Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26066 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26066 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17745/2018 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato;
-ricorrente-
contro
CONSORZIO SERVIZI RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
-intimato- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo n. 118 4/2017, depositata il 22/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate ricorre, con un unico motivo, avverso la sentenza della CTR dell’Abruzzo indicata in epigrafe che, rigettando l’appello erariale, ha confermato il giudizio di primo grado di accoglimento del ricorso della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento con cui si recuperavano costi non riconosciuti e detrazioni Iva indebite per l’anno di imposta 201 1, in conseguenza di operazioni oggettivamente inesistenti, intese a
celare, mediante interposizione fittizia, rapporti di lavoro subordinato concretamente posti in essere da una società terza.
Il Consorzio è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, la violazione degli artt. 111, comma 6 Cost., 132, comma 4, c.p.c. 118 disp. att. c.p.c. per avere reso la CTR una sentenza con motivazione apparente.
Il motivo è fondato.
2.1. Va precisato, in particolare, che costituisce ius receptum (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) il principio secondo cui il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo D. Lgs. n. 546 del 1992, art.36 , comma 2, n. 4 (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata ; invero, l’obbligo del giudice “di specificare le ragioni del suo convincimento”, quale “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte e precisamente alla sentenza delle Sezioni unite n. 1093 del 1947, in cui la Corte precisò che “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità” e che “le decisioni di carattere giurisdizionale senza motivazione alcuna sono da considerarsi come non esistenti”. Pertanto, la sanzione di nullità
colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata; Cass. 22949 del 2018; n. 19215 del 15 giugno 2022). Come precisato da questa Corte, “ricorre il vizio di omessa o apparentemotivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9105 del 07/04/2017; Cass. 25456 del 2018; n. 26766 del 2020).
2.2. Peraltro, in tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D. Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia
limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 15884 del 2017).
Deve, ancora, considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame,
Il giudice di appello non ha fatto buon governo dei principi richiamati.
3.1. In particolare, pur a fronte dei plurimi e argomentati motivi di appello formulati dall’Agenzia delle entrate riportati, in ossequio al principio di autosufficienza, nel corpo del ricorso -i giudici di appello, premessa una descrizione per paradigma della questione esaminata, si sono limitati essenzialmente a statuire che « a un esame non preconcetto della vicenda, emerge un sistema giuridico ed economico che non sembra evidenziare alcun aspetto né di illegittimità né di elusività, con la conseguenza di ritenere l’accertamento dell’Amministrazione finanziaria non fondato », affermazione apodittica e del tutto tronca da un punto di vista argomentativo.
Si rileva, infatti, come l’ iter logico seguito dai giudici regionali non sia pianamente intelligibile e lasci spazio a dubbi interpretativi o necessità di ricostruzione; la sentenza, in particolare, non indica gli specifici elementi di fatto ritenuti decisivi al fine di ritenere infondata la ripresa fiscale, arrestandosi ad affermazioni di stampo giuridico, in alcun modo agganciati al compendio istruttorio.
Il ricorso deve, conseguentemente, essere accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, oltre a provvedere a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Abruzzo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame e provveda sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 11/09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME