Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19944 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 19944 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12303/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso il cui Ufficio è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE
IRPEF RISCOSSIONE
-intimato –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Puglia n. 3586/2022, depositata il 23 dicembre 2022; udita la relazione svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella pubblica udienza del 5 giugno 2025;
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bari la cartella di pagamento n. 1420170011144118, concernente due iscrizioni a ruolo relative al l’anno 2013, conseguenti alla liquidazione di due distinte dichiarazioni fiscali che l’Ufficio di Gioia del Colle aveva sottoposto a controllo ai sensi dell’art . 36bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con irrogazione di sanzioni.
La società aveva manifestato l’intenzione di sanare l’originario debito tributario mediante il versamento rateale delle imposte liquidate e della sanzione dovuta, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 3 -bis del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462; tuttavia, dopo il pagamento tardivo della prima rata, essa aveva omesso di versare le restanti; di qui la decadenza dal beneficio della rateazione e l’emissione della cartella per l’intero importo.
La C.T.P. adìta accolse parzialmente il ricorso, ritenendo che il ritardo nel versamento della prima rata non fosse imputabile alla contribuente e, perciò, disconoscendo il credito tributario per la parte relativa alle sanzioni.
Il successivo appello erariale venne respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali rilevarono che non fosse « affatto operata nella sentenza impugnata la violazione e falsa
applicazione dell’art. 3 -bis del d. lgs. 462/1997, dell’art. 10 della l. 212/2000 e dell’onere della prova posto a carico della contribuente » .
La sentenza d’appello è stata impugnata dall’Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Essendo medio tempore intervenuto il fallimento della società contribuente, il ricorso è stato tempestivamente notificato alla curatela, che non ha svolto difese in questa sede.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denunzia la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente.
Secondo l’Amministrazione , il vizio invalidante concernerebbe la riduzione del l’importo della cartella in misura corrispondente alle sanzioni; sul punto, infatti, i giudici regionali si sarebbero limitati a richiamare la decisione di primo grado, senza sottoporla a vaglio critico, e ciò quantunque ne fosse stato sollecitato un riesame in fatto, soprattutto con riguardo ai profili di colpevolezza della contribuente per il ritardo del pagamento, non adeguatamente dimostrati.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 -bis del d.lgs. n. 462/1997, dell’art. 10 della l. 27 luglio 2000, n. 212, e dell’art. 2697 c od. civ.
La sentenza d’appello è sottoposta a critica nella parte in cui ha ritenuto l’ incolpevolezza della contribuente nel tardivo pagamento della prima rata del piano di rateizzazione.
La Corte regionale, in particolare, avrebbe errato nell’inquadramento normativo della vicenda, ritenendo che il difetto di colpa nel ritardo integrasse un’ipotesi di «lieve inadempimento», rilevante ai sensi de ll’art. 15, comma 4, lett. a ),
del d.lgs. n. 159/2015; tale ultima disposizione, certamente più favorevole al contribuente, si applica infatti soltanto a partire dalle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014, e quindi a un segmento temporale successivo a quello di interesse.
Il terzo motivo denunzia nullità della sentenza per omessa pronunzia.
Secondo l’Agenzia delle entrate, i giudici regionali avrebbero trascurato di provvedere sul suo motivo di appello volto «a sostenere che la società era decaduta dal beneficio del pagamento delle sanzioni in misura ridotta anche per essersi sottratta al pagamento delle rate (trimestrali) successive alla prima».
I motivi, meritevoli di esame congiunto per la loro connessione, sono fondati.
4.1. Conviene premettere che, per consolidato orientamento di questa Corte, inaugurato con la sentenza n. 8053 del 2014, l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purch é il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale.
4.2. In tali casi, la sentenza è nulla in quanto la motivazione, pur graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento
della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. sez. U, n. 22232/2016).
Ove, in particolare, sia motivata per relationem , la sentenza è affetta da nullità per motivazione apparente quando opera un mero richiamo ad altri atti (quali, in primis , la decisione di primo grado); occorre infatti, in tali casi, che essa sia ‘ autosufficiente ‘ , riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico -giuridica (così, fra le altre, Cass. n. 5209/2018; nello stesso senso, successivamente, Cass. n. 9830/2024).
4.3. Di tali principii non ha fatto buon governo la sentenza impugnata.
Invero, dalla lettura degli atti del giudizio, consentita dalla deduzione di un error in procedendo , si evince che fin dal primo grado -ed a fronte dell’argomento della contribuente secondo cui nel caso di specie doveva ritenersi sussistente un’ipotesi di «ritardo lieve» ex art. 15, comma 4, lett. a ), del d.lgs. n. 159/2015, oltreché un suo difetto di colpa -l’Agenzia delle entrate dedusse l’inapplicabilità ratione temporis di tale disposizione, sostenendo in fatto che, comunque, gli assunti della società non erano stati provati.
Tali rilievi sono poi stati reiterati in forma di motivi d’appello avverso la sentenza di primo grado.
4.4. La Corte di giustizia, nel ritenere infondati tali motivi, si è limitata ad affermare « che non è stata affatto operata nella
sentenza impugnata la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 -bis del d. lgs. 462/1997, dell’art. 10 della l. 212/200 0 e dell’onere della prova posto a carico della contribuente ».
Una tale argomentazione non consente, anzitutto, di chiarire quali siano state le circostanze che hanno determinato il convincimento dei giudici d’appello , poiché non ne palesa in alcun modo il percorso logico; in ogni caso, la stessa si connota in termini di mera adesione alla decisione dei primi giudici, senza esprimere alcun vaglio critico su quest’ultima .
4.5. Inoltre, e con riferimento al secondo motivo di ricorso, la medesima argomentazione si traduce nel mero recepimento del rilievo, operato dai primi giudici, secondo il quale alla fattispecie sarebbe applicabile l’art. 15ter del d.P.R. n. 602/1973, introdotto dall’art. 3 del d.lgs. n. 159/2015.
Tale disposizione, rubricata ‘Inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle entrate’ , ha introdotto, per i fini che qui occupano, la fattispecie del «lieve inadempimento», applicabile ai pagamenti delle somme dovute in caso di rateazione, in termini che ampliano l’area di ‘non decadenza’ del contribuente ammesso a questa forma di estinzione del debito tributario.
La stessa disposizione, tuttavia, per quanto espressamente previsto da ll’art. 15, comma 4, lett . a ), del d.lgs. citato, si applica a decorrere dalle dichiarazioni relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014; e su detto aspetto, che rivestiva fondamentale rilievo ed era stato oggetto di specifico motivo di gravame, la sentenza impugnata non rende percepibile il proprio fondamento.
Infine, e con riferimento alla terza censura, la stessa argomentazione trascura di confrontarsi con il motivo di appello
con il quale l’Ufficio aveva posto in evidenza la rilevanza dei successivi inadempimenti della contribuente.
5. Il ricorso va dunque accolto.
La sentenza impugnata è cassata con rinvio al giudice a quo affinché, in diversa composizione, provveda al riesame della vicenda in conformità alle superiori indicazioni, liquidando anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di