emerge lo svolgimento da parte di Classic Club di una serie variegata di attività, tali da richiedere un accertamento di fatto rientrante nella competenza del giudice di merito, al fine di verificare se tali attività rientrino, per intero o solo in parte, nell’art. 148 t.u.i.r. o, diversamente, ne siano, in tutto o in parte, escluse.
Alla luce delle censure svolte nel secondo motivo di appello (trascritto dalla parte ricorrente nelle pag. 16-19 del ricorso in cassazione) e delle contestazioni dell’amministrazione finanziaria il giudice di rinvio dovrà, quindi, accertare e qualificare l’attività svolta da RAGIONE_SOCIALE, al fine di verificare se possa essere sussunta o meno nell’ambito di applicazione dell’art. 148 t.u.i.r.
Con il quarto motivo è stata censurata la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
4.1. La parte ricorrente ha denunciato che, in relazione al terzo e al quarto motivo d’appello, la motivazione della sentenza impugnata è meramente apparente. Rileva di aver contestato il mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’ufficio in ordine alla riconducibilità dei conti correnti dei consiglieri del Classic Club all’attività di quest’ultimo, sia che le movimentazioni rilevate su tali conti non fossero riconducibili all’attività svolta dalla contribuente. Sul punto, tuttavia, la CGT2 si è limitata constatare che: « nell’avviso di accertamento l’agenzia da ampia dimostrazione della presunzione di ricavi non dichiarati dal circolo in relazione agli ingenti importi transitati nei conti dei consiglieri, che non trovano giustificazione con l’attività privata svolta, sul p unto il contribuente anche in questo grado di giudizio non porta elementi probatori per sostenere le tesi contrarie. »
4.2. Il motivo di ricorso è fondato. Rinviando alla giurisprudenza di questa Corte già richiamata ( supra, 1.3.), occorre evidenziare come la motivazione sul punto sia inidonea a consentire l’individuazione dell’iter logico -giuridico attraverso il quale il giudice di seconde cure ha tratto gli elementi di convincimento della riferibilità alla ricorrente delle movimentazioni relative ai conti correnti intestati a soggetti diversi da RAGIONE_SOCIALE, attingendola alla mera qualifica di consiglieri e senza far riferimento al ruolo concreto e operativo svolto nell’ambito dell’associazione .
Con il quinto motivo di ricorso è stata censura la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992.
5.1. La ricorrente denuncia che la motivazione della sentenza impugnata è da considerare apparente anche con riferimento alla censura con cui RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito che l’ufficio – nel determinare il maggior reddito asseritamente sottratto a tassazione – non avesse verificato i costi sostenuti per la produzione dei ricavi. Il maggior reddito d’impresa contestato è stato, infatti, calcolato quale sommatoria di versamenti e prelievi dai quali sono stati detratti unicamente i costi già registrati dalla contribuente, senza considerare gli ulteriori costi sostenuti per produrre i maggiori ricavi contestati. Tuttavia, la CGT2 ha ritenuto che la mancata contabilizzazione dei costi risultasse sanata con la proposta dell’atto di rettifica in autotutela, che i giudici di primo grado hanno preso come base per quantificare i redditi e il vo lume d’affari presunti con l’avviso di accertamento.
Con il sesto motivo è stata censurata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 d.P.R. 29/09/1973, n. 600, dell’art. 109 t.u.i.r. e dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992.
6.1. La ricorrente espone che con l’avviso di accertamento impugnato l’Ufficio ha ricostruito induttivamente i maggiori ricavi asseritamente prodotti e non dichiarati dal Classic Club, quale sommatoria di versamenti e prelievi intervenuti sui conti correnti intestati al presidente e ai consiglieri della contribuente, scomputando dal reddito così determinato unicamente i costi registrati. In tal modo è stato manifestamente violato anzitutto il supremo principio di capacità contributiva, in quanto è stato assoggettato a tassazione un reddito meramente figurativo, poiché determinato senza considerare i costi deducibili sostenuti per produrlo. Sul punto la contribuente ha richiamato sia la
giurisprudenza di questa Corte che la pronuncia 31/01/2023 n. 10 della Corte costituzionale.
Con il settimo motivo di ricorso è stata denunciata la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia e/o per motivazione apparente in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. e all’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992.
7.1. La ricorrente richiama l’ultimo motivo di appello proposto a pag. 35-37 dell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio, avente per oggetto la disapplicazione delle sanzioni irrogate per violazione del principio del ne bis in idem. Era stato evidenziato che il sig. COGNOME chiamato quale responsabile solidale per le imposte e le sanzioni accertate in capo a RAGIONE_SOCIALE era stato sottoposto a procedimento penale per i medesimi fatti. La CGT2 si è totalmente disinteressata delle censure sollevate, limitandosi a rilevare che le sanzioni seguono i dettami legislativi e risultano conseguenti rispetto alle infrazioni commesse.
Il quinto, il sesto e il settimo motivo devono considerarsi assorbiti per effetto dell’accoglimento del terzo e del quarto motivo di ricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato sono infondati il primo e il secondo motivo, mentre sono fondati il terzo e il quarto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e sono da considerare assorbiti il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso.
9.1. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo e il secondo motivo e dichiara assorbiti il quinto, il sesto e il settimo motivo di ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 31/01/2025.