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Motivazione apparente: sentenza tributaria annullata

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Commissione Tributaria Regionale per motivazione apparente. L’organo di appello aveva respinto il gravame di un contribuente contro un accertamento fiscale usando una frase generica, senza analizzare le specifiche censure mosse alla decisione di primo grado. La Suprema Corte ha stabilito che una simile motivazione, pur esistendo graficamente, non permette di comprendere l’iter logico del giudice, configurando un vizio che porta alla nullità della sentenza con rinvio per un nuovo esame.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: perché la Cassazione annulla la sentenza tributaria

Una sentenza deve sempre spiegare in modo chiaro e comprensibile le ragioni della sua decisione. Quando questo non accade, si può incorrere nel vizio di motivazione apparente, una patologia giuridica che porta alla nullità della pronuncia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un esempio lampante di questo principio, annullando una sentenza d’appello in materia fiscale proprio per questo motivo. Vediamo insieme cosa è successo e quali principi sono stati affermati.

I Fatti del Caso

Un imprenditore individuale, titolare di un’attività di commercio di carni, riceveva un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’Ufficio contestava un reddito superiore a quello dichiarato, basandosi sulla rideterminazione dei ricavi attraverso l’applicazione di una percentuale di ricarico presunta (149,20%) e disconoscendo le rimanenze finali.

Il contribuente impugnava l’atto, lamentando l’illegittimità della pretesa e la carenza di motivazione riguardo alla percentuale di ricarico applicata. La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva parzialmente il ricorso, riducendo la percentuale di ricarico al 135%.

Non soddisfatti, sia il contribuente sia l’Agenzia delle Entrate proponevano appello. Il contribuente insisteva sulla nullità della sentenza di primo grado per carenza di motivazione; l’Agenzia, con appello incidentale, chiedeva il ripristino della percentuale di ricarico originaria. La Commissione Tributaria Regionale (CTR) rigettava entrambi gli appelli, confermando la decisione di primo grado.

La Decisione della Corte e la Motivazione Apparente

Il contribuente ricorreva quindi in Cassazione, denunciando, tra le altre cose, la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione. In particolare, sosteneva che la CTR avesse liquidato la sua doglianza sulla carenza di motivazione della sentenza di primo grado con una formula generica e di stile.

La Corte di Cassazione ha accolto questo motivo. I giudici di legittimità hanno osservato che la CTR aveva respinto la censura del contribuente affermando che la sentenza di primo grado si appalesava «ampiamente articolata e ben specificata». Secondo la Cassazione, questa affermazione costituisce una mera ‘clausola di stile’. Si tratta di una frase che, per la sua estrema genericità, non spiega le ragioni per cui la motivazione della CTP fosse ritenuta adeguata, né consente di comprendere l’iter logico seguito dai giudici d’appello. Di fatto, non rispondeva alla critica mossa dal contribuente. Questo vizio integra la cosiddetta motivazione apparente, che rende la sentenza nulla.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza. La motivazione di una sentenza è ‘apparente’ quando, pur essendo graficamente presente nel documento, non rende percepibile il fondamento della decisione. Ciò accade quando le argomentazioni sono obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice, lasciando all’interprete il compito di immaginarlo tramite congetture.

Nel caso di specie, la CTR non ha esaminato nel merito la critica del contribuente sulla motivazione della CTP relativa alla determinazione della percentuale di ricarico. Si è limitata a un’affermazione generica che non permette di verificare le ragioni che l’hanno indotta a confermare la sentenza di primo grado. Una motivazione, per essere valida, deve consistere in un’argomentazione che giustifichi il ‘decisum’, cioè la decisione finale. Quando alla premessa (l’oggetto del decidere) segue solo l’enunciazione della decisione senza un’argomentazione specifica, la motivazione manca del tutto, anche se formalmente esiste una sezione dedicata.

Le Conclusioni

In conclusione, l’accoglimento del primo motivo di ricorso ha portato alla cassazione della sentenza impugnata. La Corte ha ritenuto assorbito il secondo motivo e ha rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione. Quest’ultima dovrà procedere a un nuovo esame della controversia, tenendo conto delle censure del contribuente e, soprattutto, fornendo una motivazione effettiva, non apparente, che dia conto del percorso logico-giuridico seguito per arrivare alla decisione. Questa pronuncia sottolinea l’importanza fondamentale del dovere di motivazione per i giudici, a garanzia del diritto di difesa e della trasparenza delle decisioni giudiziarie.

Quando la motivazione di una sentenza è considerata ‘apparente’?
Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione è apparente quando, pur essendo presente nel testo, non rende comprensibile il fondamento della decisione perché contiene argomentazioni così generiche, contraddittorie o illogiche da non spiegare il ragionamento seguito dal giudice.

Cosa succede se una sentenza ha una motivazione apparente?
Una sentenza con motivazione apparente è nulla. Ciò costituisce un vizio processuale che, se denunciato in Cassazione, porta all’annullamento della sentenza con rinvio a un altro giudice per un nuovo esame della causa.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la sentenza perché la Commissione Tributaria Regionale aveva respinto la critica del contribuente sulla carenza di motivazione della decisione di primo grado utilizzando una ‘clausola di stile’ («ampiamente articolata e ben specificata»), senza analizzare nel merito la censura. Questa affermazione generica non ha permesso di comprendere l’iter logico seguito dai giudici d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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