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Motivazione apparente: sentenza nulla se manca la ratio

Una socia di una s.r.l. a ristretta base ha impugnato un avviso di accertamento per maggiori redditi. La Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello dell’Ufficio con una motivazione apparente, limitandosi a rinviare a un’altra sua decisione. La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, affermando che un provvedimento è nullo se non esplicita l’iter logico-giuridico seguito, violando il requisito del “minimo costituzionale” della motivazione.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Motivazione Apparente: Quando una Sentenza è Nulla per Difetto di Ragionamento

Una decisione giudiziaria deve sempre essere chiara e comprensibile. Questo non è solo un principio di buona prassi, ma un obbligo di legge. L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di motivazione apparente, ribadendo con forza che una sentenza è nulla se non permette di capire il percorso logico seguito dal giudice. Analizziamo questa importante pronuncia per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Fiscale a Cascata

La vicenda ha origine da un avviso di accertamento notificato a una contribuente, socia al 40% di una società a responsabilità limitata a ristretta base societaria. L’Agenzia delle Entrate le contestava un maggior reddito non dichiarato, derivante da utili extra-contabili che si presumevano distribuiti dalla società. L’accertamento al socio era, quindi, una diretta conseguenza di quello emesso nei confronti della società per l’anno d’imposta 2007.

La contribuente ha impugnato l’atto, sostenendo che il suo maggior reddito non poteva essere determinato finché non fosse stato definito in via definitiva quello della società. La Commissione Tributaria Provinciale (CTP) le ha dato ragione, ma l’Ufficio finanziario ha presentato appello.

Il Percorso Giudiziario e la Decisione della CTR

La Commissione Tributaria Regionale (CTR), chiamata a decidere sull’appello dell’Agenzia, ha rigettato il gravame. Tuttavia, la sua motivazione è stata estremamente sintetica. Invece di analizzare nel dettaglio le censure mosse dall’Ufficio, i giudici si sono limitati a rinviare per relationem a un’altra loro sentenza, emessa in un giudizio separato riguardante la società. In quella sede, avevano confermato la decisione di primo grado, rigettando un appello parziale dell’Agenzia. La CTR ha quindi ritenuto di poter semplicemente “condividere” e “confermare” la decisione della CTP, senza aggiungere altro.

L’Intervento della Cassazione e la questione della motivazione apparente

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la violazione dell’articolo 132 del codice di procedura civile. Secondo l’Ufficio, la motivazione della CTR era solo apparente, poiché non esplicitava l’iter logico-giuridico seguito per arrivare alla decisione. In pratica, mancava una vera e propria argomentazione a sostegno del rigetto dell’appello.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il motivo di ricorso dell’Agenzia, dichiarando assorbito il secondo. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: la motivazione di una sentenza non può essere un guscio vuoto. Anche quando fa riferimento ad altri atti o sentenze (per relationem), deve comunque contenere una parte autonoma che illustri le ragioni specifiche della decisione nel caso concreto.

La Corte ha spiegato che una motivazione apparente si verifica quando il testo, pur esistente, contiene “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice”. Questo vizio, classificato come error in procedendo, rende la sentenza nulla. Nel caso specifico, la CTR si era limitata a un generico rinvio a un’altra sua decisione, senza nemmeno specificare il periodo d’imposta di riferimento e, soprattutto, senza illustrare le censure mosse dall’appellante (l’Agenzia) e le considerazioni che l’avevano indotta a disattenderle.

Questo modo di procedere impedisce di individuare il thema decidendum (l’oggetto del contendere) e la ratio decidendi (la ragione della decisione), non raggiungendo quella soglia del “minimo costituzionale” di motivazione richiesta dalla legge, come costantemente affermato dalla giurisprudenza, a partire dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n. 8053 del 2014.

Conclusioni: L’Obbligo di una Motivazione Comprensibile

L’ordinanza in commento è un monito importante per tutti i giudici. La funzione della motivazione è garantire la trasparenza e la controllabilità delle decisioni giudiziarie. Un rinvio generico a un’altra sentenza, senza un’analisi critica delle specifiche questioni sollevate nel giudizio, svuota di significato questo obbligo. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in diversa composizione, che dovrà riesaminare il caso, questa volta fornendo una motivazione completa ed effettiva.

Quando una motivazione di una sentenza è considerata “apparente”?
Si ha una motivazione apparente quando, pur essendo graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione e il ragionamento seguito dal giudice, recando argomentazioni inidonee a far conoscere l’iter logico seguito e lasciando all’interprete il compito di integrarla con congetture.

È valido per un giudice d’appello richiamare semplicemente un’altra sua sentenza per motivare la decisione?
No. Un giudice d’appello non può limitarsi a richiamare per relationem un’altra sentenza, anche se relativa alla stessa vicenda, senza illustrare le censure specifiche sollevate dall’appellante e le ragioni per cui vengono disattese. Tale omissione impedisce di individuare il thema decidendum e rende la motivazione solo apparente.

Qual è la conseguenza di una motivazione apparente?
La conseguenza è la nullità della sentenza per error in procedendo, ossia un errore nell’applicazione delle norme processuali. Il provvedimento viene quindi cassato e il giudizio deve essere celebrato nuovamente davanti a un altro giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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