Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16282 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16282 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 11762 -20 19 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , C.F. CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce
Oggetto:
Tributi
al ricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL), ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 37/02/2019 della Commissione tributaria regionale della BASILICATA, depositata in data 06/02/2019; udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 16/05/2024 dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo
RAGIONE_SOCIALE dott. l’accoglimento del ricorso .
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sulla scorta di un processo verbale di constatazione della G.d.F., da cui emergeva che la RAGIONE_SOCIALE aveva contabilizzato e dedotto dal reddito d’impresa relativo all’anno d’imposta 2013, costi per canoni di leasing finanziario relativi all’acquisto di macchine per movimento terra risultati già ceduti a terzi in annualità precedenti e, quindi, non più nella disponibilità della società contribuente nell’anno oggetto di accertamento, le notificava un avviso di accertamento per il rec upero ai fini IVA, IRES ed IRAP di detti costi. L’impugnazione proposta dalla società contribuente veniva accolta dalla CTP di Potenza che, rigettate le questioni preliminari di rito sollevate dalla società, riteneva deducibili nell’anno d’imposta 2013 i canoni di leasing in quanto i beni erano stati ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE solo nel 2014 e non invece in annualità antecedenti al 2013, risultando provata dalla società contribuente l’effettiva strumentalità dei beni e quindi l’inerenza dei canoni d edotti.
L’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE veniva rigettato dalla CTR della Basilicata che nella sentenza in epigrafe indicata,
dopo aver premesso che « il contratto di leasing può formare oggetto di cessione prima di giungere a scadenza » e che « con riferimento agli effetti fiscali dell’operazione in capo all’acquirente, il TUIR non detta una disciplina specifica », rinvenibile, invece, nella Risoluzione n. legge n. 212/E dell’8 agosto 2007 dell’RAGIONE_SOCIALE, che specificava le modalità di deduzione del corrispettivo del trasferimento del contratto di leasing, affermava che, poiché « Il contratto di leasing, dunque, realizza un effetto sostanzialmente equivalente all’acquisto del bene, nel caso che ci occupa, essendo stato dimostrato il passaggio del bene e il pagamento del corrispettivo i costi affrontati in conseguenza dell’acquisto del bene e prima della sua cessione sia in relazione al corrispettivo che ai canoni di leasing saranno detraibili ». Precisava che « Nel caso di specie si trattava di macchinari movimento terra strumentali all’attività svolta dalla contribuente ed i canoni medesimi erano relativi ad annualità precedenti alla cessione, pur consentita del bene ».
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l’intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per difetto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in violazione degli artt. 111 Cost., 1, 2 e 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132 e 274 cod. proc. civ. e 118 disp att. cod. proc. civ.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ovvero degli elementi circostanziali riportati nel PVC della G.d.F. del 31/03/2016, depositato con le controdeduzioni di primo grado, in
cui si dava atto che dalla documentazione esibita dalla società contribuente emergeva che i beni oggetto di leasing non erano nella disponibilità della stessa per essere stati ceduti in date sempre antecedenti all’anno d’imposta 2013, nonostante la contrib uente avesse continuato a portare in detrazione i canoni di leasing sostenendo che le cessioni erano avvenute nel 2014.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 17, 19, comma 1, e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 e 2697 cod. civ. in tema di onere probatorio nell’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di operazioni oggettivamente inesistenti.
Con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 109 , comma 5, del TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986) sostenendo che la società contribuente, cui incombeva il relativo onere probatorio, non aveva fornito alcuna prova dell’inerenza dei costi (canoni di leasing) portati in deduzione, nella specie vieppiù necessaria atteso che i canoni erano stati recuperati a tassazione in quanto relativi a macchinari già ceduti e, quindi, non più nella disponibilità della società contribuente.
Il primo motivo è fondato e va accolto.
Per costante orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), ossia dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’ iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et
probata . La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e presentano “una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. Sez. U, n. 8053 del 7/4/2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione non consente di “comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato”, non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi ” (Cass. Sez. U., n. 22232 del 3/11/2016). Come questa Corte ha più volte affermato, la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 2016, cit.; Cass. sez. 6- 5, ord. n. 14927 del 15/6/2017 conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019; Cass. n. 29124/2021). Invero, si è in presenza di una tipica fattispecie di “motivazione apparente”, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere
la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021).
6. In tale grave forma di vizio incorre la sentenza impugnata che non può ritenersi sufficiente sul piano della logica giuridica, non contenendo un’adeguata esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni che hanno indotto i giudici di appello a ritenere corretta la statuizione di primo grado ed infondate le censure ad essa mosse dall’Ufficio appellante, mancando peraltro ogni riferimento alle complessive argomentazioni svolte dall’appellante nel proprio atto difensivo e al corredo probatorio sottoposto al suo esame, nel caso di specie emergente dal processo verbale di constatazione redatto dalla G.d.F.
7. Invero, i giudici di appello, dopo aver fatto una premessa in diritto, di carattere generalissimo, sulla cessione del contratto di leasing e sui conseguenti effetti fiscali in capo all’acquirente, dichiarando di condividere le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, ha affermato che « Il contratto di leasing, dunque, realizza un effetto sostanzialmente equivalente all’acquisto del bene, nel caso che ci occupa, essendo stato dimostrato il passaggio del bene e il pagamento del corrispettivo i costi affrontati in conseguenza del l’acquisto del bene e prima della sua cessione sia in relazione al corrispettivo che ai canoni di leasing saranno detraibili » e che « Nel caso di specie si trattava di macchinari movimento terra strumentali all’attività svolta dalla contribuente ed i canoni medesimi erano relativi ad annualità precedenti alla cessione, pur consentita del bene », ma senza in alcun modo spiegare da quali elementi probatori ha tratto il convincimento che i canoni di leasing portati in deduzione dalla società contribuente fossero relativi ad annualità precedenti
alla cessione, che era la questione su cui si appuntava il contrasto tra le parti.
All’accoglimento del motivo in esame consegue l’assorbimento d i tutti gli altri, nonché la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice d’appello territorialmente competente che provvederà a riesaminare la vicenda processuale rendendo adeguata motivazione nonché a regolamentare le spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Basilicata, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 16 maggio 2024