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Motivazione apparente: sentenza nulla se non autonoma

La Cassazione annulla una sentenza tributaria per motivazione apparente. I giudici di secondo grado avevano annullato avvisi di accertamento basandosi su un’assoluzione penale, senza però fornire un’autonoma valutazione dei fatti e delle prove. La Corte ha stabilito che tale richiamo generico rende la decisione nulla, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Sentenza tributaria nulla per motivazione apparente se copia l’assoluzione penale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27437 del 23 ottobre 2024, ha riaffermato un principio fondamentale del processo tributario: la nullità della sentenza d’appello per motivazione apparente qualora il giudice si limiti a richiamare una precedente assoluzione in sede penale senza svolgere un’autonoma e critica valutazione dei fatti e delle prove. Questa pronuncia offre spunti cruciali sul rapporto tra giudizio penale e tributario e sui doveri del giudice dell’impugnazione.

I fatti del caso

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di una distilleria e dei suoi soci. L’Agenzia delle Entrate, sulla base di elementi come un quaderno di annotazioni non ufficiali, irregolarità contabili e indagini bancarie, aveva accertato una produzione di alcolici superiore a quella dichiarata, con conseguente recupero a tassazione di maggiori ricavi ai fini IRES, IRAP e IVA per la società, e IRPEF per i soci.

I contribuenti impugnavano gli avvisi di accertamento. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale annullavano le pretese del Fisco, basando la loro decisione principalmente sull’intervenuta assoluzione dell’amministratore della società nel parallelo procedimento penale avviato per gli stessi fatti. L’Agenzia delle Entrate ricorreva quindi in Cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la nullità della sentenza di secondo grado per vizio di motivazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate nei confronti dei soci, dichiarando invece estinto il giudizio verso la società per intervenuta definizione agevolata. Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso, con cui l’Amministrazione finanziaria denunciava la nullità della sentenza per violazione di legge, riconducibile a una motivazione apparente.

I giudici di legittimità hanno osservato come la Commissione Tributaria Regionale si fosse limitata a un generico riferimento alla sentenza di primo grado e, soprattutto, alla pronuncia assolutoria della Corte d’Appello penale, definendola “ineccepibile” e “condivisibile”. Tale approccio, secondo la Cassazione, non costituisce una motivazione valida.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che una motivazione è solo “apparente” quando, pur essendo graficamente esistente, non permette di comprendere l’iter logico-giuridico che ha portato alla decisione. Nel caso di specie, il giudice d’appello non ha adempiuto al proprio dovere di esaminare criticamente le censure mosse dall’appellante (l’Agenzia delle Entrate), né ha spiegato perché l’assoluzione penale fosse determinante per escludere la fondatezza degli accertamenti tributari.

Il processo tributario e quello penale, ricorda la Corte, seguono regole probatorie e principi differenti. L’assoluzione in sede penale, specialmente se non basata sull’insussistenza del fatto, non implica automaticamente l’illegittimità della pretesa fiscale. Il giudice tributario deve condurre una propria, autonoma valutazione del materiale probatorio, che può includere presunzioni e indizi non sufficienti per una condanna penale ma validi ai fini fiscali.

Limitarsi a richiamare un’altra sentenza per relationem, senza un’analisi critica e senza confrontarsi con i motivi specifici dell’appello, svuota di contenuto l’obbligo di motivazione e impedisce di individuare il thema decidendum (l’oggetto della decisione) e le ragioni che la sorreggono. Di conseguenza, la sentenza è stata cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che dovrà riesaminare il merito della controversia fornendo una motivazione completa ed effettiva.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale e sottolinea il rigore con cui la Corte di Cassazione valuta il rispetto dell’obbligo di motivazione. Per i giudici di merito, non è sufficiente aderire acriticamente a una decisione resa in un’altra giurisdizione; è necessario esplicitare il proprio percorso argomentativo, analizzando le prove e rispondendo puntualmente alle contestazioni delle parti. Per i contribuenti e i professionisti, ciò significa che l’esito favorevole di un processo penale non garantisce la vittoria in sede tributaria, dove le prove e le presunzioni vengono valutate secondo criteri differenti e autonomi.

Un giudice tributario può basare la sua decisione unicamente su una sentenza di assoluzione penale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la sentenza è nulla per motivazione apparente se si limita a richiamare una sentenza penale senza articolarne un proprio autonomo ragionamento e senza confrontarsi con i motivi di appello specifici, data l’autonomia tra i due giudizi.

La definizione agevolata (condono) richiesta da una società di persone si estende automaticamente ai soci?
No. La sentenza chiarisce che gli effetti della definizione agevolata di cui si avvale la società non si estendono automaticamente ai soci. Il singolo socio che intenda beneficiare del condono fiscale è tenuto a presentare un’autonoma istanza.

Cosa si intende per “motivazione apparente” in una sentenza?
Si ha motivazione apparente quando la sentenza, pur contenendo un testo, presenta argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice, impedendo di comprendere il fondamento della decisione, come nel caso di un rinvio generico ad altri atti senza una valutazione critica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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