Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8317 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8317 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22887/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della SICILIA-SEZ.DIST. MESSINA n. 3253/2022 depositata il 13/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La ditta individuale COGNOME NOME era attinta da avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO -2014, relativamente ad ii.dd. ed ii.
Dal controllo cui era stata sottoposta era emerso che essa, a fronte di ricavi percepiti per euro 146.161,00, relativi ad aggi per la vendita di monopoli e tabacchi, aveva dichiarato solo euro 134.828,00, omettendo dunque la differenza, recuperata a tassazione.
Inoltre, verificati i ricavi derivanti dai settori commerciali, costituiti dai corrispettivi imponibili dichiarati ai fini dell’IVA, il costo del venduto, pari ad euro 31.671,00, era risultato superiore ai corrispettivi dichiarati, pari ad euro 19.828,00: sicché l’Ufficio determinava maggiori ricavi pari per euro 25.191,00, applicando al suddetto costo del venduto (euro 31.671,00) il ricarico del 42% come previsto dallo studio di settore applicabile (TM85U).
La CTP di Messina, adita impugnatoriamente dalla contribuente, con sentenza n. 321/08/18, accoglieva il ricorso, osservando che esso era fondato ‘per omessa instaurazione del preventivo contraddittorio, circostanza di fatto non negata dall’Ufficio. L’Ufficio, infatti, ha, nel caso di specie, effettuato l’accertamento mediante l’utilizzo degli studi di settore ‘.
Proponeva appello l’Ufficio, affermando la legittimità dell’accertamento ed in particolare sostenendo l’insussistenza dell’obbligo del contraddittorio preventivo.
La CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello, sulla base, essenzialmente, della seguente testuale motivazione:
La Commissione, nel merito, valutate le opposte argomentazioni delle parti del presente giudizio ed esaminata la documentazione prodotta, ritiene di dovere riformare -confermare la sentenza di primo grado che ha accolto -rigettato il ricorso della contribuente.
In particolare, la Commissione Provinciale ha ritenuto che:
-Il ricorso è fondato e merita accoglimento per omessa instaurazione del preventivo contraddittorio, circostanza di fatto non negata dall’Ufficio. L’Ufficio, infatti, ha, nel caso di specie, effettuato l’accertamento mediante l’utilizzo degli studi di settore.
-In tale ipotesi doveva pertanto essere integrato il contraddittorio nei confronti del contribuente, pena la nullità dell’accertamento stesso .
-Non avendo, invece, l’Agenzia osservato tale onere, l’atto va ritenuto illegittimo .
Invero, l’appello è infondato, in quanto il primo giudice ha, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, valutato compiutamente e correttamente la documentazione e le argomentazioni dedotte dal ricorrente a supporto dell’illegittimità della pretesa tributaria e le deduzioni contrarie dell’Ufficio.
Nel merito, la documentazione versata in atti dal contribuente risulta idonea ad inficiare la validità della pretesa tributaria, che è illegittima e infondata.
Infatti, la Commissione condivide l’iter logico e fa proprie le valutazioni fatte dal giudice di primo grado che ha ritenuto la illegittimità della pretesa tributaria.
Infatti, la Commissione Tributaria Provinciale ha correttamente ritenuto l’infondatezza degli argomenti dedotti dal resistente in primo grado, che sono stati riproposti con i motivi di appello senza indicare specifiche censure alla motivazione prima richiamata.
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi. La ditta contribuente resta intimata.
Considerato che:
Entrambi i motivi sono enunciati sotto un’unica rubrica come segue: ‘1. Nullità della sentenza per difetto di motivazione in violazione dell’art. 36 D.Lvo n. 546/92 art. 132, comma 2 c.p.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c. 2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600/73, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’.
1.1. In appresso, l’illustrazione dei motivi è parimenti unitaria.
1.2. In sintesi, secondo l’Agenzia ricorrente, ‘la Commissione Regionale ha fondato il ‘decisum’ richiamando integralmente il pronunciato di primo grado senza rivisitarlo criticamente col filtro dell’appello agenziale ‘. ‘In questo contesto di motivazione apparente, poiché acriticamente replicata, si inserisce il secondo motivo di ricorso per violazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600/73. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dai Giudici, l’Ufficio non ha emesso l’avviso di accertamento applicando ad esso gli ‘studi di settore’, ma ha agito sulla base di una segnalazione della Guardia di Finanza . L’Ufficio, dopo aver accertato i maggiori aggi omessi, applicava alla merce destinata alla rivendita la percentuale di ricarico minima prevista dallo ‘studio di settore’
per tale tipologia di attività, ricorrendo così all’accertamento analitico -induttivo ‘.
Preliminarmente deve rilevarsi che i motivi di ricorso sono ammissibili, ancorché dedotti ed illustrati in un unico contesto, poiché, separatamente enunciate in rubrica le censure, le stesse sono poi, del pari, separatamente, e distintamente, trattate nel pedissequo sviluppo argomentativo, senza dunque implicare l’esercizio di alcuna (non consentita) attività di enucleazione da parte di questa S.C.
Fondato è il primo motivo in ordine all’omessa motivazione della sentenza impugnata, con conseguente assorbimento del secondo.
3.1. Una semplice lettura della sentenza impugnata evidenzia come la stessa – di per sé inficiata da strutture linguistiche contraddittorie: ‘ ritiene di dovere riformare -confermare la sentenza di primo grado che ha accolto -rigettato il ricorso della contribuente’ -esibisca una motivazione, bensì graficamente esistente, tuttavia contenutisticamente affatto vuota.
Invero, la CTR si è semplicemente limitata ad una dichiarazione di adesione al ‘decisum’ dei primi giudici, senza minimamente sottoporlo a vaglio critico, men che meno attraverso la lente delle doglianze rassegnate dall’Agenzia in appello. Le formule dalla medesima impiegate – ‘ il primo giudice ha, secondo gli insegnamenti della Suprema Corte, valutato compiutamente e correttamente la documentazione e le argomentazioni dedotte dal ricorrente a supporto dell’illegittimità della pretesa tributaria e le deduzioni contrarie dell’Ufficio ‘ – si palesano del tutto vacue, astratte, adatte ad ogni giudizio, ma non affatto centrate sulle devoluzioni agenziali.
Ciò emerge con tutta evidenza sol che si consideri che, avuto riguardo a queste in rapporto alla motivazione della sentenza di primo grado, dinanzi alla CTR non si discuteva affatto della legittimità o meno della pretesa tributaria al cospetto della ‘documentazione’ e delle ‘argomentazioni dedotte dal ricorrente’ (ossia dalla contribuente), ma, in via preliminarmente dirimente, della necessità o meno del contraddittorio preventivo per essere l’avviso fondato, o meno, sugli studi di settore.
La motivazione della sentenza impugnata non affronta minimamente siffatta questione, non raggiungendo dunque la soglia del cd. minimo costituzionale (Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014).
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 12 marzo 2025.