Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25045 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25045 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22058/2022 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: )
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME con domicilio presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata ex art.366 c. 2 c.p.c., giusta nomina del GIP presso il Tribunale di Catanzaro del 9.12.2020 dep. 10.12.2020 nel proc. pen. 7355/2015 r.g. Gip (PEC:
)
Oggetto: motivazione apparente della sentenza
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 619/02/22 depositata in data 14/02/2022; Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 10/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società RAGIONE_SOCIALE impugnava il c.d. ‘avviso bonario’ ( rectius : preavviso di irregolarità) notificatole con riguardo alla dichiarazione mod. 770/2017 per il periodo d’imposta 2016 con il quale a seguito di controllo ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 erano richieste somme per ritenute operate e relative addizionali IRPEF in forza della ritenuta illegittima compensazione delle stesse con crediti incapienti;
-la CTP accoglieva il ricorso; appellava l’Ufficio;
-con la sentenza impugnata la CTR ha confermato la statuizione del giudice di primo grado;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a due motivi di ricorso;
-resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso illustrato da memoria;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del d. Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., stante la natura apparente e carente della motivazione oltre che in forza del travisamento dei fatti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c.;
-secondo l’Amministrazione ricorrente, diversamente da quanto affermato in sentenza l’Ufficio aveva chiaramente esposto i valori dei crediti riportati nelle varie dichiarazioni integrative
che si sono succedute nonché l’incapienza del credito rispetto a quanto utilizzato in compensazione per il pagamento dei tributi di cui si discute;
-inoltre, ancora secondo parte ricorrente, la sentenza di merito ha travisati i fatti, non potendosi verificare dalla motivazione se il collegio di merito abbia inteso il concetto di ‘incapienza’ del credito compensato e la tipologia di controllo operato dall’ufficio;
-il motivo è fondato;
-come infatti si evince dal contenuto dell’atto di appello trascritto nel ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate aveva fatto riferimento puntuale e specifico al credito iva di euro 296.865 esposto nella dichiarazione presentata in data 23 gennaio 2019 che ha rettificato l’importo esposto allo stesso titolo nella dichiarazione presentata una settimana prima indicato in quella sede in euro 516.314; ancora sempre nell’atto di appello l’Amministrazione aveva fatto presente che ‘in entrambe le dichiarazioni iva presentate per l’anno di imposta 2017 (nelle date 30 luglio 2018 e 24 giugno 2019) la contribuente espone al quadro VL rigo VL8 un credito risultante dall’anno d’imposta precedente (quindi 2016) di euro 575.755, di cui al successivo rigo VL9 riporta di aver già compensato con modello F24 euro 572.192’;
-è di completa evidenza quindi l’analiticità dell’azione di controllo operata, riprodotta nell’atto di appello, le dichiarazioni e gli importi presi in esame, le ragioni della pretesa derivanti dal disconoscimento della compensazione operata;
-tale analiticità precisa invero con adeguata chiarezza l’ammontare del credito disconosciuto dall’Amministrazione
Finanziaria oltre che manifestare le ragioni poste alla base di tale disconoscimento ed evidenzia altresì la completa apparenza della motivazione della sentenza di merito, la cui affermazione in ordine alla mancata precisazione di tale ammontare -smentita dal contenuto dell’atto di appello – è completamente apodittica, poiché di fronte a tali elementi dedotti dall’appellante omette completamente di illustrare le ragioni del proprio decisum che è andato in direzione del tutto contraria disattendendo l’impugnazione;
-del tutto incomprensibile poi risulta l’ulteriore affermazione del giudice di merito relativa al difetto di esaustività dell’avviso bonario, dal momento che non si comprende il significato della stessa, che può riferirsi ora a un vizio di motivazione dell’atto impugnato ora a un vizio di prova delle ragioni da esso sostenute;
-non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass., n. 23940 del 2018; Cass., sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali
(v. Cass., n. 7090 del 2022). Questa Corte ha, altresì, precisato che «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; conf. Cass., n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi in modo da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento;
-alla luce delle considerazioni sopra svolte, non è qui dato, effettivamente, comprendere in forza di quali ragioni il giudice di merito abbia esclusa la inidoneità del credito ad essere opposto in compensazione con i tributi oggetto del controllo, così ritenendo caducato il preavviso di regolarità oggetto del giudizio;
-pertanto, in accoglimento del primo motivo la sentenza è cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame del fatto;
-il secondo motivo, incentrato sulla violazione dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la sentenza di merito mancato di esaminare le deduzioni dell’Ufficio concernenti la corretta applicazione di tali
disposizioni, è conseguentemente assorbito poiché divenuto irrilevante ai fini del decidere;
p.q.m.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria in diversa composizione alla quale demanda di provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025.