Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 35088 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 35088 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13560/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante COGNOME NOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania -Sezione Staccata di Salerno n. 8821/2019 depositata il 22/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accert amento per l’anno 2012 , con il quale l’Agenzia delle entrate di Avellino ha rettificato il reddito d’impresa della società RAGIONE_SOCIALE ritenuta società non operativa, con applicazione dell’ art. 30, comma 3 della L. n. 724/1994, l’Agenzia delle entrate ricorre, con
due motivi, avverso la sentenza della CTR della Campania -Sezione staccata di Salerno indicata in epigrafe, che ha confermato la decisione di prime cure di accoglimento del ricorso di parte contribuente.
Resiste la società con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2 co. n. 4 c.p.c. e dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/92».
Con il secondo motivo lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della legge n. 724/94 come modificato da ultimo dall’art. 35 comma 15 del dl 223/06 conv nella legge 248/06 e dall’art. 1 comma 109 della legge 296/06 (finanziaria 2007) recante la disciplina del regime delle società non operative (cd. società di comodo)».
Il primo motivo di ricorso, nella sua icastica semplicità, in quanto diretto a censurare la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, si sottrae alle molteplici e affastellate censure di inammissibilità sollevate dalla controricorrente (per difetto di autosufficienza, per difetto di specificità, per violazione dell’art. 360 -bis c.p.c., per deduzione di questioni meritali).
Il motivo è, inoltre fondato, con conseguente assorbimento del secondo strumento di impugnazione.
4.1. Va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art.36, comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre
concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ” (Cass. cit.; v. anche
Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; Cass. 22949 del 2018; n. 19215 del 15 giugno 2022). Come precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018; n. 26766 del 2020).
4.2. Peraltro, in tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61 nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 15884 del 2017).
4.3. Infine, e con specifico riguardo al caso in esame, deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (Cass. n. 22022 del 2017; Cass. n. 28113 del 2013).
La sentenza impugnata è con tutta evidenza affetta dalle patologie ora segnalate.
5.1. In particolare, la CTR, senza confrontarsi in alcun modo con le argomentazioni dell’Amministrazione appellante riportate, in ossequio al canone dell’autosufficienza, nel ricorso (v. pp. 10 ss.) si è limitata alle seguenti tautologiche affermazioni, che esauriscono l’intero contenuto motivazionale della pronuncia: «Ritiene questa Commissione non meritevole di accoglimento l’appello dell’ufficio. In realtà l’ufficio riesce a provare la legittimità dei poteri di firma, che costituiva uno dei motivi dell’accoglimento di 1°. Invece rimangono in piedi le argomentazioni della società in ordine alla esistenza delle situazioni oggettive che hanno impedito il raggiungimento della soglia della non operatività. Situazioni oggettive e straordinarie ben dimostrate dalla società che hanno giustificato il mancato raggiungimento dei parametri previsti dall’art. 30 della legge 724/94».
Assorbito il secondo motivo, il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania -Sezione Staccata di Salerno affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania -Sezione Staccata di Salerno affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17/12/2024.