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Motivazione apparente: sentenza tributaria annullata

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per vizio di motivazione apparente. I giudici d’appello avevano accolto il ricorso di due società contro un avviso di accertamento per costi indeducibili, ma lo avevano fatto richiamando acriticamente una precedente decisione relativa ad altre annualità, senza esporre un’autonoma argomentazione. La Suprema Corte ha ravvisato anche un vizio di ultrapetizione, poiché la sentenza d’appello aveva deciso su motivi di ricorso presentati per la prima volta in quella sede. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: la Cassazione annulla la sentenza

Una sentenza deve sempre spiegare in modo chiaro e comprensibile le ragioni della sua decisione. Quando questo non accade, ci troviamo di fronte a una motivazione apparente, un vizio grave che può portare all’annullamento della pronuncia. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con la sentenza n. 12 del 2 gennaio 2025, cassando una decisione della Commissione Tributaria Regionale che aveva accolto l’appello di due società contro l’Agenzia delle Entrate.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società consolidata e della sua consolidante. L’Amministrazione finanziaria contestava l’indeducibilità di costi derivanti da consulenze ricevute da un soggetto residente in un Paese a fiscalità privilegiata (Dubai) e di altri costi non documentati, relativi all’anno d’imposta 2008.

Le società impugnavano gli atti impositivi, ma la Commissione Tributaria Provinciale respingeva i loro ricorsi. In appello, la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava completamente la decisione di primo grado, accogliendo le ragioni delle contribuenti. Tuttavia, la CTR motivava la sua scelta basandosi su sentenze emesse per le stesse parti ma relative ad altre annualità (2009 e 2010), e facendo un generico riferimento a una ‘ampia documentazione depositata’ senza specificare quali documenti fossero rilevanti e perché.

L’Analisi della Corte di Cassazione e la Motivazione Apparente

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la motivazione apparente della sentenza d’appello. La Suprema Corte ha accolto questa censura, ritenendola fondata.

Secondo gli Ermellini, una motivazione si definisce ‘apparente’ quando, pur essendo materialmente presente nel testo della sentenza, non permette di comprendere l’iter logico-giuridico che ha condotto il giudice a decidere in un certo modo. Questo accade quando le argomentazioni sono ‘obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito’, lasciando all’interprete il compito di ‘integrarla con le più varie, ipotetiche congetture’.

Nel caso specifico, la CTR si era limitata a un richiamo per relationem a sentenze di primo grado relative a periodi d’imposta diversi, senza un ‘autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione’ e senza esplicitare le ragioni della sua adesione a quelle pronunce. Questo comportamento equivale a un’omissione della motivazione, rendendo la sentenza nulla.

Il Vizio di Ultrapetizione

Oltre al vizio di motivazione, la Cassazione ha accolto anche un secondo motivo di ricorso dell’Agenzia: quello relativo all’ultrapetizione. I giudici di legittimità hanno rilevato che le società contribuenti avevano sollevato per la prima volta in appello una contestazione specifica relativa all’indeducibilità di costi per consulenza legale.

La CTR, invece di dichiarare inammissibile questa nuova doglianza, l’ha esaminata e, accogliendo l’appello, ha annullato integralmente gli atti impositivi. In questo modo, il giudice d’appello è andato oltre le domande originariamente proposte, violando il principio processuale che vieta di introdurre nuove questioni in appello (nova in appello).

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che il vizio di motivazione apparente rappresenta una violazione di legge costituzionalmente rilevante. La motivazione non è solo un requisito formale, ma la garanzia che la decisione giudiziaria sia il risultato di un ragionamento logico e verificabile, non di un atto arbitrario. Richiamare acriticamente altre sentenze, specie se relative a casi diversi, senza spiegare perché i loro principi siano applicabili al caso di specie, svuota di contenuto l’obbligo di motivare. Analogamente, il rispetto dei limiti della controversia, come definiti dalle domande delle parti nel primo grado di giudizio, è un cardine del giusto processo. Decidere su questioni nuove, sollevate solo in appello, lede il diritto di difesa della controparte e altera la struttura del processo.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Molise, in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso, fornendo una motivazione congrua ed effettiva e rispettando i limiti del dibattito processuale. La decisione ribadisce due principi fondamentali: ogni sentenza deve essere sorretta da un percorso argomentativo chiaro e autonomo, e il giudizio d’appello non può diventare la sede per introdurre contestazioni non sollevate tempestivamente in primo grado.

Quando la motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Secondo la Corte, la motivazione è apparente quando, pur esistendo graficamente, non rende percepibile il fondamento della decisione perché reca argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice, come il mero rinvio acritico ad altre sentenze senza un esame critico autonomo.

È possibile sollevare nuove contestazioni per la prima volta nel giudizio di appello?
No. La sentenza ha confermato che le doglianze non specificamente impugnate in primo grado non possono essere introdotte per la prima volta in appello. Se il giudice d’appello le esamina e decide su di esse, incorre nel vizio di ultrapetizione, che rende la sentenza nulla.

Quali sono le conseguenze di una sentenza con motivazione apparente?
Una sentenza con motivazione apparente è nulla per violazione di norme processuali. La Corte di Cassazione, se rileva tale vizio, cassa la sentenza e rinvia il caso a un altro giudice dello stesso grado per un nuovo esame che dovrà essere supportato da una motivazione completa ed effettiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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