Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13203 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3487/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Abruzzo n. 430/03/2020, depositata il 30 settembre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’Agenzia delle entrate – Direzione regionale dell’Abruzzo, Ufficio controlli, notificava in data 27 marzo 2017 alla RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) l’avviso di accertamento n. TAA30100002/2017 con cui recuperava maggiori imposte a fini IRES, IVA e IRAP per l’anno 2014. In particolare , l’Ufficio accertava che la società, operante nel settore della distribuzione al dettaglio di calzature, abbigliamento e accessori, aveva dedotto dal reddito di impresa componenti negativi privi dei necessari requisiti di certezza e inerenza di cui a ll’art. 109 TUIR. I verbalizzanti, in carenza di documentazione idonea a dimostrarne le spese, ritenevano non effettivi i costi imputati alla società, relativi a talune prestazioni di servizi, quali consulenze commerciali e prestazioni di assistenza. Rilev avano inoltre l’indeducibilità dei costi relativi alle royalties , corrisposte alla società RAGIONE_SOCIALE a titolo di compenso per l’utilizzazione del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in quanto il contratto di licenza esclusiva risultava scaduto alla data del 23 novembre 2013.
La società impugnava l’avviso di accertamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di L’Aquila che, con sentenza n. 404/2018 depositata in data 9 agosto 2018, accoglieva il ricorso.
-Avverso tale pronuncia la Direzione regionale dell’ Abruzzo proponeva atto di appello.
La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 430/03/20, depositata il 30 settembre 2020, accoglieva l’appello dell’Ufficio e , conseguentemente, riformava la sentenza di primo grado.
-La contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
La Procura generale ha depositato una requisitoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Per priorità logica vanno trattati il secondo ed il quarto motivo, che, se fondati, assorbirebbero gli altri. Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 132, comma 2, n. 4 e art. 118 c.p.c., nonché art. 111, comma 6, Cost., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per non aver la Commissione tributaria regionale dato conto delle ragioni a sostegno della decisione ed essersi limitata ad affermare che ‘nella fattispecie, la società, contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici, non ha assolto a tale onere probatorio. La società non ha infatti fornito la prova che, per il periodo successivo alla scadenza del contratto ovvero dopo il 24 novembre 2013, le parti abbiano inteso prorogarlo per l’uso del marchio RAGIONE_SOCIALE .
Con il sesto motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 132, comma 2, n. 4 e 118 c.p.c. , nonché 111, comma 6, della Costituzione, in relazione all’art. 30, comma 1, n. 4 c.p.c., per aver reso la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia affetta da vizio radicale di motivazione, laddove si è limitata a confermare l’indetraibilità dell’I VA senza esplicitare le ragioni poste a fondamento di tale affermazione.
1.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della
motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. III, 15 febbraio 2024, n. 4166; Cass., Sez. III, 3 marzo 2022, n. 7090).
La motivazione per relationem della sentenza, ai sensi dell’art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c., può fondarsi anche su precedenti di merito, e non solo di legittimità, allo scopo di massimizzare, in una prospettiva di riduzione dei tempi di definizione delle controversie, l’utilizzazione di riflessioni e di schemi decisionali già compiuti per casi identici o caratterizzati dalla decisione di identiche questioni (Cass., Sez. V, 31 gennaio 2019, n. 2861), ma deve consentire di comprendere l’iter logico della decisione.
Nel caso di specie, con motivazione del tutto apparente, richiamando due precedenti di questa S.C. sull’onere della prova riguardo al l’ inerenza dei costi (Cass. n. 22790 del 2009 e Cass. 23626 del 2011), la Commissione tributaria regionale ha riformato la pronuncia di prime cure affermando che la contribuente non avesse fornito la prova della proroga dell’uso del marchio per il periodo successivo alla scadenza, ovvero dopo il 24 novembre 2013. Al di là di tale generica affermazione, priva di un’effettiva motivazione, la Commissione tributaria regionale ha escluso la rilevanza probatoria di una fattura (n. 64 del 10 maggio 2013) che invero non corrisponde a quella oggetto del contenzioso che, al contrario, è relativa proprio al periodo successivo alla scadenza del
contratto (n. 61 del 12 giugno 2014 per royalties riguardanti l’utilizzo del marchio di impresa nell’anno 2014), costituendo un elemento di prova che va in senso contrario alla decisione assunta.
Nulla viene detto in motivazione sugli elementi che erano stati posti dalla pronuncia della Commissione tributaria provinciale a fondamento della decisione di accoglimento del ricorso, riguardo alla prosecuzione del contratto per fatti concludenti – non richiedendosi nella fattispecie alcuna forma solenne – anche dopo il termine di conclusione della durata negoziale, all’emissione della fattura per l’utilizzo del marchio di impresa nell’anno 2014 e al pagamento del relativo importo tramite bonifico bancario nel luglio del 2014. La motivazione in diritto riproduce in realtà, con le modalità del copiaincolla, la precedente pronuncia n. 428/2020 dallo stesso collegio, depositata nella medesima data del 30 settembre 2020, senza alcun adattamento al caso concreto.
2. -L’accoglimento del secondo e del sesto motivo determina l’assorbimento dei restanti (con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 109 , comma 5, TUIR in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sulla verifica dell’inerenza dei costi dedotti; con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 , comma 1, TUIR, art. 1321 e 1350 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto privo di efficacia il contratto di licenza stipulato tra la contribuente e la società RAGIONE_SOCIALE con il quarto motivo si contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 109, comma 1, TUIR, 1350 e 1321 c.c. , in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale subordinato la deducibilità delle royalties alla sussistenza di un
contratto e addossato in capo alla società contribuente un onere più gravoso rispetto a quello su di esso incombente; con il quinto motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n.4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia in violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato; con il settimo motivo di ricorso si adombra la violazione degli artt. 19 e 21, 54 d.P.R. n. 633/ 1972, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto la non deducibilità di taluni costi ai fini delle imposte dirette, per difetto di inerenza, determinando così in via automatica e senza altre considerazioni la non detraibilità dell’IVA ).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione ai motivi accolti e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado territorialmente competente anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il sesto motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 marzo 2025.